Pizzeria Salvo a San Giorgio a Cremano: la lezione della Pizzo-renza stampa
Si potrebbe chiamarla Pizzo-renza stampa, quella che ieri mattina ha portato un nutrito gruppo di giornalisti e operatori del mondo dell’enogastronomia regionale e nazionale a San Giorgio a Cremano (Napoli) presso la Pizzeria Salvo.
L’occasione è adatta al conio di un termine ad hoc.
Pizzo-renza, oltre a rendere l’idea di un incontro informale, con degustazione, per la presentazione del locale e delle sue specialità dà, probabilmente, meglio il senso di quanto la cosa sia inedita: una pizzería (si noti bene: una pizzeria!) di provincia, del vesuviano, convoca professionisti dell’informazione per presentare non un piatto nuovo, nè un prodotto nuovo, ma se stessa.
E non solo è nientepopodimeno, una pizza (o una serie di pizze) l’oggetto dell’incontro, ma addirittura l’incontro va sold out.
L’invito, Salvatore Salvo e suo fratello Francesco, lo spiegano semplicemente con il “farsi conoscere”. Ma la cosa è tutt’altro che banale.
Non fosse altro per il fatto che neanche loro, forti di tre generazioni di pizzaioli alle spalle, a questo punto della storia, danno, mostrando grande avvedutezza, nulla per scontato.
Il riscontro è adeguato: piena la terrazza, gran brusio di autorevoli commensali e scatti a ripetizione. Obiettivi puntati su frittatine, “scagliuozzi” di polenta e così via. Neanche fossero foglie di shiso, anguilla laccata, o che so io.
Seduta di fronte a una serie di colleghi – mentre si discettava dell’abbinamento con l’ottimo e pimpante Gragnano dell’azienda Sannino, si valutavano le due etichette del birrificio artigianale B1080, si studiava la passata di pomodoro utilizzata e si apprezzava l’equilibrio della mozzarella con l’ottimo filetto di Pomodoro biologico del Piennolo di Casa Barone, si osservava la bontà dell’impasto delle pizze e la vaporosità delle “paste cresciute” – per un attimo mi son detta “sta davvero accadendo”. E mi son ritrovata a sorridere ripensando al mio “Pizza anno zero” su Slow Food.
Si, i Salvo che ieri – con Margherita, Marinara con alici fresche, Margherita al Filetto, Pizza con Melanzane e fritta – hanno presentato un impasto fatto con sapienza, non sono che una coppia di giovani imprenditori e artigiani che è pronta a mettersi in gioco sulle orme dei vari Coccia, Pepe e Sorbillo.
Si va, così, compattando un gruppo solido di pizzaioli che sembra aver capito l’importanza del gioco di squadra e la necessità di crescere insieme (presenti Enzo Cacialli, Salvatore Grasso, Franco Pepe e Gino Sorbillo).
La strada intrapresa è quella giusta: ricominciare da capo imboccando il cammino degli ingredienti. Primo, perché la Campania ne ha una quantità e varietà incredibile e sono tutti da valorizzare; due, perché a Napoli la pizza è buona ovunque e non basta più questo requisito per essere tra quelli che portano alto, o più in alto, il nome di questa pietanza. Occorre avere, e dimostrare, una conoscenza superiore. Far parlare un territorio.
Andando avanti di questo passo, la selezione (sebbene in questo momento possa sembrare esserci spazio per tutti), si rivelerà durissima. E ben venga che sia così: si va a nuotare nel mare grande! Si perché, nel giro di pochi anni, sarà a logiche già dominio dell’alta ristorazione che si dovrà soggiacere. Salvo scriverne di nuove di pari caratura.
Occorreranno saper fare, tecnica, conoscenza, estro, ma anche buongusto, sensibilità e umiltà. Senza dimenticare mai, onde evitare di prendere un sentiero di non ritorno, la lezione degli antenati: la pizza si fa in pizzeria. Sul banco, dalla mattina alla notte inoltrata.
Ma – Dio ci scansi e liberi – non sarà la pizza gourmet l’esito di questo processo, dato che il solo accostare queste due parole svuota entrambe di senso. Ma una pizza più consapevole di sè stessa e non seduta sugli allori. Una pizza che, forte della sua storia, riprende a crescere lì dove i padri non hanno avuto tempo e capacità di andare a cercare: nelle sinergie con le altre eccellenze della regione. In cerca di eccellenza.
4 Commenti
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che orgoglio di sangiorgese, il mio! peccato solo che il Largo Arso (dove la pizzeria ha sede), una volta non così degradato, non sia ancora stato oggetto di una ristrutturazione radicale che renda giustizia al posto e migliori la vista di chi decide di puntare su Salvo e venire a S. Giorgio (e fa bene!)
Incontro per strada un amico che non vedo da parecchio e la prima esclamazione sarà prendiamoci un caffè” …dopo il caffe è la giusta conversazione ci salutiamo ….. e se l’incontro ci è piaciuto aggiungeremo: ci dobbiamo rivedere ……Andiamoci a mangiare una pizza”.
A Napoli per tanti la pizza rappresenta anche questo.
Qualche anno fa organizzammo un autobus da Bari per andare dai fratelli Salvo. Pizza fantastica e frittatine indimenticabili.
Anni fa chiesi ad un mio caro amico, nonchè grande intenditore di lievitati ( e quindi di vero impasto napoletano) dove potessi mangiare la “vera pizza” a Napoli. Mi sbolordì consigliandomi una pizzeria sita tra Portici e San Giorgio. Come, chiesi, tu, napoletano doc, conoscitore delle pizzerie con la P maiuscola mi mandi in provincia. Non si sbagliava (come al solito). Alla pizzeria Salvo mangiai la pizza come desideravo sempre mangiarla: fragrante, leggera e soprattutto digeribilissima. Come mio solito, dopo aver pagato il conto mi diressi al banco per complimentarmi con l’autore della pizza, oltre che per scambiarealcune opinioni (sono un appassionato di lievitati) ed ebbi modo di conocere Ciro Salvo. Era lui il “maneggiatore” degli impasti, quello che dedicava ore a sperimentare nuove metodiche (idratazioni, tempi d’impasti, quantità di lievito ecc).Ecco, sono queste persone che consentono la crescita e la rivalutazione di prodotti conosciuti in tutto il mondo, che s’impegnano affinchè il nome della città di Napoli sia legato ad eventi che non sono i soliti che girano ormai sui media di tuttto il mondo. Dalla lettura dell’articolo, postato qui sopra, dedicato ad un’iniziativa davvero intersseante, purtroppo, del nome di Ciro neanche l’ombra. Pare che si sia “momentaneamente” allontanato dalla sede di san Giorgio. Dovere di un cronista è quello di riportare correttamente gli eventi. Pur se assente Ciro Salvo ha contribuito non poco al decollo della pizzeria e quindi andava citato. D’altronde chi legge il quotidiano “La Republlica” ha modo di leggere sulla testata: “direttore Ezio Mauro” ma anche “Fondatore Eugenio Scalfari”