Preferisco la patata. Cucina d’autore vegetariana
– del Guardiano del Faro –
L’alta cucina passa sul “Vegetale Terrestre” , provvedete a reperire un decoder, ne vale la pena, i programmi sono molti più vari e tutti gradevolissimi.
Ci ho pensato spesso ogni volta che affrontando un piatto di cucina d’autore e mi sono ritrovato a terminare più piacevolmente il così detto contorno lasciando in parte la componente di proteina animale. Non per motivi filosofici o salutisti ma semplicemente perché nove volte su dieci, assaggiando un piatto composto da carne , pesce e ortaggi, sono stati proprio i suddetti ortaggi a darmi le sensazioni gustative superiori per originalità e diversità di sentori e sapori. La decisione definitiva l’ho presa durante una recente cena da Edoaurd Loubet , nella sua Bastide de Capelongue ( Relais Chateaux 2 stelle Michelin ) , piazzata tra le dolci colline del Luberon, in mezzo ad un paesaggio naturale che lascia molto spazio alla creatività in cucina ed invita alla scoperta dei profumi delle piante, dalle radici al frutto. Certo, non stiamo parlando di un due di picche qualsiasi, questo è uno molto bravo ad immaginare e poi a svolgere il tema vegetale con coscienza e conoscenza .
Loubet è stato alcuni anni con Marc Veyrat ad Annecy prima intraprendere la carriera da solista dapprima al Moulin de Lourmarin e poi qui a Bonnieux a la Bastide, così vicino al precedente e bellissimo contesto, così vicino al medesimo territorio collinare tra garrigue e boschi di sempreverdi, così vicino al pensiero Veyrat, dove il collegamento territoriale con la natura circostante è sempre stato sinergico, fino all’estrazione di ogni succo terrestre che abbia un qualche senso gastronomico.
Dunque ecco il piatto della svolta, apparentemente semplice, pressochè disarmante. Un patata bollita e poi schiacciata con la forchetta e condita con olio, limone, fiori di erba cipollina. Di sotto, a salsare, un ‘infusione di verbena. A lato, come sottolineatura ancora un cofanetto di verdure al vapore condite con altro intingolo alla verbena. Voilà! A quel punto il pregiato e costoso trancio di rombo cotto divinamente sulla lisca ha fatto ancora la volta la fine del “non indispensabile” . Non disturbante o inutile per carità, ma veramente non indispensabile . Tutto ciò a controfirmare il passaggio precedente, dove il ritorno alla terra era già avvenuto , in un tripudio di sensazioni sotterranee.
Si tratta del tartufo estivo cotto in crosta e servito su un coulis di mais tartufato, qualche pop corn croccantissimo, qualche fogliolina di un erba della famiglia delle rosacee , la “pimprenelle” , alcuni funghi crudi ( girolles ) ed infine una vinaigrette all’aceto bianco tartufato. Piatto stordente e appagante nello stesso tempo, servito, se richiesto , con un opportuno calice di Champagne aromatizzato all’idromele di Tuber Melanosporum . Ma di questa cena se ne parlerà diffusamente altrove, qui andrei avanti con qualche altro flash back della grande cucina d’autore che si serve “solo” di verdure, legumi, cereali, radici, frutti , con l’ausilio di condimenti o ingredienti quali le uova o di derivati del latte, ma spesso neppure necessari a chiudere un cerchio gustativo già di per se stesso di grandissimo rilievo.
Da un cuoco Montagnard prestato alla Provenza ad uno italo argentino che ha trovato in benedetta terra di luce e di sole l’ispirazione per realizzare una vera linea originale applicata al tema. Uno degli chef che ha fatto bandiera esposta dell’ alta cucina vegetariana , Mauro Colagreco, dopo lungo e proficuo apprendistato a fianco di un maestro di questa filosofia, Alain Passard. Al Mirazur si attinge a piene mani dall’orto collocato a poche centinaia di metri dal padiglione bianco con ampie vetrate , e si trasforma in cucina ogni frutto della terra nobilitandolo e mantenendone integre le caratteristiche primarie. E’ il caso delle diverse insalate di erbe, verdure, frutta, condite da creme vegetali, da infusioni o da sabbiature terrestri. Geniale però rimane a mio parere il Martini de Tomate, dove a calorie “zero” lo chef riesce a portare in tavola freschissime sensazioni apparenti ma nello stesso tempo concrete.
Spostandoci un poco fuori dall’area provenzale possiamo incontrare una situazione diversa, dovuta principalmente alle condizioni ambientali che contraddistinguono il territorio circostante e di conseguenza la cucina di Regis Marcon a Saint Bonnet le Froid. Qui, l’elemento condizionante e caratterizzante sarà Le Champignon, di cui Marcon è interprete supremo , ma non rimane secondo a nessuno anche se si tratta di utilizzare tartufi autunnali o fresche verdure estive.
Sembra ovvio e scontato ma se ci soffermiamo su uno dei comparti più apprezzati a tavola, e sto parlando del dessert, ci troviamo automaticamente privati da pesce e carne e saremo sommersi da un tourbillon di frutta, verdura, spezie e cioccolato, sostenuti dall’apporto di uova e derivati del latte, che in questo caso diventano spesso fondamentali nella costruzione di un grande dessert, come questo di Jean François Issautier che da decenni tiene alto il profilo della cucina provenzale a due passi da Nizza, nel suo bellissimo locale di St.Martin du Var.
L’altro comparto così caro alla cultura italiana dello star bene a tavola è sicuramente quello definito sommariamente “primi piatti” , dove quasi sempre l’essenzialità vegetale che accompagna il carboidrato portante delle ricette è più che sufficiente ad appagare lo stomaco e la mente. E’ il caso di questo grintosissimo risotto cremoso (come si usa in Provenza) all’aglio dolce e prezzemolo dell’Aromate, a Nizza. Finalmente anche in Francia un grande risotto cotto giusto e mantecato perfettamente, rifinito nobilmente come insegnò il Maestro Marchesi, con l’Oro. Anche il metallo è commestibile.
Grandissimo maestro nell’uso dei vegetali per realizzare un piatto trois etoiles è certamente anche Alain Ducasse, che proprio in Provenza ha trovato il territorio più idoneo per potersi esprimere. Penso solo al pinzimonio e la salsa vegetale di stagione che apre abitualmente un pranzo al Louis Xv, ma soprattutto al fantastico mix di verdure cotte che unite a tartufo nero e alla ineguagliata vinaigrette che rileva il sapore di ogni singolo vegetale inserito nella composizione.
Altro spostamento un pò fuori zona per ricordare un altro capolavoro del minimalismo vegetale, argomento sul quale non poteva non cimentarsi quel grandissimo chef che fa di nome Michel Troisgros. Ecco un finto raviolo di patata e zucca con tartufo nero e brodetto acidificato come solo lui sa fare. Il Maestro dell’acidulè.
E se si cita Ducasse e Troisgros come dimenticarsi di Joel Robuchon. Questo cetriolo dall’apparenza banale rappresenta invece una bellissima sorpresa perchè la marinatura in agrodolce e il rilievo piccante del peperoncino rendono questa piccola cosa un grande snack, un eccellente aperitivo, un ricamo , un cesello vegetale raffinatissimo.
Spettacolare anche il risultato ottenuto da Bruno Oger, uscito dai fastosi palazzi di Cannes per esprimere classe e finezza, precisione e concisione con l’utilizzo di asparagi e carciofi, due dei vegetali più gettonati dall’alta cucina, e costruire questa composizione bellissima e buonissima, dove i diversi sentori e sapori vegetali si inseguono e si evidenziano sostenendosi l’un l’altro.
Un orto biologico in Camargue, un frutteto, un paradiso della natura. Una fuga da New York per un contesto estremamente “wild”, lontano da ogni centro abitato, lontano dai rumori della città, dallo smog e da ogni stress. Il Mas del Domaine de l’Armellière, una quindicina di chilometri a sud di Arles, in piena Camargue, all’interno di un parco naturale incontaminato. La scelta di vita e professionale di Armand Arnal a La Chassagnette, sintetizzata qui da un finocchio glassato alla vaniglia con variazione di arancia : fresca, disidratata ed in sorbetto.
Cominciai con una patata e finisco con una patata. La patata nera di Michel Trama, dove la terra torna alla terra, nel più alto senso del termine.
Bene, il menù degustazione è terminato.
Qualcuno sta sentendo la mancanza di pesce o carne? :-)
gdf
16 Commenti
I commenti sono chiusi.
Dopo questa sana lettura , rilevo una personale, “preoccupante” idiosincrasia (eh eh) verso carne e pesce . Un meraviglioso excursus su una cucina fresca, leggera, naturale , con prodotti ricavati dall’orto , dove viene messa in risalto , la patata!! E’ la migliore risposta a coloro che si pongono la fatidica domanda:ma quanto tira la patata!….in cucina? .
Una considerazione sui benefici della “patata nera”! Contiene una buona quantità di antociani , indispensabili antiossidanti (contro l’invecchiamento) e non contiene glutine , per cui indicata nelle diete celiache.
Grande GDF!!
Accidenti, cosa darei e cosa farei per potermi gustare un simile menù degustazione !!!!
.
Ciao
.
Tenderei ad escluderlo.
In compenso molti, dato anche il periodo, staranno sentendo la mancanza di adeguato periodo di ferie per andare a provare qualcuna di queste delizie :)
Chapeau.
Non saremo a questi livelli, ma uno dei piatti più buoni che ho mangiato nel corso dell’anno è stata, udite udite, un’insalata: il “Crudo del nostro orto” di Antonia Klugman dell’Antico Foledor Conte Lovaria a Pavia di Udine
Piatti anche bellissimi: gli ortaggi, e anche la frutta, mi intrigano sia per sapori che per consistenze e colori. Forse perché li riteniamo inconsueti, stimolano sempre l’aspetto fondamentale dell’approcio alla tavola: la curiosità (in questo senso quel Martini di Colagreco mi inciccia assai).
Quanto alla patata, credo sarebbe opportuno creare un servizio di assistenza psicanalitica: poverina è sempre in gara (di rincorsa) col cugino tartufo, che se la tira. La patata che voleva esser tartufo di Stabile, la patata in attesa di diventar tartufo di Bottura, la patata “mascherata” da tartufo del Perigord di Trama… e chissà quanti altri. Aiutiamola. Già un buon passo avanti lo fa Loubet che trasforma, alla vista, un tartufo in patata, così gli sta bene; senza considerare Oldani che, oltre a caramellare cipolle (a proposito anche lui di ortaggi se ne intende) abolisce definitivamente il tartufo elevandolo o relegandolo al ruolo di “essenza” , di profumo: in fondo il tartufo non di assapora, si annusa (dice). Allora via con una spruzzata per rendere l’atmosfera. Chissà le patate come se la ridono al D’O. ;-)))
Lo dico subito: mi sono abbastanza scervellato su come, da un lato, cercare di non far scadere troppo il livello dei commenti (se non altro per rispetto del bellissimo post del GdF) e, dall’altro lato, riuscire a fare sommessamente rilevare come – a volte, direi perfino piuttosto spesso – anche la… patata tenda a tirarsela parecchio.
Niente da fare, equazione per me difficilissima e quindi rinuncio a fare la battuta :)
Mi sa che mi merito di leggere solo le recensioni di un certo ‘inutile’ editor su altro blog (essì che di danno involontariamente ne ho fatto pure lì, suggerendogli – a quanto vedo – il titolo della rubrica).
Quello è da cipster. Quelli
ricordo la semplice ” padella di ortaggi ” di Ducasse a milano:)
PATATA LESSA, la piu’ triste: è per la dieta . ne ho conosciute un paio quest’estate. il mio stomaco non ne ha ricavato alcun beneficio.
PATATA ARROSTO, gia’ meglio : viste alcune in questa stagione versiliese, ben rosolate all’olio di bergamotto e provenienti da campi russi.patate gialle anzi ,bionde.
PATATA ROSSA, gusto grinta : di moda quest’anno a iosa ,nel menu DELL’ENOTECA MARCUCCI a pietrasanta. sapida ed effervescente , anche troppo, e costosissima, peraltro in linea con i prezzi di quel locale modaiolo.
PATATA AL SELENIO, la peggiore : molto pubblicizzata, gira spesso in coppia con la lessa. intelligente è intelligente , per carità, ma sai la noia. non la trasformi in niente di interessante, neanche con l’aiuto del burro di ROBUCHON e con il fantasma di MORAVIA sulle spalle te ne torni a casa.
PATATA E CAVIALE, il furore : vanno meglio le bianche , meglio se di origine sudamericana. piatto preferito dalla mia ultima fidanzata ,nel giro parigino. insostenibile se non ti chiami abramovich.. ma il retrogusto ti rimane per mesi.
PATATA E COULIS DI POMODORO, due gusti is meglio che uan : non è per me , ma ognuno ha il proprio palato. de gustibus.
PUREA DI PATATE: per rendere al meglio lo devi fare almeno con quattro . faticoso è faticoso ,ma sai la goduria sul palato. meglio usare tanto burro e di ottima qualità. piatto invernale ,da consumarsi davanti a un caminetto .
Giancarlo, stai attento alle calorie.
Purè di patate 346 calorie (per porzione)
200 g patate, 20 g burro, 50 g latte intero, sale, pepe
Patate al forno 301 calorie (per porzione)
200 g patate, 15 g olio d’oliva, rosmarino, sale, pepe
Patate lesse in insalata 256 calorie (per porzione)
200 g patate, 10 g olio d’oliva, prezzemolo, aceto, sale, pepe
Patate dolci 123 calorie ogni 100 grammi
Patate fritte 188 calorie ogni 100 grammi
Patate bollite 71 calorie ogni 100 grammi
Patate americane 80 calorie ogni 100 grammi
Crocchetta di patate – una – 200 calorie
Gli Gnocchi di patate hanno 156 calorie ogni 100 grammi
Il Gattò di patate ha 585 calorie (per porzione)
200 g patate, 10 g burro, 10 g parmigiano, 50 g mozzarella, 50 g provola affumicata, 20 g prosciutto cotto o crudo, 1/2 uovo, 5 g pangrattato, 2 cl.latte, prezzemolo, sale , pepe
………..e nell’eventualità volessi emulare Abramovich
Caviale 252 calorie ogni 100 grammi
Che precisione…certificata!!! Per fortuna che il personaggio ha di questi amici…
Caro Lello il ragazzo è viziato e crede di poter afrontare ancora impunememente certi stravizi.
Cerco, pertanto, di rammentargli i suoi limiti, che sono tanti.
Suggerirei comunque a Giancarlo di integrare la sua lista con una spumeggiante patata allo champagne.
Mi permetterei, se posso, di suggerire un’integrazione anch’io : -la patata-prosciuttata,
anche se, data la sua complessità, per digerirla bisogna essere dotati di stomaci strutturati, temprati a forza di Taurasi, non certo di Selosse…
Giancarlo ho appena assaggiato le tue mitiche patate al forno che hanno fatto furore in una recente serata. La prossima volta quindi se ne fanno due pirofile!
bellissimo post
una conferma