Prima o poi…Miami! Il reportage di Sara Marte
di Sara Marte
Palme e fenicotteri. Il mare scorre veloce sotto la potenza di ricchissimi yacht e motoscafi. Donne in costumini tentatori passeggiano languide, uomini atletici tirano il ciuffo all’indietro e praticano lo jai alai. Auto di lusso, bella vita, appartamenti e ville ad un soffio dal mare strizzano l’occhio alle spiagge chilometriche di South Beach. E’ la sigla di Miami Vice! E’ Miami Beach Baby! Noi, prodotto anni ’80, prima di C.S.I. Miami, prima di The Glades, prima dei reality con le sorelle Kardashian abbiamo respirato questa città con Sonny e Rico.
Sono molti i luoghi comuni su Miami, (molti decisamente veri) e sulla Florida in generale, così, oltre al fluire delle immagini da telefilm, quello più diffuso e ironicamente più riuscito è: “ la sala d’attesa di Dio”! Tagliente espressione per spiegare che qui convogliano i vecchietti dal nord del paese per incontrare temperature clementi, strutture accoglienti, agevolazioni fiscali e magari attendere… Miami beach è puro caos, così ben organizzato che ci si abitua in fretta. Sono 5 chilometri in cui si seleziona la vita. Le spiagge infinite, gay friendly come tutta Miami, esplodono di colori. Le torrette sono uno spettacolo di vivacità fuse al calore tropicale e alle miti acque intiepidite dalle correnti del Golfo.
Così come accadeva in passato sulle nostre coste d’estate tutti scendono con borse frigo di portata impressionante. Ingenui voi che vi aspettate cibarie, panini e Coca Cola. Qui tirano fuori bottiglie di vodka e simil succhi di frutta, miscelano improbabili cocktail e approfittano dei fondali bassi per rimanere a mezza gamba e sorseggiare in acqua per ore e ore. Roba da rimanerci secchi per un comune stomaco italico!
Ciabattando dalla spiaggia verso il centro altri colori attireranno la vostra attenzione. L’Art Déco District è un tutt’uno caotico assieme alle luci dei locali più “in” ed al traffico di macchine invadenti e sfacciate. Dapprima Miami beach non era altro che una lingua di sabbia da raggiungere solo in barca. Dal 1913 invece, in seguito alla costruzione del ponte che la collega alla terra ferma, Carl Fisher ne avviò il suo formidabile sviluppo. Attorno agli anni venti, godeva di un grande fervore turistico ed economico. Dopo l’uragano del ’26 ed il fatale ‘29 con il crollo di Wall Street la zona trovò disgrazia. Negli anni ’30 un nuovo slancio avviò la costruzione di palazzi in Art Déco. Dopo la seconda guerra mondiale, un nuovo declino investì Miami Beach. Oggi, grazie all’impegno di Barbara Capitman che nel 1976 fondò la lega per la tutela artistica di Miami, hanno recuperato e salvaguardato l’architettura Déco che rischiava di scomparire sotto l’urbanizzazione.
Qui oltre 800 edifici in art déco dominano il paesaggio costituendo l’agglomerato più ampio al mondo. Quest’arte qui diventa anche Tropical Dèco con vivaci colori come il famoso rosa fenicottero. Frequenti i raggi di sole, accennati, colorati, stilizzati. Si evolve poi in Streamline Moderne che enfatizza inoltre lunghe linee orizzontali, morbide curve e tipici riferimenti nautici. Qui e lì spunti di Revival mediterraneo.
La sera l’art Déco di Ocean Drive si accende di gusto multi-socio-etnico- cafonal. Donne di ogni peso e taglia in abiti talmente aderenti da sembrare guaine contenitive fluttuano su tacchi vertiginosi e abbarbicate a uomini dai muscoli gonfi e maglie improbabili. Varia umanità turistica assiste alla vita e si mischia con allegria alle passeggiate senza fine tra discoteche, spettacoli e drink. La voce dei dj “[…] liscia come le cosce di una stellina del cinema, morbida come piume d’oca, inebriante come rum e miele” (Joe R.Lansdale, Drive in, 1988) ti chiama a sé e tu semplicemente ti arrendi agli eccessi ormai assorbiti come normalità.
Drink da 36 oz, oltre 1 litro, sono il grande must! Bibitoni posti in bicchieri che nelle case italiane sono vasi da fiori. Inutile dire che sei un poveretto se lo dividi con qualcuno! NO! Te lo ciucci da solo e non è contemplata l’opzione che tu non riesca a finire quella delizia che ti ha stordito già da metà misura. Non basta! Tu quel drink te lo porti via in comodi bicchieri da passeggio. Insomma versione etilica della doggy bag!
E allora, strappati al buon senso, non resta che tuffarsi nei mojito dalle versioni a frutta più disparate. Qui, zona tropicale, saltando a piè pari la vergognosa fragola in sciroppino chimico, puoi gustare ottimi mango mojito. Quando pensi di essere un eroe, o un sopravissuto dei 36 oz drink, scopri di essere solo un pivello. La tua prossima sfida è un Iced Margarita con coppia di Corona a testa in giù!
In realtà il povero iced Margarita, sarebbe un cocktail, anzi per essere precisi un sorbet drink, molto elegante nel gusto e nella consistenza: 2 misure e ½ di tequila silver, 1 misura e ¼ di Cointreau, 1 misura e ¼ di succo di lime ed infine circa 6-8 cucchiai di sorbetto al lime e 150 ml di limonata ghiacciata. Dopo aver fatto aderire al bordo del bicchiere, strofinato con uno spicchio di lime, lo zucchero semolato si pongono le fettine di lime e limone nel bicchiere. Intanto mescolate la tequila, il Cointreau e il succo di lime in una brocca. Con un mestolo ponete il sorbetto nei bicchieri. Aggiungete la stessa quantità di drink appena miscelato e colmate il bicchiere con la limonata. Fatto! Se siete inguaribilmente eccessivi e provvisti di bicchieri-vaso, oppure vi va di divertirvi capovolgete due Corona e berrete tre drink in base al tempo che passa: l’Iced Margarita; un ibrido strano tra birra e Margarita ormai, non più tanto iced e sul finale, felicemente storditi, le Coronas!
Attirati dalle luci come falene, frullati dai rumori, cotti dal sole, spennati dalle boutique eppure felici di quell’incomprensibile osmosi, non resta che allontanarsi da quell’infernale paradiso. Vi avrà rigenerati e liberati da ogni pensiero, così potrete partire alla volta di una Miami più intima. Occhio però a non desiderare troppa pace che qui, “sala d’attesa” non si sa mai che Qualcuno prenda una svista!
6 Commenti
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;)
Saretta cara, ma non ti pare che abbia più titolo di te, anagraficamente parlando, per…”la sala d’attesa”? ;-))
Bravissima come al solito, e perfettamente integrata nello spirito “yankee”…
Lello ma tu sei un giovanotto! se ti porti le solite bombole d’ossigeno irpine, ci andiamo a fare un giro per locali!
:oP
Fantastico l’Iced Margarita e travolgenti i colori notturni. Mi domando se quella città così “osmotica” non possa essere il connubio perfetto tra la pace e la tranquillità della “Sala d’attesa” per chi ha qualche anno di più e la sfrenata allegria adatta a chi con qualche anno in meno riesce a cogliere il “sottile umorismo” degli spettacoli di Drag Queen. Ad ogni modo costringerò qualche povero barista nostrano a prepararmi un Iced Margarita, ora la curiosità è troppa!
foto e fegato di sara marte ma anche occhi naso e … verve ti immergono nel bagliore dei neon e nelle maxi porzioni locali! se a sabaudia vedessi qualcuno sulla riva a sorseggiare un beverone auto prodotto ed ideato effettivamente avrei qualche remora ad avvicinarmici ma…spiaggia che vai usanza che trovi!
Semplicemente UNICO