Tordomatto, Roma – Un viaggio nella storia e nella cultura dell’Urbe
di Lorenzo Allori
Tordomatto di Adriano Baldassarre. Roma la notte pare un museo illuminato ad arte, se poi ci si avventura lungo i vicoli che intersecano le mura dei Musei Vaticani, l’incantesimo si completa e il tempo svanisce nel vago.
In una di queste strette viuzze si colloca il Tordomatto, sogno del capo cuoco Adriano Baldassarre, elegante struttura dal profilo affilato e ferrigno. Una sala che rincorre le grandi tavole francesi e che gioca con le cromie grie e bianche, spezzate qua e là dai tanti quadri colorati che raffiugurano utensili e animali da cortili, emblema di un’idea di cucina che ha le sue radici nelle campagne laziali. La mise en place è asciutta e severa, un grande tavolo coperto da una immacolata tovaglia, con al centro i bicchieri per il pasto: fine, niente ninnoli, niente cerimonie.
Il servizio si ispira per complessità ai locali di Francia, stesso filo conduttore, quello francofono, che si ritroverà nella biblica carta dei vini, contenente centinaia di etichette selezionate con dovizia; che si ritroverà ancora nello splendido carrello dei formaggi, serviti al tavolo prima del fine pasto; e finalmente file rouge, che si paleserà chiaro nella finitura dei piatti proposti da Badassarre, uso dei fondi e dei brodi, la tornitura certosina di ogni elemento vegetale, l’estetica geometrica ed educata di ogni dettaglio portato sopra le splendide ceramiche.
Dopo un breve sguardo alla carta tuttavia si intuisce l’amore per la storia e la georafia romano-laziale del cuoco, che propone un lungo excursus attraverso i secoli e i quartieri romani, nel nuovo menù degustazione Tradizione in Progressione.
Una cucina italiana e romana dunque che vuole andare oltre, liberandosi dei vincoli e delle ricette dogmatiche per creare qualcosa di nuovo attraverso le materie prime nostrane. Ed ecco spiegati le tecniche e l’uso di spezie orientali, i gusti lievi o eccessivi, mai centrati, che durante la degustazione colgono il palato inaspettatamente.
Il percorso inizia con due giochi di benvenuto: la pizza e fichi e le svojature.
Il primo rilegge l’antica merenda romana, trasmutandola in un craquelin farcito da una crema morbida al foie gras, prosciutto di Bassiano e composta di fichi, nel quale le note dolci e rotonde si fondo con quelle più sapide e punenti del prosciutto. Mentre le svojature, ovvero i piccoli assaggi serviti nelle osterie dei Castelli, sono invero miraggi in miniatura; tutto si fa illusione.
Illusione è la ciambellina glassata che cela un’anima di oliva infornata aromatizata all’arancia e peperoncino, immersa dal cameriere in un bagno di olio Evo Felina denocciolato. Dal piccante del primo cicchetto, si passa all’acidità del simil-pomodorino glassato con bucce di pomodoro e farcito di panzanella. Si prosegue con la croccante sapidita della rosa di pane con mozzarella e acciughe; si conclude il giro con un bon-bon di coratella di agnello, che, con la suo sferzante pieno gusto ferroso trasporta ex abrupto tra i sapori e le atmosfere della cucina storica di Roma.
Il viaggio prosegue con una riuscitissima rivisitazione della tiella, qui collegata ai sentori indiani delle spezie tandoori con le quali viene realizzato il finissimo involucro croccante, che ospita all’interno un polpo battuto, morbido e delicatissimo. A completare un estratto di olive, pomodoro, basilico in polvere per aumentare la percezione di freschezza balsamica.
Con la stessa intelligenza Baldassarre si avventura nella rilettura di due colonne della cucina romana più verace, ovvero il coniglio alla cacciatora, cotto a bassa temperatura, servito tiepido sfilacciato sul suo fondo, lasciato volutamente liquido per permettere la scarpetta; provocazione che richiama quelle del suo mito, Gaggan Anand. L’altra pietanza riletta sotto la luce della cucina progressiva del cuoco (come adora definirla) è l’agnello coi carciofi. Un piatto memorabile per fattura, basti osservare la tornitura del carciofo e la millimetrica bruciatura dei suoi contorni, o la sapiente valorizzazione dell’animella dell’agnello, pur toccando pochissimo questo nobile quinto quarto, Baldassarre è riuscito a concentrarne e allungarne il sapore a dismisura.
Anche il primo scherza con l’umile tradizione giudaica del broccolo e arzilla. Un fumetto piccante di razza (eccessivamente salato purtroppo) abbraccia un pastoso tortello di broccolo, cotto perfettamente.
Attraverso uno dei piatti storici di Adriano Baldassarre, ossia la polpetta di coda alla vaccinara con julienne di sedano, si giunge al primo dei due piatti che da soli basterebbero per varcare le soglie del ristorante: Un perfetto cubo di vitella stracotto in un brodo di funghi, servito con un parfait di funghi caramellato, punte di maionese ai porcini e un concentrato di prezzemolo. A ogni boccone i sentori di bosco e di clorofilla delle due emulsioni, vanno a smorzare la sapidità della vitella, solo alla fine arriva il dolce terrigno del parfait ad arrotondare il palato.
Il secondo colpo di scena il cuoco lo sfodera nel dessert, semplice e godurioso, eppure di grande impatto. Lo spunto è quello di omaggiare il quartiere ebraico, da qui nasce l’idea di servire il tipico pane ebraico, la challah, in versione dolce, con aromi leggermente amari, dati dalla caramellatura esterna, e di burro.
Il lievitato viene abbinato a tre tazzine contenenti un soffice gelato alla crema, burro alla vaniglia e marmellata alle arance amare, per spezzare la dolcezza eccessiva. A completare il dessert tre piccoli mignon, sempre omaggio alla cucina kasher: un cannolo di nocciola, una tartelletta al cacao con spuma alla birra e un bottone alla ricotta lassa alle visciole.
Tornare nel proprio hic et nunc dopo tale pasto è sempre difficile, ma forse è proprio questo che una grande cucina deve lasciare: l’emozione di un viaggio su cui meditare a lungo nella propria intimità.
Tordomatto a Roma
Via Pietro Giannone, 24
Tel: 06 6935 2895
https://www.tordomattoroma.com
Orari: martedì 19:30–22:45
mercoledì chiuso
giovedì 19:30–22:45
venerdì 12:45–14:30, 19:30–22:45
sabato 12:45–14:30, 19:30–22:45
domenica 12:45–14:30, 19:30–22:45
Un commento
I commenti sono chiusi.
Evocativo quasi poetico cappello al post di questo ottimo ristorante ma mi permetto una precisazione.Non so a quali strade è abituato ma definire vicoli le strade che dai musei vaticani portano a piazzale degli eroi e da lì alla trionfale non credo sia termine appropriato.La via del ristorante poi è a senso unico ma dignitosamente larga come un po’ tutte quelle del quartiere Prati costruito per le esigenze abitative dei ministeriali piemontesi quando,dopo l’unità d’Italia ,la capitale fu portata definitivamente a Roma.Con simpatia Francesco Mondelli