Restaurant Barr Copenhagen, quel che resta del Noma dove è nato il Noma
Restaurant Barr
Strandgade 93, 1401 København,
Telefono: +45 32 96 32 93
restaurantbarr.com
Barr vuol dire orzo in norvegese antico. Il nuovo locale aperto da Renè Redzepi dove è nato il Noma a Copenhagen è in realtà soprattutto una birreria che vanta 27 scelte diverse alla spina oltre alla carta delle birre in etichetta. La cucina resta a vista, ma l’ambiente è ancora più informale, se possibile, del Noma stesso.
Gli interni del Restaurant Barr sono stati disegnati da Peter Girgis dello studio Snøhetta, specializzato in architettura ambientale ed ecocompatibile. E infatti si entra subito in un locale caldo, accogliente, con qualche angolo Vecchia Copenhagen, due sale con un bancone comune, una con con le birre alla spina, l’altra di fronte alla cucina diretta da Thorsten Schmidt, amico di lunga data di Redzepi, già executive al Malling & Schmidt di Aarhus dove ha inventato il gelato alla quercia.
Diciamo subito che questo posto ci è piaciuto tanto. Tantissimo. Abbiano infatti trovato essenzialità, divertimento e sapore. Restaurant Barr è presentato come un locale di cucina tradizionale danese, un po’ il passato da cui è fuggito Renè Redzepi imponento uno stile ben presto imitato in tutto il mondo e che tiene banco ormai da 15 anni anche se per Ferràn Adrià si tratta di un vento a cospetto della rivoluzione spagnola.
Nel nostro piccolo, pensiamo che sicuramente gli spagnoli hanno rotto gli schemi, ma riteniamo che questo vento del Nord abbia elaborato nel corso degli anni una visione più umanistica della cucina, legata alla sostenibilità delle materie prime che ormai è entrata di prepotenza in Danimarca, uno dei paesi dove per prima l’agricoltura è stata gestita come una industria imponendo all’Europa le leggi e i regolamenti capestro per gli artigiani. Norme che arrivano a proibire ad un ristorante di far da mangiare…agli animali.
In realtà in questo locale il ritorno al passato passa per il futuro, per la conoscenza perfetta delle tecniche e della tecnologia. L’estrazione del sapore è incredibile, siamo rimasti davvero colpiti anche dalle soluzioni trovate per modernizzare piatti altrimenti difficilmente leggibili.
Il passato dunque è un canovaccio dove comunque continuare la ricerca, senza le esasperazioni del Noma, ma mettendo a frutto l’esperienza maturata in tutti questi anni.
Il piatto con le aringhe, da cui siamo partiti, ne è un esempio: la cottura è perfetta, il topinanbur ha più una funzione dare un po’ di consistenza, la salsa regala acidità. Resteremo dunque sempre su toni acidi e amari, bruciacchiati aggiungiamo, che è un gusto che piace in modo particolare qui.
Sia il granchio che la tartare sono presentati in modo molto diverso da come li concepiamo in Italia, ben velocizzati dalle salse di accompagnamento.
Piatto goloso il midollo, piatto della sera è la coda di baccalà, pensata per due persone.
La polpetta danese classica sarebbe dura da finire senza il contorno, la salsetta rinfrescante e il tartufo.
CONCLUSIONI
Siamo in una delle città più care del mondo, ma qui potete uscirvene con 70-80 euro. Starete molto bene in questo posto che magari va in affanno nel momento di punta non tanto con la cucina che funziona con precisione militare, ma con la sala. Acqua di rubinetto, niente tovaglie, posate al centro tavolo in un piatto comune. Lista dei vini con le vele orientate sul naturale e il biologico. Un posto dove si sta bene, pieno di ragazzi danesi. E, tranquilli, qui gastrofighetti e critici in cerca di selfie non arrivano. Dunque è davvero un posto da frequentare per noi clienti comuni mortali: essenzialità, sapore e semplicità.