Pietro D’Agostino, la Capinera a Taormina e l’alchimia dei sapori
di Monica Caradonna
C’è una strada, una tangenziale trafficata dove il tempo non ha tempo. C’è una ferrovia, un binario unico dove scorrono veloci i vagoni di un regionale. C’è il mare e lì in Sicilia, come scriveva Pirandello, “l’uomo nasce isola nell’isola” e non è facile capire e spiegare quell’energia interiore se si è nati altrove. L’isola induce alla nostalgia, al dolore nel nostos, del ricordo; lega per sempre i destini e detta i tempi del ritorno. Come ha fatto con Pietro D’Agostino, che nella sua isola è tornato.
Tutto qui intorno invita al viaggio, tutto sembra correre a doppia velocità, ma basta attraversare l’ingresso de La Capinera per essere trasportati in una dimensione di serenità. «C’è il rumore del mare, lo senti?», dice, ed è proprio quel mare, così potente e prepotentemente invadente nella sua vita, che diventa il protagonista indiscusso di questa storia fatta di alchimie.
«Posso trasmettervi tutti gli ingredienti e anche le procedure, ma l’amore e la passione per la cucina, quelli, non posso proprio trasmetterveli». E quella passione, mentre trasforma le materie prime della sua Sicilia in piatti che affascinano i suoi allievi brasiliani, Pietro d’Agostino la dispensa e la calibra, la dosa ma non riesce a trattenerla.
È evidente nella luce dei suoi occhi e nelle parole scandite in inglese e in spagnolo misti a quel catanese che sembra musica. E intanto nel Cooking lab tutto siciliano ciascuno si innamora di qualcosa. Non si sottrae alle foto Pietro, ma ribadisce più d’una volta il suo mantra ai fornelli e nella vita, il rispetto per la natura, il bisogno di una cucina che segua la stagionalità, la spinta maniacale verso la qualità.
E chiude il cerchio della sua religione gastroagricola quando racconta che al mattino sua madre gli ha regalato un mazzo di fiori, bellissimi fiori di zucca, raccolti nell’orto rigorosamente a gestione familiare.
Come a gestione familiare è La Capinera, la svolta a marchio identitario di Pietro che ne è l’anima creativa e delle sue sorelle Cinzia, regina della sala, che si aggira sicura ed elegante, e Giorgia, che ha preso un anno sabbatico, ma che è sempre al fianco dei fratelli. Quel ristorante aperto nel giorno dell’Immacolata concezione – quasi un tributo a sua madre che da buona siciliana si chiama proprio Concettina – ma senza ancora un’insegna perché il nome era stato il frutto di una serie di coincidenze: la sorella che leggeva “Storia di una Capinera”, la settimana verghiana celebrata a dicembre nella vicina Catania, quel voler puntare, nonostante tutto, su un nome che richiamasse alla mente l’amore mancato tra Maria e Nino, personaggi cari a Verga, protagonisti di una storia dolorosa che poi, invece, nelle mani di Pietro diventa amore assoluto. E quella capinera che si infila nel ristorante due giorni dopo l’apertura, quasi a dare il benvenuto a quell’uomo tornato nella sua casa.
Ma è nel Cooking lab, uno spazio di cucina, cultura e design, dove la tradizione della maiolica sposa citazioni che riportano all’amore universale, che è concentrata l’identità di Pietro, la sua svolta eticamente sostenibile, la sua sfida per il futuro.
Lezioni di sana alimentazione per bambini e per adulti. Insegnare ai bambini a riconoscere le materie prime, i profumi, mettendo in moto tutti i sensi e attraverso blind test dai quali viene fuori la tendenza delle famiglie a delegare alle merendine non artigianali l’alimentazione dei propri figli visto che, se bendati, stentano a distinguere una mela da una pera. Tornare alla terra, con un rispetto genuino per plasmare la cultura alimentare del domani è per Pietro quasi un obbligo di riconoscenza verso la sua Sicilia e i figli della Trinacria. E da qui nasce la sua attitudine a ricercare prodotti andando a conoscere i produttori, guardando negli occhi i pescatori. «Ad alcuni ho insegnato a usare whatsapp – racconta – in modo da vedere in tempo reale il pescato fresco».
La Capinera è il suo scrigno dove i colori della Sicilia diventano macchie di una tavolozza che prende anima nei suoi piatti. È la sua casa, la sua storia, è il frutto di una storia millenaria fatta di dominazioni che hanno arricchito la cultura dell’isola ma anche la sua proposta in tavola, rendendo spezie e colori parte integrante del suo palato identitario che lo ha portato ad accumulare timbri sul passaporto sin dai 18 anni, dopo aver conseguito il diploma all’alberghiero di Giarre. Inghilterra, Francia, Svizzera. Le cotture. L’essenza. «Vivendo il mondo capisci soprattutto cosa non vuoi essere e plasmi la tua identità». E ancora cotture per esaltare le materie prime nel rispetto della natura di ciascun prodotto. E le tradizioni. Sarà quel marchio a fuoco di nonna Vincenzina, la cui tavola era sempre imbandita da colazione a cena, o quel vivere e crescere in una famiglia di donne in una continua ricerca del bello e buono, nel rispetto della salute. E un senso del rispetto ancora più cosmico, quel legame viscerale uomo-natura che il fotografo tedesco Hans Silvester ha racchiuso nei suoi scatti delle tribù dell’Etiopia dove gli uomini sanciscono il rapporto con la madre terra disegnandosela addosso, sul corpo. Lui Pietro, che da Alain Ducasse ha mutuato il rispetto maniacale per la materia prima, prova la stessa devozione per tutto ciò che è dono della natura che non può essere violentata, tantomeno in cucina. «Non bisogna abusare dell’ingrediente» ripete e torna sulle cotture come elemento di valorizzazione, rispetto, delicata reverenza per un’amplificazione dei sapori per preservare gusto e valori nutrizionali.
E in quella terrazza affacciata sulla Baia delle Sirene, districarsi tra i due menù degustazione proposti (Profumo di mare, 6 portate al costo di 75 € e Terra di Sapori, 9 portate al costo di 90 €- ndr), è come decidere di affrontare un viaggio in cui spesso alcuni ingredienti si ripetono, ma come fai a mangiare Sicilia senza incontrare e familiarizzare con la cipolla di Giarratani o lo zafferano di Enna o il sale di Mozia, o le mandorle di Avola e i capperi di Salina? Tutto a km possibilmente zero, E poi il pesce, rigorosamente il pescato del giorno.
Il benvenuto è nella carta vini con 1200 etichette con una campanilistica e compiaciuta attenzione per i produttori siciliani.
Pani e olio per lasciare il passo a un benvenuto dello chef con una freschissima crema di lenticchie che è solo il viatico per iniziare a scandire il ritmo del tempo che passa a suon di ingredienti e consistenze.
Il crudo, poi, è l’espressione di quel mare a lui tanto caro.
Indimenticabile il riso con caviale di Lumaca Madonita e tartare di rosso di Mazara con la solita logica campanilistica, quel patto d’amore che detta il ritmo della sua cucina.
Riesce a dare grande dignità ed eleganza all’umile Baccalà, che viene cotto per osmosi, ma è l’esercizio sulle basse temperature piuttosto che l’affumicatura al caffè che danno spessore a un pesce semplice come la ricciola che nella versione di Pietro è accompagnata da seppioline con farina di cous cous, melanzane, punte di asparagi, una vellutata di finocchi e salsa di peperoncino dolce. E la Sicilia è tutta in un piatto.
Ricciola che diventa viatico verso le più antiche tradizioni quando viene servita cotta su una pietra e accompagnata dalle verdure arrosto. E a Pietro piace fare da Caronte al tavolo dei suoi commensali per accompagnarli nelle pieghe delle storie che arrivano dal passato e recuperare quelle antiche radici povere di una Sicilia orgogliosa e cocciuta.
La chiusura è affidata a una selezione di dolci che raccontano la raffinatezza di Pietro, animo delicato e gentile, creativo e fantasioso che parla con gli occhi prima ancora che con i gesti o con le parole.
Sarà il sole? Sarà il mare? Sarà che davvero l’isola ha una potenza evocativa che amplifica le emozioni?
Il mare è così presente nei piatti di Pietro. Il mare è stata quasi una discriminante essenziale e sostanziale nella scelta della casa de La capinera. Quello stesso mare che è sottofondo e musica. «Ascoltalo – mi dice – è bello». E come dargli torto quando ti ritrovi affacciato con lo sguardo che si perde nelle pieghe delle onde della Baia delle Sirene. Ed è vero, così,è davvero bello.
Ristorante La Capinera
Via Nazionale, 177
98039 Taormina-mare loc. Spisone (Me)
tel. +39 0942 626247
Cell.+39 338 1588013