Report su influencer, food blogger, conflitti di interesse e macchina di fango
di Luciano Pignataro
Alla fine Report non ha fatto altro che mettere in evidenza una anomalia italiana: l’estrema confusione che c’è da alcuni anni, troppi, tra promotori, comunicatori, critici, giornalisti, uffici stampa, blog e testate giornalistiche.
Certo, ognuno dal suo punto di vista ha ragione: non essendo assolutamente soggetti ad alcuna normativa, i blog possono fare quello che vogliono, soprattutto, non distinguere con chiarezza, come prevede invece la legge per i media registrati in tribunale e gli stessi giornalisti, tra pubblicità e informazione. E se qualcuno entra in un ristorante e chiede soldi per una recensione evidentemente lo fa perché c’è chi preferisce pagare invece di voler emergere con la serietà del proprio lavoro.
Siamo in un Far West nel quale pizzaioli e ristoratori non sanno con precisione come muoversi, pensano che sia tutto a pagamento e non distinguono dal sito amatoriale che si accontenta della mangiata gratis dal sito giornalistico.
Tutto è affidato a quella che si chiamava web reputation: o sei autorevole con i numeri o con il nome o, come nel nostro caso, con entrambi. Al momento questo è, e nessuno intende mettere mano in questo settore perché poi in Italia la confusione conviene sempre a tutti, compresi coloro che si lamentano perché pagano gli articoli sui blog o che scrivono la recensione negativa sul loro concorrente su TripAdvisor dopo essersi lamentati di TripAdvisor.
Noi che siamo a cavallo tra i due mondi (così ben descritti da Camilla Baresani) abbiamo percepito l’estendersi della zona grigia con molta chiarezza negli ultimi anni. Da quando alle presentazioni sono invitate anche persone di cui non si sa con chiarezza come portano il piatto a tavola, per fare numero e gettare fumo nell’occhio del cliente ignorante. Perché spesso chi scrive è pagato non dai lettori tramite l’editore ma dall’oggetto di cui si occupa.
Abbiamo spiegato bene qual è la nostra posizione in questo momento, un blog che non fa pubblicità e che non scrive a pagamento. Abbiamo invitato a segnalarci chi va in giro millantando credito ma alla fine non abbiamo avuto neanche una mail o un sms.
Come abbiamo spiegato nel post sulle regole del LucianoPignataro Wine Blog, c’è stata da parte nostra un errore di sottovalutazione sul peso che questo spazio ha acquisito e dunque abbiamo dovuto registrare alcuni comportamenti superficiali che abbiamo avuto: chiedere a chi scrive qui di non fare uffici stampa, non pubblicare più annunci di serate a pagamento o serate di presentazioni che servono alle strutture e non al cliente. Soprattutto non consigliare più nessuno per la comunicazione dopo aver segnalato praticamente nel corso degli anni quasi tutti visto che viene male interpretato.
Perché il nostro scopo è quello di raccontare con libertà quello che ci piace. E vogliamo che chi entri in un locale o provi un prodotto viva le nostre stesse impressioni.
Il fatto che noi offriamo gratis con autorevolezza quello che molti chiedono a pagamento senza autorevolezza ci ha procurato alcune antipatie che hanno fatto fronte comune in una vera e propria macchina di fango che vedeva protagonisti persone essere esse stesse portatrici di evidenti confitti di interesse i cui nomi già non ricordo più.
Bernardo Iovene poteva accontentarsi di attaccare l’icona del momento ma è andato oltre perché, ha usato, come si diceva un tempo, le suole delle scarpe. Ha partecipato all’assemblea dei pizzaioli convocata da Mani d’Oro ad Acerra il 15 febbraio dove nessuno di quelli che gli aveva sussurrato qualcosa nell’orecchio ha avuto il coraggio di presentarsi, benché tutti invitati. E’ entrato nel merito e alla fine coloro che volevano affidare a Report i loro regolamenti di conti personali, le loro frustrazioni, le loro vendette da cortile, abbattere una voce libera per fare affari in comodità, sono rimasti un po’ delusi.
Ci dispiace soprattutto che, confermando l’adagio che chi semina vento raccoglie tempesta, non abbiano mostrato amore per la nostra terra in un momento in cui l’agroalimentare e la gastronomia del Sud stanno conoscendo una enorme espansione che regala reddito ai contadini e lavoro ai giovani. Che non abbiamo pensato che ciascuno di noi è azionista del buono che funziona in Italia e nello specifico del Sud.
Ci dispiace anche che qualche professionista serio, di cui conosciamo il rigore interiore e il rispetto della deontologia, non sia stato messo nella sua giusta luce nel servizio di Report. Ma per questi parlano i fatti. Non di oggi, di ieri. Ma di vent’anni di professione.
Noi andiamo avanti perché, alla fine ci divertiamo. E ci dispiace per gli altri che sono tristi, tristi, tristi, perché non sanno più cos’è l’amor:-)
Tantissimo.
Se mai ci stancheremo o ci faranno stancare, chiuderemo senza dover rinunciare neanche ad una tazza di caffè.
2 Commenti
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Ogni tanto qui scrivo, ogni tanto, quando mi emoziono e mi piace condividere. Qui lo posso fare perché è un luogo aperto e pieno d’ aria, dove non ti si chiede chi sei e quanto sei importante. Della libertà non ci si stanca mai:-)
“un luogo aperto e pieno d’ aria, dove non ti si chiede chi sei e quanto sei importante. Della libertà non ci si stanca mai”
Sono parole molto belle che condivido.
Ma, osservando i blog, i dibattiti non ci sono più, non c’è il libero confronto di opinioni diverse.
Perché? Non è il momento per approfondire.
Su Report ho visto soltanto il trailer. Sui food blog esprimo un’ opinione in generale(ripeto in generale) che, per me, è più importante delle varie situazioni trattate da report.
I food blog cosa sono? Qual è la loro natura, la loro essenza? Da che parte stanno?
Non stanno al servizio dei consumatori e clienti, ma al servizio di chi vende un prodotto o un servizio(ristorante, pizzeria, ecc…)
La mission coincide spesso con quella del marketing.