Raccontare il passato per costruire il futuro, il libro sul Vicolo della Neve
di Alfonso Sarno
Raccontare il passato per costruire il futuro: è il senso del libro “Vicolo della neve. Dall’arte del freddo alla vera cucina
popolare”, curato con il patrocinio della Società Salernitana di Storia Patria, dall’Associazione Culturale “Amici dell’Arco Catalano” – progetto e testi di Bruno Centola e Francesco Ricciardi – ed edito da Ricciardi&Associati. Celebrazione della scomparsa e rinascita, araba fenice del gusto, de “il” tempio della cucina verace salernitana ed «omaggio – scrive Igino De Giorgi, coordinatore del sodalizio – ad una storia familiare che abbraccia un arco
temporale di oltre un secolo e mezzo. Oltre a rappresentare una vera rarità – quasi un’eternità – in un settore spesso caratterizzato da estrema “volatilità” come quello della ristorazione, anche questo è storia della città». “Vicolo della neve” nome di una nascosta stradina del centro antico, così chiamato da quando nel 1860 Alfonso Amato,“nevaiolo” di Bracigliano che raccoglieva sul monte del suo paese la neve nelle fosse, la conservava pressandola e ricoprendola con foglie, paglia e terra, per poi venderla trasformata in blocchi scelse come deposito alcuni locali attigui ad una osteria
che il primo proprietario Enrico “Ricuccio” Fasano detto anche “Sciacquariello” decise di chiamare con lo stesso nome della strada.
Una trattoria sui generis rimasta immutata nel tempo ma contemporanea, non per rampanti fighetti o quasi anoressiche top model, aperta solo di sera, decorata da Clemente Tafuri ed attenta più alla sostanza che alla forma con piatti della tradizione salernitana: pasta e fagioli “azzeccosa”, polpette ricoperte di rosso pomodoro, baccalà e patate, parmigiana di melanzane, zucchine alla scapece, peperoni ripieni, la oggi quasi dimenticata carne alla pizzaiola, frittata “rognosa” per le irregolari venature assunte nella cottura con salsiccia secca e provola affumicata. Piatti amati da vip e nip che li gustavano cullati dalla musica dei “posteggiatori” Armando e Giovanni. Un legame con i buongustai interrottosi nel 2021 quando l’ultimo proprietario “don” Matteo Bonavita decise di chiudere il locale, riaperto lo scorso maggio da Fiorenzo Benvenuto, Gerardo Ferrari e Marco Laudato che, grazie alla supervisione di nonna Maria Caputo, regaleranno agli ospiti le emozioni descritte dagli “Amici dell’Arco Catalano”. Libro dove parole ed immagini, documenti d’archivio si armonizzano tra loro per omaggiare un locale, emblema della cucina salernitana.