Il Ramen di baccalà di Vincenzo Russo di Baccalaria a Napoli
di Ugo Marchionne
“Scusate, ma chi l’ha detto che la cucina giapponese non si può fare con gli ingredienti della nostra tradizione?”
Non c’è innovazione senza tradizione, questo è risaputo. Così com’è risaputo che i nostri ingredienti brillano innegabilmente ed indiscutibilmente per qualità, freschezza e tracciabilità. Tutte queste componenti inevitabilmente finiscono per confluire nel fattore della versatilità, la quale è una delle componenti più essenziali che un ingrediente deve avere. Uno di questi è il Baccalà, il secolare ambasciatore d’Islanda sulle tavole dei Napoletani ha certamente una grande duttilità di lavorazione nonché esprime un pregevole compromesso tra gusto e benessere. Che sia Mussilo o Coroniello, che abbia subito un processo di salagione o essicazione, il baccalà in genere è un must della tavola dei napoletani. Quest’ingrediente però non si presta soltanto alle ricette che fanno parte del nostro retroterra culturale, ma può benissimo essere impiegato nella reinterpretazione di classici della cucina di altri paesi, come ad esempio quella giapponese. Un chiaro esempio di tutto ciò è il magristrale Ramen di Baccalà di Vincenzo Russo, chef al timone dell’Osteria Gourmet Baccalaria di Napoli.
Lo chef Russo, oltre ad essere ambasciatore del baccalà islandese nel mondo è l’unico ad adottare a tutto tondo un approccio quasi monopolista del baccalà nei suoi piatti. Che siano tradizionali o siano fusion, che siano rifacimenti anni 80 o siano innovativi, in tutti i piatti di Baccalaria, il Re è sua maesta il Baccalà, com’è giusto che sia.
In questo Ramen, tutte le componenti tradizionali ed essenziali del piatto sono commutate alla luce del baccalà. Il brodo dashi diventa un dashi di baccalà, l’elemento dell’affumicatura del brodo donata dal Katsuobushi è sostituita proprio dal contributo delle code di Coroniello. Una vera e propria concentrazione di sapore, sollevata dal contributo dell’alga Kombu. Il dashi fresco al giorno d’oggi è raro anche in Giappone, visto che è sempre più diffuso l’utilizzo di quello istantaneo, granulato o liquido, come sostituto. Una grande vittoria quindi per noi napoletani, visto che il brodo di questo ramen è limpido, leggero eppure così deciso nella sua caratterizzazione al baccalà.
Le altre componenti canoniche sono rispettate alla lettera. Erba cipollina, noodles, una punta di pepe, preferibilmente di Sechuan, soia e ovviamente l’immancabile uovo a completamento. La ratio dell’uovo nel Ramen secondo la filosofia nipponica, lo vede come elemento protettore per lo stomaco, dal calore e dall’aggressività del brodo. Immancabile, al posto del maiale bollito, il Tonkotsu, ovviamente è presente una generosa dose di baccalà, preferibilmente Mussillo a mio gusto, più delicato e rotondo al palato.
Insomma, Vincenzo Russo mi ha dimostrato che la cucina giapponese si può anche inventare con gli ingredienti della nostra storia. Una missione possibile, un matrimonio d’amore tra due culture così distanti geograficamente, ma così vicine nell’amore per la materia prima e nel rispetto del valore del tempo, delle lunghe cotture e del trasporto passionale di cui dovrebbe vivere ogni cucina.