Ricetta cult | Il sartù di riso di Antonella Rossi di Napoli Mia
Una delle mie passiono sono i sartù e i timballi. Per chi è nato nel segno dei Gemelli la curiosità è la vera molla di ogni pulsione e sin da bambino mi hanno attratto cose che contenessero altre cose. Il meccanismo dell’uovo di Pasqua, insomma. Domenica ne ho mangiato uno molto buono, quello di Antonella Rossi di Napoli Mia e le ho chiesto la ricetta che vi regalo:-)
Ingredienti per 4 persone
350 gr di riso Arborio
1/2kg di funghi
200 gr di piselli
300 di provola affumicata
300 di carne macinata
a parte preparare del buon ragù e servirlo con il sartù e una foglia di basilico fritto
Qui la ricetta del ragù napoletano
Il mio sartù è fatto in modo tradizionale uso riso arborio e lo cuocio come un risotto con un fondo di olio e burro un trito fine di cipollina.
Lo bagno con un brodo vegetale fatto con carota sedano cipolla ed una foglia di alloro
Lo faccio raffreddare
Poi lo farcisco con funghi trifolati pisellini al burro e polpettine di carne alla napoletana con carne mista di maiale e manzo e cubetti di provola
Imburro gli stampini e li rivesto con pane grattugiato cuocio in forno a 170 gradi per 20 minuti.
24 Commenti
I commenti sono chiusi.
Sarà pure buono ma non è il sartù di riso Napoletano.
Il riso si cuoce nel ragù “allungato” col brodo, mancano i fegatini, le salsicce, le uova, ecc…
Saluti
Sono in sintonia con Dario : senza nulla togliere alla bontà del piatto, la tradizione vuole che il riso sia cotto nel ragù, prevede anche la presenza di fegatini di pollo, uuova sode salsiccia,
Anticamente nelle tavole nobili non si poteva servir il pomodoro o ragù se non accompagnato ad un piatto …il sartù o sortù nasce bianco e da tradizione resta bianco …iil Corrado lo chiama sortù si cucinava il riso in brodo poi veniva mantecato con formaggio e rossi di uova e poi farcito con animelle fegatini salsicce carne trita fiordilatte funghi piselli ied era rigorosamente in bianco no cotto nel ragù allungato
Sono d’accordo con Dario;questo sarà anche un buon timballino di riso,ma per favore non scomodiamo il vero sartu’.massima espressione di quella che fu la cucina dei monsu’ e monumento della nostra gastronomia.
il vero sortù così veniva chiamato dal corrado si cuoceva in brodo allungato e no nel ragù allungato nasce bianco non rosso il mio è un sartù alleggerito
Senza scomodare sempre Jeanne Carola Francesconi ne “La cucina napoletana”…signora mia ma questo non è sartù. M’a faja dicere na parola?…
Chesta è carne c’a pummarola!!!
guardi conosco molto bene Jeanne Carola Francesconi visto che ho VINTO il premio a lei intitolato dell’accademia della cucina italiana ;) e anche quello di Nello Oliviero…le voglio solo ripetere che il mio non è il sartù tradizionale che conosco molto bene ma è il mio sarùt rivisitato ;)
A me piace molto questo sartù alleggerito, molto bella anche la presentazione. Complimenti alla Chef
Anche a me piace molto il sartù alleggerito di Antonella. Trovo sia molto meglio usare la tecnica del risotto piuttosto che far bollire il riso nel ragù allungato. E’ uno di quei casi in cui la tecnica aiuta la tradizioneperché purtroppo a Napoli si mangia il riso come i russi mangiano la pasta: scotto e a pappetta. Mentr enon c’è nulla di più buono del chicco integro che regala consistenza
…infatti…però allora meglio pilaf!
Sig. Scaffa si rende conto di ciò che scrive?
No, non se ne rende conto: gli piace il riso scotto e basta solo perché è tradizionale. Notevole apertura mentale
Probabilmente no…ma forse Lei non ha mai assemblato dei piatti partendo da riso pilaf! Provi e mi faccia sapere
PS.:..visto che come si dice “non abbiamo mai mangiato nello stesso piatto” invito poi il Sig. Pignataro di essere un pò più cortese e meno ironico!
E meno male che non abbiamo mai mangiato nello stesso piatto. Il riso scotto non mi piace. Sig Scaffa, lei produce colla per manifesti?:-)
Sarà…comunque riso pilaf non è assolutamente sinonimo di riso scotto! Per finire tutti amici come prima….
concordo con luciano pignataro circa l’utilizzo della tecnica del risotto anche se non è “nella tradizione”, piuttosto ritengo che vada distinto il sartù in “bianco” da quello con il “ragù” o con “salsa di pomodoro”.
Nel primo caso (che è il vero sartù preparato secoli fa quando il pomodoro ancora non si conosceva) è necessario utilizzare i fegatini di pollo ed i funghi oltre ai piselli, ecc, Nel secondo caso i fegatini e funghi non “ci azzeccano”, meglio l’utilizzo di parte della carne sminuzzata del ragù per il ripieno.
Fondamentale lo stampo alto come ad esempio una cupola che può comprarsi in un negozio specializzato.
Il sartù di Antonella è buonissimo. Lasciatelo dire a chi lo ha assaggiato. Ed essendo più leggero non si ammappazza sullo stomaco.
Grazie per la ricetta.Da campano “in esilio a Roma “ho sempre cercato di fare il re dei piatti della cucina napoletana ,ma sempre con risultati deludenti per via del riso che alla fine risultava sempre scotto nonostante usassi il meglio che offre il mercato.Da provare quindi la sua ricetta rivisitata ed alleggerita.
Mi pare siano a confronto due scuole di pensiero e questo è bene, mi pare anche che si parli di gusti personali e quindi nessuno possiede il diritto di ultima parola. Ciò detto però vorrei far notare che il riso al dente non esiste “forse” nemmeno in cina, dove i chicchi restano si separati ma per il diverso contenuto di amido, e poi la nostra(italiana) e’ una tradizione completamente diversa, un risotto alla milanese con il riso al dente non sa di nulla, e sinceramente anche una verza e riso, con il chicco al dente non la consiglio, sarebbe solo brodo e verza, così come non consiglio pasta e fagioli con i fagioli al dente. In ultimo la tradizione della cottura al dente e’ riconducibile solo alla pasta. Per il resto de gustibus non disputandum est, e che lo dico a fare.
Aspita..disputa teosofica.Io umilmente vorrei dire che al dente è riferito agli amidi,quelli in sostanza diventati piatti nazionali:pasta e riso.E qui mi viene anche da dire che la tradizione risifera napoletana ha un passato disonorevole,insomma anche io mi ricordo perfettamente i “virzi e risi” di mammà,rigorosamente con “cutenella” e scorza di caso,ma quei risi erano orridi,anonimi e senza’anima.Fare un riso oggi,alla maniera “risottata”anche con una verza,e più ancora alla milanese,offre una cottura splendia;essendo che oggi abbiamo a disposizione signori risi(arborio,vialone) che con diversi metodi rilasciano amidi cremosi in cottura,il piatto finale resta comunque superbo.Così come sappiamo e pretendiamo la differenza tra una pasta Vicidomini e una industriale tipo Di Vella(mi scusassero gli amici pugliesi)così oggi pretendiamo la differenza tra un riso e la “colla per manifesti.Infine anche se mi sedessi a tavola in un ristorante con 50 amici e tutti ordinassimo un risotto,se il cuoco ci servisse il risotto cotto pilaf glielo rimanderei in cucina:vuoi vedere che con tanti buoni manici e un ottimo rondeau non si riesce a fare un risotto dal vivo in una sola calata?Domani anche le palle di riso me le faccio come le fa Chef Antonella.
Scusate se riporto sulla terra questa disquisizione mistica, ma che vino ci appariamoad una ricetta così interessante? A pelle, io direi qualcosa di non troppo corposo, sennò la ammazziamo: un vado ceraso vestini campagnano o, al limite, un piedirosso per’e palummo. Sempre che non si vogliano travalicare i confini regionali e puntare sul lambrusco. Voi come la vedete?
Frizzantino no, sì gli altri
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