Pizza Women, Roberta Esposito una vita fra pizze da impastare e lavoro da impostare.
di Laura Guerra
Può un’intervista far mettere a fuoco all’intervistata un punto di vista fino a quel momento vissuto solo come una scelta importante quanto inevitabile? Il punto è un’idea precisa alimentata ad ogni servizio, un po’ figlia dell’incoscienza della giovinezza ma anche della chiarezza del progetto portato avanti senza cedimenti apparenti. Una rivoluzione del fare alla Contrada di Aversa con protagonista Roberta Esposito che l’autorevolezza se l’è conquistata in sala, al forno, al banco, in ufficio. Sequenza temporale lunga 30 anni, in cui oggi hanno uguale valore le definizioni di pizzaiola, manager, consulente, formatrice. Nel pieno di una consapevolezza e maturità in cui lei è cardine e snodo, riferimento e responsabilità, creatività e visione.
41 anni compiuti da poco, è cresciuta a La Contrada, storico ristorante di Aversa che il padre Walter rilevò nel 1996 quando lei aveva 13 anni. E La Contrada, al 52esimo posto di 50 Top Pizza Italia 2024, è cresciuta con lei che ha visto, voluto e dato una nuova impostazione ad un’insegna che mal si adattava al suo temperamento capace di intuire l’urgenza del cambiamento.
Nel primo decennio del Duemila la via semplice era di continuare con il menu di sempre: ottimo baccalà, buoni piatti cucinati, la pizza servita come antipasto. Una routine confortevole eppure a rischio, che connotava il locale come uno dei tanti. Lei intuisce che cambiare era l’unica strada da percorrere, l’audacia non le manca, considera l’immobilismo l’unico vero pericolo, per sé e per l’immagine dell’attività. Aveva imparato fra forno e banco a gestire tutte le fasi del servizio pizza, innamorandosi, senza ritorno, degli impasti. E sulla pizza punta, decisa e sicura, rendendola protagonista del menu e ragione per prenotare alla Contrada. Svecchia le sale e si fa motivatrice della brigata.
“Chi lavora con me – sottolinea – abbraccia il mio progetto e la mia visione di piatto e di accoglienza. Essere donna è un fatto, non uno svantaggio. All’inizio è stato un po’ complicato e il rispetto l’ho guadagnato sul campo, in un mondo abituato a riferirsi agli uomini soprattutto nelle decisioni, nelle responsabilità, nella firma dei documenti”.
“Il fatto che non seguissi lo stereotipo di chi la pizza la rifinisce – spiega – e che non fossi anche io solo una presenza decorativa era spiazzante. Non per gli ospiti che hanno sempre ben accolto il mio prodotto, ma per i fornitori, gli addetti delle ditte che seguivano i lavori di restyling, gli operai”.
In quanto ai profili della brigata, le piace selezionare i collaboratori affidandosi all’intuito affinato dall’esperienza, alla competenza acquisita in tante occasioni di consulenza e docenza.
“Spesso saper già fare aiuta ma non è fondamentale, quel che fa la differenza è l’attitudine verso la precisione, il miglioramento di sé e dell’esperienza del cliente e in questo vedo con piacere che le ragazze sono più determinate e meno condizionate dai pregiudizi di quando ho cominciato io”.
Pizzaiola, manager, capo e il passaggio da impastare ad impostare l’attività a tutto tondo sembrava troppo a molti, ma non a lei. Oggi è una professionista consapevole e pragmatica, pronta e matura per darsi e firmare nuovi obiettivi.
“Per fine settembre apriamo a Roma in zona Flaminia, il locale si chiamerà Marita, il momento è giusto per portare il mio progetto nella Capitale. Ho voluto un nome al femminile, suona bene, mi ci sento a mio agio”.
Tanto da farle continuare a vivere con serenità la riduzione del tempo per sé, grande sacrificio per tutti gli operatori del mondo del cibo, ma per le donne l’equilibrio richiesto dall’intreccio dei fili della professione e gli affetti è di gran lunga superiore.
“Certo la questione c’è, non lo nego, un’attività in proprio per mantenere qualità, soddisfazione dei clienti, sostenibilità economica, richiede una bella dose di abnegazione, energia, e sacrifici che ricadono anche su chi ci vuol bene. Certo nel mio caso la famiglia d’origine è supporto e rifugio, con mia madre Luciana che è il mio grande punto di riferimento ed esempio, mio padre che ha sostenuto la mia voglia di crescere, mio fratello Alessio che è chef e cura il reparto cucina, mia sorella che fa un altro mestiere ma c’è sempre. Quando parliamo di affetti personali, di cuore, d’amore o d’amicizia la questione si complica”.
• Intrigo irrisolvibile?
“Solo se lo guardiamo senza agire. Io provo a mettere al centro il rispetto per me e per chi lavora con me, ragionando su orari e regole di lavoro sostenibili per tutti. Certo per noi donne i pregiudizi da abbattere sono ancora tanti, ma vedo una grande consapevolezza nelle ragazze che hanno più chiaro di noi la divisione fra tempo di vita e tempo di lavoro; è un punto di vista diverso che può portarci a fare azioni utili a tutto il settore. Confrontarci su questi temi potrebbe essere costruttivo”.
Ed ecco che, anche nel porsi senza volerlo come modello d’ispirazione, Roberta Esposito ricorre ad immagini che rimandano all’operatività di una abituata a riflettere facendo. Con la precisione che le è propria, come la rotondità di un disco figlio di un punto di pasta perfetto.
Photo credits ©️ Alessandra Farinelli per 50 Top Pizza