Per Se a New York, quando la cucina non è adeguata alla sala
Time Warner Center, 10 Columbus Cir
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A queste critiche Keller rispose garbatamente, ringraziando addirittura perché utili a migliorare. Purtroppo la nostra unica impressione forte è stata mangiare a Sud di Central Park, dove le case costano non meno di venti milioni di dollari. Per il resto abbiamo ribadito un concetto base che scriviamo spesso: se pensi ai soldi il ristorante è caro, se pensi a quello che hai mangiato è buono. Una massima che va dalla pizzeria al Tre Stelle. Certo per 500 dollari a testa ci si aspetta qualcosa davvero speciale.
Intendiamoci, Per Se non è caro in assoluto, i menu dello chef costano 315 dollari e sono allineati ai prezzi dei Tre Stelle parigini. Anche la carta dei vini, ricca e ampia oltre che profonda, non ha ricarichi poi tanto diversi. Il fatto è che questo locale con moquette da albergo sovietico anni ’80, ricavato in un Mall di lusso di fronte alla statua di Cristoforo Colombo ha un menu simile a un tapis roulant fuori dal quale ogni deviazione fa lievitare il conto oltre ogni limite.
Ma non è solo questo, ovviamente. Ormai tanti ristoranti hanno i loro percorsi obbligati con deviazioni per vegetariani e allergici. Il fatto è che qui siamo di fronte ad una scuola di ispirazione francese senza lo spirito gaudente francese, con materie costose assemblate fra loro con tanta tecnica e poca anima. Un menu algido in cui le nove portate si susseguono l’una dietro l’altra senza un acuto, sino al tripudio finale di dolci che serve soprattutto a far dimenticare l’austerità presbiteriana di tutto il resto oltre che “due pacchi”: perché considerare pane e burro e la scodella di formaggio fuso due portate richiede uno sforzo enorme di fantasia.
Non solo, ma anche la concezione della cucina è assolutamente d’antan, con grassi animali distribuiti senza pietà in ogni piatto e mai controbilanciati da note agrumate, freschezza, anche fumè. Nulla. Alla fine resta memoria di una digestione lunga e difficile che dura tutta la notte anche per tipi come noi il cui stomaco trita le pietre senza molte difficoltà.
Non voglio parlare di Ledoyen o Eleven Madison perché sarebbe come sparare sulla croce rossa. Ma non c’è paragone con nessuno degli otto tristellati italiani e neanche con il lusso, sfarzoso esibito e godibile di Le Cinq pure stroncato dalla critica anglosassone: qui è tutto bello, accogliente, pomposo, elegante, soprattutto gioioso.
A parte i sei sali, come non bastassero i grassi animali nella lussuosa occlusione serale delle arterie, non c’è divertimento, non c’è gioco sulla tavola desolatamente bianca e pulita come un banco di marmo da pizzeria. Non resta che godersi le splendide rose.
L’unico acuto gastronomico è l’insalata. Segno che se Keller rivede l’impostazione generale nella quale ingabbia il cliente, ha tutte le qualità per essere nuovamente avanguardia.
Da bistrot i piatti di tonno e carne.
Su una cosa non condividiamo le critiche del New York Times: la sala gira alla perfezione, con giovani appassionati e attenti al dettaglio. Tranne … che ti portano il conto appena hai provato l’ultimo dolce senza che sia stato richiesto. Della serie: ultima fermata, scendete.
Quasi immangiabile il pre dessert di formaggio a cui si aggiunge, finalmente, un po’ di olio d’0liva! Ma almeno sappiamo che Keller ne conosce l’esistenza. Anche se grasso su grasso…
CONCLUSIONE
Da provare solo se ci si occupa di food. E per imparare con esattezza da cosa si sta allontanando tutta la moderna gastronomia mondiale d’autore.
Ristorante Per se New York