Roberto Melloni amministratore della Selecta: “Ma quale omologazione, noi puntiamo sulle nicchie di qualità”
Roberto Melloni è amministratore delegato della Selecta, azienda fondata circa trent’anni fa con due soci. Oggi è una Spa che nel 2015 ha fatturato 53 milioni e che registra il 2016 ancora in crescita.
Lo sentiamo al telefono dopo qualche nostro articolo sull’argomento della distribuzione dei prodotti di qualità che a nostro giudizio impigrisce molti cuochi e tante cucine e dopo una replica nostra a un intervento un po’ scostumato di un rivenditore umbro Alesio Piccioni.
“Seguo con molta attenzione il suo blog e le faccio i complimenti per la varietà di temi e gli approfondimenti. Sicuramente è un riferimento nazionale importante per tutti noi operatori del food and wine. Ci tengo a dirle che noi non siamo lontani dalla sua visione e che non abbiamo mai pensato di fare repliche a quello che ha scritto perché ha ragione”.
C’è però il fenomeno di prodotti che spesso e volentieri si trovano ovunque da Nord a Sud e la vostra immagine appare un po’ lontano da questa filosofia.
“Guardi, noi siamo nati trent’anni fa con un allevamento di anatre e oche a Ferrara. Partimmo in questo modo, con lo scopo di tutelare i prodotti di nicchia che non avevano sbocchi e di rendere un servizio soprattutto all’alta ristorazione. Naturalmente ci sono delle problematiche di cui bisogna tenere conto”.
Relative alla piccola produzione?
“Certo. Noi compriamo direttamente dai produttori, non rivendiamo qualcosa prendendola dai grossisti. Ci sono delle condizioni però dalle quali non si può sfuggire se si vuole lavorare seriamente. La prima riguarda l’affidabilità e la costanza del prodotto che dobbiamo poi garantire ai nostri clienti. E le assicuro che questo non è affatto scontato ed è ancora molto difficile da trovare. In secondo luogo servono certificazioni europee e non tutti le hanno. Noi dunque lavoriamo contro l’omologazione, è la nostra missione commerciale altrimenti non avremmo ragione di esistere. Al tempo stesso dobbiamo rispettare dei parametri dettati dalle leggi italiane e dalle normative Ue. Tra queste due esigenze cerchiamo il punto di equilibrio”
Insomma, sono necessarie aziende un po’ più strutturate, seppure piccole?
“Assolutamente. Ma essere strutturate non vuol dire essere multinazionali. Per esempio in Puglia stiamo lavorando ad un bellissimo progetto di mozzarella di bufala e burrate bio. E sempre in Puglia abbiamo una nostra piccola aziendina di pesca a Porto Santo Stefano. Inutile nasconderci dietro il dito, oggi, tranne piccole forniture locali, tanto pescato non è più italiano. Il nostro lavoro consiste allora nel cercare la qualità anche altrove, assicurarsi una continuità di fornitura e dare sicurezza”.
Quanta Italia e quanto Estero c’è nel vostro catalogo?
“Diciamo 50 e 50. Ma anche in questo caso voglio precisare che si tratta sempre e comunque di piccole produzioni di qualità”
Come sta cambiando il vostro lavoro?
“Oggi è fondamentale l’attenzione alla sostenibilità ambientale di quello che si produce e al biologico. Su questi temi stiamo spingendo molto perché è il futuro, prossimo non remoto”.
In Italia le polemiche non mancano, non condizionate troppo il mercato dell’alta ristorazione imponendo certi prodotti e creando dei circuiti nei quali è necessario entrare per essere al centro dell’attenzione mediatica?
“Guardi, la Selecta parla solo attraverso l’amministratore delegato e dunque non posso rispondere se qualcuno fa millantato credito. Ci sono due considerazioni da fare. Favorire qualcuno vorrebbe dire inimicarsi tutti gli altri e non è certo una buona politica commerciale. In secondo luogo noi offriamo il prodotto di qualità, cerchiamo continuamente aziende e piccoli produttori. Quello che poi succede in cucina, se permette, non è responsabilità nostra”.