Taverna del Capitano, mezzo secolo di storia in una sera di festa a Marina del Cantone
Cinquanta invitati per cinquant’anni. Una cena con i clienti di sempre e con gli amici: così la famiglia Caputo ha festeggiato l’anniversario della apertura della Taverna del Capitano a Marina del Cantone. Ca’ Del Bosco, Greco di Tufo 2016 di Benito Ferrara e un monumentale Terra di Lavoro 2006 i vini di una cena semplice preparata da Alfonso per una serata esclusiva e chic in cui tutti si sono stretti attorno alla famiglia. Proprio come è nello stile di questo locale stellato.
Era il 1966 quando Salvatore Caputo decise di sposarsi con Grazia e di aprire il piccolo hotel con una quindicina di camere in riva al mare. Da allora questo ristorante è diventata una meta mondiale, qualcosa di straordinario e tutti, proprio tutti, sono passati da qui, dove finisce la strada e inizia la spiaggia di sassolini calpestata da Ulisse e già sacra ai tempi dei Greci e dei Romani.
Ma in realtà cosa si è festeggiato in questo anniversario? In primo luogo la forza della famiglia, la capacità tutta italiana di fare quadrato attorno al capostipite, soprannominato benevolmente Pappone, che aveva una salumeria, due frantoi e un forno a legna. Salvatore era uno dei suoi otto figli, dotato di una visione lunga, come possono avere quelli che viaggiano a lungo e ovunque. Dunque il valore della famiglia che ha consentito a questo lembo di terra di essere concorrenziale con ben altre organizzazioni mantenendo sempre un’anima, una verità. Ma anche la capacità di Salvatore e Grazia di non accontentarsi: in fondo, in questa terra benedetta da Dio sarebbe bastato realizzare una ristorazione semplice, essenziale, di materia, tradizionale. Invece no, Grazia impara il mestiere da Marchesi, Paracucchi, Vergé e Blanc.
Quindi una festa per chi non si accontenta e guarda avanti per essere competitivo senza limitare a recitare il ruolo oleografico del buon trattore da spiaggia. Già, era l’epoca degli spaghetti alla Nerano, del pesce appena scottato e di tanta buona frutta e verdura coltivate in luoghi benedetti dal Signore. Salvatore vuole una cucina nuova per distinguersi dagli altri e andare avanti, porta l’Ais a Sorrento e la figlia Mariella diventa una delle prime sommelier d’Italia. Poi il salto di qualità con l’ingresso di Alfonso in cucina nel 1993 dopo essere stato a sua volta a bottega da Marchesi e George Blanc. Tecnica e disciplina francese con materie prime del Sud, quanto di meglio si può sperare di avere a tavola.
Anno dopo anno la Taverna diventa un tempio, la famiglia investe nei miglioramenti della struttura, non c’è stagione senza lavori, ammodernamenti, ampliamenti.
Non sono mancati i momenti difficili, due su tutti, quasi coincidenti: la perdita inspiegabile della seconda stella Michelin presa nel 2007 (la prima era stata data nel 1996) e la scomparsa improvvisa di Salvatore nel dicembre 2013. La linea della cucina è sempre stata fedele all’essenzialità e al rispetto della materia prima, prima delle mode e oltre le mode. Moderna perché classica, assoluta, didattica perfino. Nasce la cantina, a forma di gozzo, profonda e ampia sia in Francia che in Italia dove debuttano i grandi nomi della Campania, da Montevetrano a Caggiano, da Clelia Romano a Molettieri.
Ma il vero capolavoro di Salvatore è stato alla fine il suo segreto: tenere unita la famiglia e soprattutto capire la necessità di sostenere il passaggio generazionale. Erano parecchi anni, ormai, che si limitava ad accogliere gli ospiti al piccolo desk in fondo alle scale per poi dileguarsi. L’ultimo spazio che ha ceduto è stata la sua amata cantina dove ancora accompagnava solo le persone per cui aveva simpatia. In una azienda familiare il momento più complesso è proprio il cambio di testimone generazionale ed è difficile per chi ha creato una realtà farsi da parte dando piena fiducia ai figli. Questo è stata l’ennesima mossa centrata da Salvatore.
Alfonso in cucina, Mariella e il marito Claudio Di Mauro perfetti padroni di sala, professionali e confidenziali, discreti e decisi la tempo stesso. Una proposta di materia, centrata sul mare e sull’orto, praticamente la cucina del futuro, quella che si sta affermando nell’alta ristorazione moderna. Basta salse, basta grassi, si a prodotti tracciati.
Adesso nelle stanze e in sala si affaccia la nuova generazione, la quarta, Fabrizio e Federica, figli di Mariella e Claudio, e Matteo, figlio di Alfonso. Non sono ancora inseriti a tempo pieno, ma quando c’è da dare una mano non si tirano certo indietro.
Le generazioni cambiano, ma la lezione del Capitano resta: sacrifici e lavoro, lavoro e sacrifici. Ecco, allora, a cosa è servito festeggiare i primi 50 anni della Taverna, una storia italiana, una storia del Sud che funziona e primeggia.
Un commento
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In Sicilia si dice che l’Etna sia un’altra isola.Noi campani dobbiamo convincerci che la divina costiera dei due golfi ha un’altra magia fatta di storia arte e gastronomia.Con il Don Alfonso a S.Agata a fare da spartiacque e faro al territorio con la più alta concentrazione di luoghi di eccellenza nella ristorazione.Ognuno con la sua unicità come per il Capitano il pescato in cucina e l’originale cantina nonché la familiarità e con il mare la contiguità che dal tavolo quasi ” se pote tuccà”.E concludento “nati ciento re chisti jurni nu semplice cliente ve vole augurà pe continuà a da tanta felicità a chi ve vene a truvà.FM.