Mercati o mercanti: caro (a volte carissimo) ristoratore, ci fai sapere chi decide il tuo menu?
di Luciano Pignataro
Prima del frigorifero fare bene la spesa era arte sapiente delle nostre nonne. Si andava al mercato in un giorno preciso per trovare quel fornitore, c’era la stagionalità degli ingredienti, era indispensabile questo esercizio quotidiano perché la roba non durava in casa, ed ecco perchè la conservazione del cibo era molto importante.
Bisognava sapere scegliere perché da questo dipendeva la salute di tutta la famiglia.
Piccolo mondo antico.
Prima il frigorifero, poi le catene del freddo, infine la globalizzazione.
L’arte della spesa, e poi l’arte della cucina, si è progressivamente spenta nelle case italiane, da Nord a Sud. Persino i piccoli e sonnolenti paesini del nostro Appennino sono circondati da piccoli grandi mostri dove si va una sola volta alla settimana.
Il mercato è il luogo dell’incontro, della cultura del cibo e dello scambio. Spesso era in base a quello che si trovava che si decideva poi cosa cucinare e non l’inverso.
Oggi la vera gastronomia, sia essa tradizionale, molecolare, non può che replicarci questo quadro per dare le giuste emozioni al piatto.
La tecnica ovviamente è importante, importantissima, ma non quanto la materia prima. Un grande cru sarà sempre più buono di un vino di grande tecnica ottenuto da ettari dove prima si facevano patate e cipolle.
Il cuoco, sia esso trattore, oste, grande chef non può che interpretare alla grande la musica che esprime il territorio dove opera aprendosi certamente al mondo con lo stesso metodo pignolo nel fare la spesa al mercato.
Sotto questo picco della Piramide di Leo c’è la fascia media, a volte medio alta, altre medio bassa, dei ristoranti, che hanno come obiettivo il business. A questi i prodotti Longino, Jolanda, Selecta sono sicuramente utili perché offrono una standardizzazione di qualità simile alle catene dei ristoranti giapponesi aperti ormai un po’ ovunque in Italia. Su questa fascia la tecnica può fare la differenza.
Poi ci sono le linee dei banchetti, e anche in questo caso questi prodotti possono essere utili.
Si dice che un grande chef non ha il tempo di andare al mercato. Balle, se così fosse perchè Jean Francois Piege, tanto per citare un pinco pallo qualsiasi, e tutti i grandi del mondo si fanno riprendere proprio quando hanno il rapporto diretto con i produttori in copertina di libro? Finzione scenografica? Bah, un buon leader di squadra sa bene dividere i compiti e comprende che la spesa è importante quanto il servizio.
Questo è il senso di queste cose, ma perchè questo è importante per la cucina delle emozioni.
Perché il menu deve essere scelto dal mercato e non dal mercante.
Ah, qualche botolo che si serve solo di fornitori di lusso e per poi pensare di essere il primo in qualcosa e non l’ultimo tra i medi, per confutare queste argomentazioni sbraita citando l’esempio del vino. Beh, non credo che sia necessario spendere alcuna parola se non consigliare un corso di alfabetizzazione: il vino, lo champagne, la pasta, le conserve, i salumi, i formaggi, i distillati, sono pensati per proprio essere conservati negli anni e per viaggiare. Cosa c’entrano con le carni, i pesci, le verdure, la frutta?
Altri botoli invece pensano che comprando questi prodotti si sale sul palco dei congressi e si diventa famosi. Sono i peggiori perché se ne fregano del cliente.
Oggi fare la spesa al mercato è tanto più importante in quanto vale non solo per chi viene da fuori ma anche per il pubblico locale nelle cui case questa abitudine delle nostre nonne è ormai sparita. Proprio come il ritorno di piatti di tradizioni che erano state cacciate dai locali che si ritenevano in.
Comunque ho una proposta concreta: segnate il nome del vostro produttore/distributore sul menu come fanno adesso in tanti, a cominciare da Pietro Parisi; e come fanno quasi tutti i pizzaioli più conosciuti che hanno dato una mano all’agricoltura del Sud. Poi il cliente è libero di scegliere, no? Così, ad esempio: sella di maialino iberico, guancia di vitello, cappello di prete, black cod e quant’altro.
Già, per capire la differenza tra un cuoco bravo e uno che ti regalerà la vera emozione, basta usare questo criterio: scegli in base alla spesa che trovi e a quello che tengono i tuoi fornitori o è il tuo fornitore unico che ti passa la roba.
E voi, andate al mercato o vi affidate al mercante?
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2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Caro sig. Pignataro , oggi la cosa più difficile è proprio fare la spesa , una spesa che possa dare continuità ad un menù per almeno tre mesi , personalmente io la spesa al mercato la faccio per quanto riguarda le verdure ho qualche piccolo produttore che mi ha fatto la cortesia di piantarmi in Umbria i friarielli napoletani , ho un allevatore di animali da cortile che mi fornisce piccioni faraone etc , la difficoltà arriva almeno per me con pesce (l’umbria non ha il mare ne un mercato) e gli animali di grande pezzatura , (manzo , maiale , Agnello ) per me non è pensabile acquistare un agnello di 30kg , mezzo posteriore di manzo o 1/2 maiale , queste sono le quantità che i produttori ti vendono , oppure parlare di marezzatura o frollatura con il macellaio al mercato , sarebbe impossibile lavorarlo e venderlo , sarei il cuoco più felice del mondo se potessi cucinare di volta in volta quello che il mercato offre , ma le assicuro che la clientela media questo non lo recepisce , siamo ancora vado al ristorante quindi devo scegliere , se un piatto non mi va come pensato chiedo le più disparate modifiche a mio piacimento tanto che ci vuole , questi sono alcuni pensieri le assicuro del cliente medio , magari avere a che fare con soli gourmand come lei o come i suoi amici che ti lasciano il campo libero alla freschezza e alla stagionalità , noi che gestiamo la maggior parte dei ristoranti , osterie etc. in Italia purtroppo lo facciamo si con passione ma anche per mantenere le nostre famiglie , se non entrano clienti dalla porta a me lo stipendio non lo da nessuno , ne la tv ne catene alberghiere o imprenditori del vino , nessuno scrive di me o di tanti altri , per cui arrivate a frotte a provare a consumare e a lodare , come fate nei soliti noti , quindi la mia , nostra spesa in alcuni casi e per alcuni prodotti deve avvalersi anche di queste aziende , poi lei è prorprio sicuro al 100% che i grandi “chef” acquistano tutto al mercato o prendono dal loro orto? , metterebbe la mano su fuoco che negli archivi di Longino , Jolanda Selecta etc non ci sono fatture di bi e tri stellati senza fare nomi , che tutto il manzo servito nel pluristellato del Piemonte vine tutto dalla stalla a 5km , la poesia è bella e va raccontata e voi lo fate bene per mestiere , ma la realtà è un altra e va anche conosciuta.
grazie per l’attenzione
Un’analisi saggia ed obiettiva quella del sig. Beneduce che non fa una piega a riguardo di questo post.
È vero che ormai gli antichi sapori, quelli delle nostre nonne, sono sempre più difficili da reperire, quasi in via d’estinzione, ma questo è dovuto anche dalla nostra generazione sia essa evolutasi in peggio che in meglio così come sono cambiate le nostre abitudini.
Anche la natura è al collasso, è un dato di fatto che persino il clima ce l’ha con noi esseri umani tanto da non regalarci più le mezze stagioni, quindi dovremmo eliminare anche le verdure e la frutta delle serre??
Credo che sia molto facile scrivere di comprare qua e comprare là, mercati o selezionatori, in alcuni casi sminuire anche alcune realtà anziché altre, ma il relatore di questo articolo sa quanto sia più difficile gestire e portare avanti un’attività (e soprattutto far quadrare i conti) con tutte le avversità che incontrano i ristoratori giornaliermente?
Ci sono sicuramente coloro che hanno scelto come vocazione la cucina con un rispetto atipico per la natura ed il territorio, e che possono permettersi di tenere chiuso il ristorante pure 1 settimana, di sicuro il buon Pietro Zito menzionato in questo post, ma non tutti possono concederselo.
Quindi?
Direi di smetterla di far credere ai lettori di questo blog che il “ciuccio vola” !