Pizza Romana Day, dieci comandamenti per convincere Roma a fare anche la “tondarola”
Il Pizza romana day, organizzato da Agrodolce in collaborazione con Repubblica Sapori e Green Style, è stato un momento di riflessione, per me, più su quello che è lo stato dell’arte della pizza nella capitale d’Italia, che su uno stile. Uno stile di pizza, quello romano, che ai più ricorda la pizza in teglia venduta al taglio, come ha sottolineato Davide Fiorentini nel suo intervento. Invece si parlava di quella tonda, bassa e scrocchiarella, stesa con il mattarello, nata tra gli anni 50/60 del secolo scorso. Pizza che serviva a sfamare nell’immediata povertà del dopo guerra e che dava la sensazione “dell’uscita” anche ad un pubblico povero di mezzi. La lievitazione era approssimativa, non più di 3/4 ore e poi, un’ora dopo, lo “staglio” (la formazione dei panetti). Queste le riflessioni precise e appassionate di Giancarlo Casa.
Sui numeri, la provincia di Roma (dati FIPE) ha circa 15000 attività commerciali che servono pizza (non pizzerie, ma attività che includono bar e tavole calde etc), sull’opportunità di dare a questo stile di pizza dei parametri ben precisi l’intervento di Enzo Coccia.
Onestamente la riflessione che ci viene di fare, a freddo, è che con questi numeri così importanti, Roma è uno dei grandi buchi neri nella qualità della pizza in Italia. Ovviamente non parliamo delle punte, artigiani bravissimi con alcune eccellenze assolute, però con questa quantità di attività impegnate a fare pizza, noi con 50 top pizza ne abbiamo individuato solo 64, come a dire una rondine non fa primavera. Una città con una vocazione così turistica come Roma, porta tanti improvvisati e avventurieri ad investire in pizzerie e nel campo della ristorazione in generale, spesso creando vere e proprie anomalie nel mercato. La qualità, riflettendo attentamente sui numeri, pare essere davvero una goccia nell’oceano.
I 10 punti del Manifesto della Nuova Pizza Romana, che ho anche firmato, possono essere un buon punto di partenza, più che per rivitalizzare uno stile di pizza, per rivitalizzare il movimento pizza nella, punte d’eccellenza a parte, che ci sembra abbastanza livellato verso una scarsa qualità.
1. La Storia:
A Roma, la pizza era quella dei forni la cui metamorfosi è oggi conosciuta come pizza in teglia. Negli anni ’50, timidamente, qualche pizzeria al piatto che offriva vino sfuso e birra si era affacciata sul mercato e finalmente, nei 60, l’invasione ebbe inizio. Si trattava di luoghi popolari il cui unico scopo era tener bassi i prezzi e servire velocemente la clientela: con queste condizioni di partenza, la qualità era oggettivamente rara. Negli anni ’90 le cose iniziarono a cambiare con un primo passo verso la ricerca negli impasti e la scelta delle farine. Cambiamento che negli anni 2000 prese connotazioni precise fino a portare all’attuale rivoluzione.
2. Descrizione:
La nuova pizza romana è una pizza bassa con una consistente nota croccante. È condita fino al bordo. Il disco deve essere di circa 30 centimetri di diametro, non ci sono tracce di farina sul bordo o sulla base.
3. Impasto:
Nella nuova pizza romana non è determinante l’impasto o la metodologia con cui si realizza, quanto il risultato finale. Lo si può ottenere tramite diverse tecniche, come gli impasti diretti o indiretti. Non è più accettabile il vecchio sistema dell’impasto a riposo per 3 ore perché senza maturazione non si garantisce digeribilità. La maturazione deve avvenire tra le 8 e le 24 ore, e anche oltre. L’utilizzo delle farine è anch’esso a discrezione del pizzaiolo ma deve cambiare a seconda della tipologia d’impasto. Gli ingredienti sono: farine, acqua, olio, sale, lievito di birra. Il panetto pesa tra i 160 e i 190 gr e va formato almeno 4 ore prima dell’utilizzo.
4. Condimenti:
La nuova pizza romana è icona di libertà e fantasia, ma non può e non vuole dimenticare le pizze antiche, quelle che ne hanno costruito la storia. Nel menu delle pizzerie che la propongono dovrebbero essere sempre presenti: Margherita (pelati o polpa di pomodoro, fior di latte), Napoli (pelati o polpa di pomodoro, fior di latte, filetti di acciuga), Capricciosa (pelati o polpa di pomodoro, fior di latte, funghi solo su metà pizza, un carciofino sott’olio spaccato a metà, mezzo uovo sodo, 4 olive nere, una fetta di prosciutto crudo), Funghi (champignon tagliati sottilmente, pelati o polpa di pomodoro, fior di latte facoltativo, prezzemolo. In caso si tratti di una pizza rossa senza mozzarella, in aggiunta possiamo prevedere aglio e un giro d’olio). Fiori (alici, fior di latte, fuori di zucca), Calzone romano, facoltativo (fior di latte, prosciutto crudo, tuorlo d’uovo). Oltre alle classiche, il menu si compone di pizze condite in modo originale, personale e creativo, dove l’unica cosa che conta è l’estro del pizzaiolo e l’utilizzo di ingredienti di assoluta qualità.
5. Spianatura:
L’impasto viene steso a mano se siamo in presenza di impasti a lunga maturazione. Con maturazioni brevi è concesso anche l’uso del mattarello. Dopo la stesa, la forma dell’impasto è tonda e sottile, pronta per essere condita prima di entrare in forno, possibilmente con tutti gli ingredienti. Unica eccezione è per gli ingredienti che soffrirebbero troppo l’alta temperatura, come il prosciutto crudo e le guarnizioni. Importante: tutti i residui di farina devono essere eliminati dalla base del disco prima del condimento.
6. Cottura:
La cottura della pizza romana è fatta in forno a legna o forno elettrico ad una temperatura tra i 340 e i 380 gradi, per un tempo che oscilla tra i 2 minuti e mezzo e i 3 minuti. All’interno del forno le pizze vanno seguite e girate per cuocere in maniera omogenea.
7. Cornicione:
ASSENTE. O appena accennato.
8. Aspetto finale:
La nuova pizza romana si presenta al piatto di forma tondeggiante, sottile alla vista, fragrante, croccante nelle intenzioni. Il colore deve essere dorato, con lievi note di tostatura, possibilmente assente di bolle nere.
9. Competenza:
Nnelle pizzerie che propongo la Nuova Pizza romana non è solo la figura del pizzaiolo a dover essere competente e professionale. Per raccontare dignitosamente questo prodotto, ogni persona, dal proprietario ai ragazzi in sala, devono essere in grado di spiegare in modo esaustivo ingredienti, provenienze, ricette e proporre abbinamenti validi anche per quanto riguarda il beverage. Non è consentito, come si faceva un tempo, lanciare le pizze sul tavolo e forzare impunemente il ricambio degli ospiti. Sono però ben accetti i due turni di servizio per poter ospitare al meglio il maggior numero di persone.
10. Fattore umano:
Nelle nuove pizzerie romane si cerca di evitare gli sprechi alimentari, si valorizza la stagionalità degli ingredienti, si sostengono – ove possibile – i produttori locali. Soprattutto ci si comporta in modo etico e corretto nei confronti di fornitori, persone, clienti, personale.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Ho abitato a Roma per circa dieci anni,e di pizzerie romane ne ho provate diverse e tutte,dico tutte,si differenziavano per composizione,lievitazione,e struttura e concezione.Si passava dalla similnapoletana,alla quasi krachers alla tipo piadina ……Ben venga dunque il catalogo per ridare dignità ad un piatto popolare ma comunque semplice e portabandiera nazionale.In virtù.soprattutto in una città eminentemente turistica come Roma,delle innumerovoli sconciezze,che purtoppo decine di pizzerie sfornano quotidianamente.