Ristorante del Cambio a Torino, Matteo Baronetto un vero fuoriclasse
di Albert Sapere
Sono stato un frequentatore abbastanza assiduo del ristorante Cracco, perché a mio avviso è uno dei cuochi che ha contribuito ad arrivare a quella che oggi è la cucina d’autore italiana, quindi negli anni è diventato uno degli indirizzi che bisognava frequentare per vedere cosa di nuovo bolliva in pentola, le acidità e i toni amari tanto utilizzati nel ristorante milanese, sono poi diventati il leitmotiv dell’attuale ristorazione italiana d’autore.
Matteo da diversi anni firmava il menù del ristorante di via Victor Hugo, per questo motivo conosco la sua cucina abbastanza bene, poi lo scorso anno giustamente ha deciso che era il momento di avere un palcoscenico che fosse dedicato completamente a lui. L’approdo come executive a uno dei ristoranti storici d’Italia, Del Cambio di Torino. Dal 1757 in questo ristorante sono passati da Mozart a Cavour, da Paolina Borghese, sorella di Napoleone Bonaparte, da Eleonora Duse a tempi più recenti con Maria Callas, solo per citarne alcuni.
Allora era normale arrivare nel ristorante di piazza Carignano con aspettative molto alte, anche perché non sempre è detto che un grande “primo violino” possa diventare anche un grande “direttore d’orchestra”.
Tanta curiosità quindi, per un risultato finale che va oltre le più rosee previsioni, non solo Matteo si è rivelato in grado di essere un “direttore d’orchestra” molto bravo e capace, ma dopo poco più di un anno si inserisce di diritto nel gota della ristorazione italiana d’autore.
Come scritto nel titolo siamo alla presenza di un vero fuoriclasse, un ragazzo umile, garbato con l’esperienza necessaria e le spalle larghe per affrontare un progetto impegnativo come questo.
La sala è meravigliosa, tra i ristoranti più belli che io abbia mai visto. La parte “vecchia”, si fa per dire, da sola vale il viaggio e il connubio tra passato e contemporaneo è completato dalle istallazioni di Michelangelo Pistoletto.
Nei piatti di Matteo non c’è niente fuori posto, modernità con acidità e toni amari, rimandi alla tradizione piemontese, eleganza, qualche provocazione, senza la voglia di stupire, centrato sempre nei gusti e negli abbinamenti. Il lavoro del cuoco è proprio questo trovare l’equilibrio, anche dove appare impossibile.
Apriamo il pranzo con un benvenuto fulminante, fresco ed intenso: asparagi verdi, fragoline, mais e cocco essiccati. Continuiamo con crema bruciata alla vaniglia con garusoli, diventato una firma di Matteo anche da Cracco.
Antipasto con acciughe al verde, persistenti e golose allo stesso tempo. Suadente e quasi vellutato il musetto di maiale accompagnato da olive e limone che ne esaltano la dolcezza ed il senso di opulenza, un gioco di contrasti e di equilibri molto sottile, particolarmente riuscito.
I Ravioli di patate, prezzemolo, canestrelli e alici, molto delicati, le tinte non sono forti, non c’è un contrasto bianco/nero ma piuttosto tante sfumature di grigio che lo rendono particolarmente interessante e goloso.
Il piatto del viaggio è stato un meraviglioso riso al sugo di carne, midollo e vino, in pratica come proiettare la tradizione piemontese nel futuro. Sapidità quasi minerale, una “struttura” importante, lungo e profondo nelle sensazioni palatali, troppo facile per me chiedere un bis.
Estremamente elegante la sogliola alla mugnaia con bietola e liquirizia, e la finanziera tra le più buone mai provate, dove i piselli croccanti e dolcissimi giocano un ruolo determinante.
La chiusura dolce, al livello di quella salata e tanto mi è bastato per mettere il Cambio e la cucina di Matteo tra le mie preferite in assoluto.
Se proprio un difetto lo vogliamo trovare è nel servizio di sala. Un servizio un pochino ingessato, forse troppo vecchio, non sicuramente ai livelli della cucina.
In questo momento ci sembra un progetto, che dopo un altro piccolo rodaggio è senza nessun limite.
Ristorante del Cambio
piazza Carignano 2, Torino
Tel. 011.546690
4 Commenti
I commenti sono chiusi.
Interessante il “light motive”…..
Ecco, direi sorprendente… Il “light motive”… Forse sta ad indicare che la cucina di Baronetto è povera di calorie e digeribile senza affanno…
:-)))
La mia esperienza non è stata invece esaltante. La sala di Cavour è molto bella. Il tavolo in tre è risultato un po’ poco spazioso . Servizio non all’altezza, ingessato e poco frizzante. Non era presente un menù degustazione. La cucina sempre con presentazioni visive valide è pero carente negli accostamenti. I vari ingredienti insieme non si amalgamano e la sensazione non è mai di grandi piatti. Prezzi elevati e carta dei vini dai ricarichi folli. Nel complesso forse si è all’inizio di un percorso di sperimentazione ma c’è ancora molta strada da fare. Umiltà , e ancora tanta umiltà se si vuole diventare grandi.