Retrobottega a Roma, la rivincita dei vegetali senza essere vegetariani
Retrobottega a Roma
Via della Stelletta, 4
Telefono: 06 6813 6310
www.retro-bottega.com
Sempre aperto, il lunedì solo la sera
Aggiornamento Gennaio 2019
Siamo tornati a Retrobottega dopo la visita di aprile e, a parte la novità del mini pastificio aperto di fianco, abbiamo trovato conferma di quanto sia efficace e convincente la formula. Un posto davvero di avanguardia, nel quale cioé la materia prima viene riletta in modo nuovo e spesso capovolta rispetto alla tradizione. Per esempio la crepinette di misticanza, con le erbe che variano di stagione in stagione avvolta in una rete di maiale e servita su un fondo bruno, sempre di maiale, è sintomatico di come la gerarchia qui sia cambiato: spesso sono le carni e i pesci al servizio del vegetale, che comunque non fa mai da spalle se non in casi particolari come il piccione.
La formula easy di Retrobottega a Roma che la rende piacevole, difficilmente puoi spendere più di 70-80 euro a meno che non ti spingi con il vino (la formula menu appagante è di 55 euro con cinque piatti). I due protagonisti che si sono conosciuti in una lunga militanza da Anthony Genovese hanno grande tecnica estrattiva dei sapori, i piatti sono sempre centrati, ma i banali, la ricerca è continua e ogni due mesi il menu cambia completamente anche se alcuni must iniziano a resistere perché richiesti come il piccione. Favoloso e coraggioso il porro arrosto che rimanda direttamente al Noma anche se qui si è preferito mantenere la freschezza più che giocare sulla senzazione di bruciato-arrosto.
Insomma, il locale continua a fare tendenza in una città che presto si stanca di tutto grazie proprio alla freschezza della cucina e all’ottimismo del servizio.
Se siete a Roma, non perdete Retrobottega.
Retrobottega a Roma. Scheda del 9 aprile 2018. Entriamo nei locali rinnovati e sfatiamo il mantra italiano del momento: o Milano o morte. Entri e sei subito circondato da qualche hipster in via di estinzione, giovani coppie che incrociano i loro tatuaggi baciandosi, persone in cerca di normalità, una sala motivata almeno quanto la cucina. Ma, soprattutto, sei a due passi da Pantheon e potresti stare a New York, Londra, persino Parigi. Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Iudice sono i due giovani cuochi che hanno già fatto parlare di se e che hanno maturato i curriculum nelle cucine che valgono. L’idea è semplice, essenziale: far da mangiare ai tavoli comuni o a coloro che preferiscono guardare tutto quel che avviene in cucina. Attenzione, però perché tutti i piatti sono sempre completati sul bancone davanti al cliente.
Il posto ideale per chi è stanco, o semplicemente non desidera in quel giorno, di essere circondato da servizi eccezionalmente impreziositi, lunghe sfilze di amuse bouche, omaggio dellochef che finisce nel conto, pre desert e piccola pasticceria altrimenti detta coccole finali. Entri, mangi un piatto, due, oppure scegli il menu di 5 portate a 50 euro. Una manna per Roma.
Si respira molta energia nell’aria, l’occhio ai vini naturali non confina la carta nella paranoia tipica dei nerd enoici impegnati a estirpare ogni vigneto convenzionale nonché affascinati dalla rottura delle bottiglie con i vini prodotti da enologi professionisti. E anche la cucina segue una linea di tecnica ben padroneggiata e mai esibita, nessuna stranezza, nessun colpo di scena, ma tanta essenzialità, sapore e, soprattutto, gusto in piatti veri, abbondanti, che soddisfano perchè non sono monacali e punitivi.
Era insomma un bel po’ che non ci si divertiva senza confinarsi nella tradizione delle osterie con le tavole a quadretti o rifugiarsi nell’alta cucina impegnata. Qui invece ci troviamo di fronte ad una formula indovinata, estrema ma non estremista, dove c’è l’angolo del vegeteriano come quello dell’onnivoro, buonissima materia prima vegetale, bene le carni, buonissimo il pesce, largo alla pasta anche se quella secca soccombe rispetto a quella fresca, forse in omaggio alla nuova fissazione dilagante in Usa.
Qualcosa da aggiustare non manca, come le scomodossime posate da prendere sotto il tavolo che ti fa sentire per un momento stretto come in aereo supereconomy. Va bene sentirsi a casa o al Relae di Copenhagen, però a volte questi architetti ne fanno di cazzate.
Niente del moderno repertorio del gusto è lasciato a terra: si gioca di fumè e di amaro, anche di sapido, ma quello che mi è piaciuto di tutti i piatti, senza mai precipitare nell’eccesso, quell’eccesso che poi omologa tutti i sapori. Anzi, le diverse tecniche riescono ad esaltare il valore del prodotto, della ateria prima, in un gioco di rimbalzo continuo e amplificante. Nessun piatto stanca.
Da segnalare, per inciso, forse il miglior piccione dell’ultimo secolo, una mezza strada tra il rustico e l’elegante, cotto alla perfezione. Il classico esempio di come il mestiere sia al servizio del cliente.
CONCLUSIONE
Retrobottega Roma è oggi l’unica grande novità in un panorama romano un po’ indeciso sulla via da intraprendere. Insieme a Santo Palato e Marzapane, per motivi diversi, sono quei posti in cui i giovani non cucinano per se stessi ma cucinando per se riescono a soddisfare il cliente che è al centro del palcoescenico del locale. Un posto easy, noi ci siamo capitati in giacca e cravatta, ma eravamo chiaramente fuoriluogo. Un posto dove mangiare piatti d’autore interessanti che hanno riferimento sia nella tradizione italiana che nella valorizzazione della materia prima. Insomma, un posto di equilibrio perfetto tra il progetto di cucina e i desiderata di una clientela che sia pure stanca di rituali obsoleti o impegnativa, non vuole rinunciare a buoni piatti d’autore mangiando qualcosa di diverso ma che al tempo stesso non lo faccia sentire in soggezione.
In fondo, il successo di un locale è tutto qua.
Ci torneresti? Adesso! Ma quanto hai speso? Aspetta, non ricordo, devo controllare lo scontrino.
Alè!