Quanto vale il salmone nel sushi? Impariamo a riconoscerlo
di Ugo Marchionne
Moltissimi forse penseranno al salmone come una materia prima “Figlia di un dio minore”, divenuta oramai troppo comune e troppo inflazionata, essendo un pesce facilmente apprezzabile, sia crudo sia cotto. A questo proposito molto è stato fatto dalla grande distribuzione e dai ristoranti di sushi che hanno adottato il salmone come seafood di riferimento, forse più del tonno, per fronteggiare i gusti del pubblico di ogni età.
In realtà il salmone è una materia prima molto più nobile di quanto si pensi, anzi nobilissima. Le specie di salmone e le relative colorazioni della carne sono molteplici ed ognuna di esse presenta delle peculiari caratteristiche. Dal salmone atlantico di colore arancio, fino al salmone bianco giapponese, passando per il rosso e per il rosa del salmone reale e di quello siberiano, tutte queste specie presentano un elevato potere nutrizionale e delle carni morbide e gustose, ricche di grassi essenziali quali gli Omega 3 e gli Omega 6. La tradizione giapponese inoltre insegna che tutti i pesci presentano la stessa conformazione e quindi per tutte le tipologie di pesce è possibile sezionare la santissima trinità del sushi: Maguro, Chutoro, Otoro.
Nel salmone ovviamente le differenze nella colorazione sono molto meno visibili, ma la presenza di venature bianche del grasso sono ben più marcate ed evidenti a mano a mano che ci si avvicina alla ventresca, dal gusto rotondo ed avvolgente. Il suo sapore intenso lascia in bocca il profumo del mare ed ha senza dubbio alcuno la stessa eleganza della ventresca di tonno.
Il salmone, forse più di qualsiasi altro pesce, si presta ad innumerevoli tecniche di conservazione. Al contrario del tonno, del dentice o di altri pesci azzurri infatti, l’ elevata presenza di grasso nella carne gli permette di essere più facilmente lavorabile. La tecnica più celebre senza alcun dubbio è l’affumicatura di matrice nordeuropea. Esso viene pescato in Canada, Scozia, Irlanda, Norvegia e in piccola parte dalla Francia. Dopo averlo pescato, viene eviscerato e viene tolta la testa e viene preparato per essere affumicato secondo due differenti metodi :
Affumicatura a freddo: il salmone viene filettato e messo sotto sale con una piccola aggiunta di zucchero e messo in contenitori lignei, poi viene affumicato per 12 ore con temperatura non superiore a 20 °C.
Affumicatura a caldo: il salmone viene filettato e messo sotto sale e affumicato con legno di betulla a una temperatura di 120 °C nei primi venti minuti, poi a 80 °C per tre ore, la temperatura interna del salmone non deve andare oltre 75 °C.
Queste due tecniche incidono in modo differente non solo sulla colorazione del salmone, ma anche sulla percentuale di grasso presente nella carne. Il salmone affumicato a freddo presenta un colore più pallido ed una percentuale di grasso più elevata. Il salmone affumicato a caldo invece si presenta di colore arancio scuro ed ovviamente per via del calore ha perso la sua marezzatura, a vantaggio di un sapore più intenso e marcatamente affumicato. In entrambi i casi però la carne diventa più ferma, gustosa e compatta.
Per quanto riguarda il sushi e la cucina giapponese in genere, il salmone si presta magnificamente ad essere il protagonista di un nigiri o di un sashimi. Il pesce viene infatti filettato da ambo i lati, viene privato della testa e della coda ed infine pareggiato. Una volta privato della pelle e delle spine, gli edomae procedono al taglio in diagonale del filetto, di uno spessore non superiore al mezzo centimetro. La lucentezza della materia prima ed il colore bianco brillante delle venature di grasso sono un indice di freschezza garantito.
Ma se il salmone è così buono e salutare allora perchè ne siamo cosi spaventati? Beh, facile spesso infatti troviamo il salmone in preparazioni in cui il filetto o le sfoglie dei pesce non sono perfettamente visibili. Tartare, Rolls, Burger e chi più ne ha più ne metta. Tutti questi piatti non ci permettono di capire nè la provenienza nè la tipologia di salmone. E allora? Fidiamoci dei nostri sensi. Un colore brillante, un gusto pulito, non invasivo ed un odore non troppo forte sono gli indizi che cerchiamo quando vogliamo assaggiare qualcosa di eccellente.
Per non parlare della pasta poi. Vi ricordate le farfalle al salmone? Ah, i meravigliosi anni 80, in cui questa pietanza andava per la maggiore annegata da litri e litri di panna. Ebbene, anche in questo caso possiamo capirci un pò di più se ricerchiamo un prodotto di qualità. Come? Semplice, basta valutare la grandezza dei pezzetti di pesce presenti all’ interno. Più grandi sono, meglio è. The Bigger, The Better!
Il salmone può essere degustato da crudo, ma anche da cotto. L’ arte dell’ aburi consiste proprio in questo. Nel fiammeggiare con il cannello la parte esterna lasciando crudo l’intero. Un ensamble di temperature.
Per il salmone fresco, oltre a i soliti indici di freschezza è bene controllare la provenienza, obbligatoriamente dichiarata. Il sapore del salmone selvaggio è migliore di quello del salmone d’allevamento, ma fra i salmoni allevati, quelli cresciuti in mare aperto hanno un gusto migliore rispetto a quelli allevati in vasche. Riguardo all’affumicato, il colore deve essere rosa uniforme: se ci sono zone più o meno pigmentate il prodotto è ricavato da salmone congelato. Provare per credere. Il sapore di un gunkan di salmone fresco ed affumicato se fatto a regola d’arte è un unicum a tutto tondo.
Da ultimo il salmone si presta anche ad essere sottoposto a shock termici e ad abbattimento di temperatura senza alterare significativamente le sue proprietà organolettiche. Questo quindi permette agli chef di sperimentare nuove tecniche di cottura, come l’affumicatura con ghiaccio secco o le cotture a bassa temperatura.
Insomma il salmone bisogna conoscerlo e scoprirlo per poterlo apprezzare. Ha infinite proprietà nutrizionali ed un gusto delizioso ed inconfondibile. In più è versatile e fonte di ispirazione per numerosissime ricette in tutto il mondo, dall’ oriente all’ occidente. Ragazzi su, non si vive di solo tonno!