Quale carne per il ragù napoletano?
di Andrea Docimo
Il ragù in Campania è una tradizione le cui sfumature mutano di luogo in luogo, intrecciandosi al tessuto socio-culturale e storico del posto.
Al Symposium tenutosi presso Eccellenze Campane in via Brin, organizzato da Luciano Pignataro Wine&Food Blog in collaborazione con Mysocialrecipe e condotto da Giustino Catalano e Marco Contursi, sono stati ripercorsi storia, tecnica, usi e costumi relativi al piatto più identitario della cucina partenopea. Ad assisterli, con tanto di vari tagli di carne esposti e da raccontare agli uditori in sala, Sabatino Cillo, uno dei macellai di riferimento in Campania e in Italia.
Il ragù con braciola di locena – con all’interno aglio, prezzemolo, pecorino, sale, pepe, uvetta e pinoli – ha aperto le danze: a presentarlo Peppe Maiorano, cuoco e patron di Osteria La Chitarra, presso le Rampe S. Giovanni Maggiore, in una traversa di via Mezzocannone a Napoli. La parte più interessante del suo discorso: “Tempo fa il ragù riempiva un intero pranzo: si iniziava con i nervetti come antipasto; si proseguiva con la pasta; si finiva con la carne nel sugo.”. Volendo, si potrebbe anche aggiungere che una fetta di pane nel ragù, di primo mattino, costituisce un bellissimo modo di fare colazione.
A seguire, l’intervento di Cillo sulle carni, coadiuvato da Catalano, più concentrato sugli aspetti storici, e Contursi per gli aspetti tecnici. Di centrale importanza la qualità della materia prima – la carne – e la logica dietro la scelta della stessa per il ragù: ci sono tagli che sopportano meglio le lunghe cotture e altri che invece sono più indicati per quelle brevi. Con un’ottima materia prima, inoltre, secondo il macellaio svizzero trapiantatosi nel Sannio, sfumare con il vino è praticamente inutile.
È poi stato presentato il ragù con involtini di capra – ripieno simile a quello della braciola di locena ma senza uvetta, pinoli e con un formaggio diverso dal pecorino -; dunque, il ragù di Cillo, fatto con vari tagli e premiato da un panel test alla cieca dal Gambero Rosso, servito con la pasta.
A seguire, il ragù con la salsiccia rossa di Castelpoto, Presidio Slow Food in questo caso poiché in fase di stagionatura, e le uova. La salsiccia è stata presentata da Pierpaolo Maio dell’Azienda “Masseria Maio” a Castelpoto (BN), che l’ha anche proposta in degustazione alla fine del laboratorio. Ben bilanciato, con una gradevole piccantezza solitamente assente nel ragù.
Domenico Fuccio del ristorante-pizzeria “Di Stora” d’Arpaia (BN) ha invece presentato un ragù di allodola, rifacendosi a quello di passero, oggi specie protetta.
Dall’Agriturismo “Valle Ofanto” di Rapone (PZ) il “kuta-kuta” calitrano: pollo cappone tagliato a pezzi, fatto rosolare e cotto con il pomodoro, a ricreare un ragù più povero che di fatto richiamava alla memoria il pollo alla cacciatora.
Infine, gli gnocchi con il ragù di tracchia.