Pascucci al Porticciolo. Il fuoriclasse del pesce
Pascucci al Porticciolo
Viale Traiano 85 – 00054 Fiumicino (RM)
06 65029204
Mare
Via della Torre Clementina 126 – 00054 Fiumicino (RM)
334 7978290
di Giulia Gavagnin
Ci sono chef bravi, chef molto bravi e ci sono i fuoriclasse. Questi ultimi non sono molti, come in tutti gli ambiti. Tra questi, sono ancora meno i fuoriclasse della cucina di pesce, forse quattro o cinque in Italia.
Tra questi vi è Gianfranco Pascucci.
Nato e vissuto a Fiumicino, ha sempre respirato l’aria del mare e cavalcato le sue onde, da grande appassionato di surf. Fin da ragazzo ha mostrato inclinazione per la tavola. Quella che doma le onde e quella dell’accoglienza e della convivialità. Un destino segnato.
Essere grandi cuochi di mare è questione di DNA, di un “ambiente” peculiare che lentamente entra nella pelle e nell’anima, di una vocazione coltivata con pazienza e passione.
Amore per l’acqua, la salsedine, le onde che si infrangono sulla battigia, amore per l’intero ecosistema-mare, che comprende anche dune, lagune, oasi naturali, gabbiani in lotta, pescherecci che arrivano prima dell’alba.
Così, lentamente, Gianfranco Pascucci, insieme alla moglie Vanessa Melis ha costruito un tempio della cucina ittica. Semplice, come deve essere un luogo di mare: pareti e tovaglie bianche, quasi abbacinanti, alle pareti i quadri sognanti di Gabriele Leonardi, con tinte che virano sul blu intenso, come le suppellettili dei tavoli. Accogliente, grazie alla vocazione di Vanessa, che ha sposato oltre che Gianfranco anche il suo progetto, in questo aiutata dai suoi studi letterari che ne hanno reso limpido l’eloquio.
Di sapori inediti, intensi, che sfruttano l’ecosistema-mare nella sua interezza.
Pascucci appartiene alla generazione di mezzo degli chef, quella cresciuta alla scuola dei ristoranti classici che ne ha cambiati gli stilemi, guardando alla propria contemporaneità.
Per quel che è, per quello che fa, è nell’età migliore, perché ha chiaro il rigore del passato, come altrettanto quella del presente.
Per quanto concerne il futuro si sta attrezzando, perché i suoi progetti mostrano il suo continuo movimento.
Ha fondato Periferia Iodata, un consesso di ristoratori e panificatori di Fiumicino che hanno come scopo la promozione del territorio sotto il profilo identitario. Con lui ci sono Lele Usai del Tino, Marco Clarioni dell’Osteria dell’Orologio, i ragazzi di Materia, il panificatore Luca Pezzetta e altri meritevoli, tutti artefici di una vera e propria “nascita” di Fiumicino come meta gourmet.
Nella via principale della città, lungo il canale, orde di romani e non solo il fine settimana prendono d’assalto i numerosi ristoranti e i chioschi di street-food.
Ebbene, proprio in questa strada, Pascucci da appena un mese ha aperto il suo bistrot: tavoli spartani, una grande griglia da lui ideata e ovviamente pesce, solo pesce. “Anche” a vocazione street: il “panino da spiaggia” con l’hamburger di tonno e i pomodori confit è una bomba, provare per credere. Poi ci sono pesci meravigliosi,come la palamita, e le mazzancolle autoctone al profumo di rosmarino e salsa yaki, perché anche nella bistronomie nulla che porta il nome di Pascucci è mai banale.
Oggi la cucina ittica va assai di moda, e proprio avendo la fortuna di conoscere gente come Pascucci, capiamo che come lui ce ne sono davvero pochi.
Tempo fa uno chef stellato di cui non intendo fare il nome mi disse che se dovesse riaprire il suo ristorante da zero, ne farebbe un locale di super-lusso, con una grande carta di champagne, plateau royal di pesce crudo come se piovessero e pochi altri piatti. Poca spesa con tanta resa, perché a preparare molluschi e crostacei da servire crudi non servono cuochi, per procacciare grandi champagne non serve un bravo sommelier ma piuttosto un buon distributore.
Ecco, l’esperienza al Porticciolo è una cosa totalmente diversa.
I suoi sapori provengono dall’immersione totale con il territorio.
Dall’oasi di Macchiagrande del WWF dove raccoglie erbe aromatiche, alghe,
piante, tra cui alloro, lentisco, mirto. “Sentite che differenza tra il mirto di Sardegna e questo”, ci dice. E ancora: “questo alloro è salmastro, immaginate che resa nel piatto”. Annuiamo, ci fidiamo, non possiamo aver sviluppato la sua sensibilità. Sicuramente, a tavola capiamo la differenza che c’è tra lui e il 99% dei competitor.
Il menu “contemporaneo” di Pascucci si chiama, ormai da un po’ di tempo, “Com’è Profondo il Mare”: cita uno dei più grandi brani di Lucio Dalla che menzionava automobilisti, linotipisti e cattivi pensieri per evocare il mistero del mare.
Mistero che si perpetua nello sviluppo del percorso, che cambia sempre un poco, dove ogni piatto oggi è così e domani potrebbe essere leggermente differente, secondo mercato, certo, ma anche per piccole variazioni sismiche nell’ispirazione.
Così, quella stella marina abbarbicata allo scoglio con salsa tonnata è l’apertura ormai costante, ma un’ostrica con acetosella e cioccolato bianco (soprattutto) chi se l’aspetterebbe? Eppur si muove, funziona alla grande.
Poi, gamberi rossi, yogurt salato, kiwi e piselli e Ceviche di ricciola, caviale e sedano, mantengono tutte le promesse. Un sapientissimo saliscendi tra salmastro e dolce, che è ormai un trademark di Pascucci, insieme alla perfezione nelle consistenze.
Lo spaghetto al pomodoro di mare, maggiorana e ombrina (o gallinella) è di apparente semplicità: si muove le tra note iodate delle verdure dell’orto di Isola Sacra e le alghe e il collagene con la loro grassezza.
La triglia panata in modo sublime con terrina di foie gras e frutti rossi è il genere di piatto che soddisfa anche il gourmet più intrasigente.
Anche il dessert è sempre centrato, nell’interpretazione della meringa che varia secondo stagione.
Gianfranco Pascucci non arretra di un millimetro nella capacità di piacere, e molto, a gente come noi.
Un grandissimo della nostra ristorazione, che sa soddisfare il pubblico anche nel nuovo bistro. Non avevamo dubbi.
Scheda del 3 dicembre 2023
Siamo tornati a Fiumicino in una giornata di vento che avvolgeva di iodio l’area del porto canale. Da Gianfranco Pascucci abbiamo rinnovato il rito di un pranzo fantastico, forse un po’ più ecumenico del precedente, ma assolutamente efficace e buonissimo. Non abbiamo altra da aggiungere al report di tre anni fa se non affermare che questa è una delle prime cucine di mare in Italia per la capacità di andare oltre la freschezza della materia prima. In una cornice di sala perfetta e motivata, una bella lista di vini non scontata.
Scheda del 1 dicembre 2020
Gianfranco Pascucci è ad alto, altissimo livello; per me è l’alter ego di Uliassi sul versante tirrenico. Qualcosa di cui si sentiva assolutamente il bisogno considerando che il mare, non la carne, è la formula 1 degli alimenti.
Verrete qui in primo luogo per fare un salto di qualità, perchè il tema non è solo la materia prima di grande pregio, cosa che per fortuna è patrimonio di moltissimi ristoranti italiani lungo la costa. No, il tema è superare il famoso luogo comune sul pesce “meno lo tocchi meglio è” perchè questo vale solo se non lo sai toccare. Puoi mangiare un grappolo di uva perfetta, spremerlo e ottenere il vino, ma con una materia prima di alto profilo si deve avere l’ambizione non di fare un buon vino, ma un grandissimo vino.
Fatto questo primo passaggio logico, ora tocca fare il secondo, ed è tema uliassiano, appunto. Per fare grandi piatti con la materia prima eccezionale non bisogna fare altro che entrare dentro questa materia, incorniciarla bene nella gista sapienza di odori, erbe, magari anche suggestioni orientali se necessario, estrarne il sapore assoluto, acchiapparne l’anima e far si che tutto quello che si aggiunge abbia una funzione di esaltatore di sapore, non coprente, sia pur buono, come spesso avviene nell’alta cucina francese.
Questo significa in qualche modo tornare alle origini, ossia quando non si doveva buttare nulla di ciò che è edibile: a cominciare dalle interiora che, come ogni gourmet sa bene, è la cassaforte del gusto dell’animale, di terra come di mare, e che sono quasi scomparse tanto che le giovani generazioni si rifiutano di mangiarle.
Infine è necessario avere ambizione, tanta ambizione. Che, come le ambizioni realizzate, hanno il volto di chi ascolta, impara, segna, memorizza senza avere la pretesa di insegnare nulla. Gianfranco Pascucci conferma quella strana legge umana per cui i nipoti somigliano più ai nonni che ai padri nelle loro inclinazioni. Ormai vent’anni fa iniziò la sua avventura con la moglie Vanessa Melis ed è stato un susseguirsi di colpi di scena. Il primo è che capisce di aver rilevato lo stesso locale che aveva il nonno con il quale preparava da mangiare per gli operai dei cantieri e i pescatori di Fiumicino. Nel 2012 si siede al suo ristorante Fausto Arrighi ed arriva la stella nel giorno in cui lui non c’era. Ma la voglia di fare qualcosa di diverso è tanta, eccolo allora andare verso la ristrutturazione del 2018, la creazione di una piccola sala, l’approfondimento sulla materia e l’uscita di nuovi piatti. Nasce così il moderno ristorante Pascucci al Porticciolo a Fiumicino.
“Mi sentivo prigioniero anche se non potevo certo lamentarmi, avevamo la fila fuori. Ma alla fine con Vanessa ci siamo detti è questo che vogliamo? Probabilmente no”. Gianfranco Pascucci entra allora in un miglior equilibrio con il territorio (vedo anche la collaborazione con la vicina Oasi del WWF) e con i pescatori. Cerca tutto il pescato, anche pesci che non sono mai di solito considerati nell’alta ristorazione e che pure, come sappiamo, sono buonissimi. Inserisce elementi orientali ma senza correre rischi caricaturali.
Oggi è un riferimento assoluto ed ha secondo me trovato quel giusto punto di equilibrio nel quale ogni piatto diventa comprensibile per tutti, dal gourmet raffinato alla persona normale.
Cosa di mangia da Pascucci al Porticciolo
Il motivo è che, paradossalmente, non si cerca equilibrio a tutti i costi, l’asticella è sempre spostata in direzione della concentrazione e della pulizia dei sapori. E i risultati sono davvero straordinari, ad ogni portata sembra di addentare il mare, sin da subito, con il gioco della spugna e il piatto su cui, appunto c’è scritto mare.
Tre i menu: degustazione, come è profondo il mare (a 110 euro: Ostrica speziata, I due viaggiatori e un gambero fuori di testa, Calamaro arrosto, radici fermentate ed erbe, Fusillo al nero in un mare di plastica, Scampi in vapore d’erbe, Cocomero, polvere di rapa rossa e sorbetto al Campari Granita di caffè con panna) e il menu degustazione classico a 90 euro.
Il Menu di Pascucci al Porticciolo è anche alla carta
Report del 2017
Report de 2014
Ristorante Pascucci al Porticciolo a Fiumicino
Un commento
I commenti sono chiusi.
Senza nessuna pretesa di fare classifica e,mio malgrado,senza nessuna possibilità di fare questa volta il campano campanilista devo ammettere che la recensione mi trova pienamente d’accordo e se personalmente fino a qualche tempo fa avrei avuto il dubbio della scelta tra questi ed il geniaccio di Vico Equense (sicuramente ancora oggi molto mediatico)ora sarebbe decisamente a favore di Pascucci .Ad maiora da FRANCESCO