Pistoia, ristorante Aoristò


Massimo Neri con il sous chef Vincenzo

di Giancarlo Maffi

Pistoia è una piccola città, non lontana da Firenze, sulla strada per la Versilia. Montecatini, feudo di Ciomei ma anche paradiso di gnocche stellari( almeno un quarto della popolazione parla russo) è  di strada verso casa mia. Insomma venire qui non è un’impresa, quando i due ristoranti versiliesi da me preferiti sono chiusi  o quando mi voglio svagare con piatti sommessamente inclini ad una cucina stilisticamente e anche esteticamente contemporanea ma sempre ben piantata nel territorio. Forse non avevano altra soluzione oppure questa era l’idea, gli investitore che decisero di aprirsi verso il cielo, lassù all’ultimo piano del cinema Globo, in pieno centro, vista sul duomo. Un sottotetto dove non si rischia di sbattere certo la testa e nemmeno il portafoglio. Travi in ferro, per nulla fastidiose, giochi di luce e di temporali, bei tavoli comodi. Alle pareti opere d’arte contemporanee, che qui si organizzano mostre ad ogni piè sospinto. Bagni moderni e pezzi di design. Personale gradevolissimo, mano leggera non seriosa nell’accoglierti. Quindi l’animo si predispone bene ad una serie di piatti deliziosamente proposti, dopo un piattino con focaccia delicata e olio da premio.

Pistoia vista dall'Aoristò

La carrellata parte dal recente passato, per ricordare un paio di piatti che non sono più in carta ma assolutamente degni di nota:

Bello il pugno nello stomaco di  SGOMBRO E BURRATA: dolce grassezza del lato bianco che si scontra violentemente sulla cipolla marinata e si riequilibra sul pesce, delicatissimo. Il croccante del fagiolino completa le consistenze: la morbidezza non alberga in questo piatto. Molto buono.

Gli scampi

SCAMPI ALLA PIASTRA: fusioniamoci, perdio. Attenzione all’ardesia con la quale potreste ustionarvi anche i piedi. Bello il gioco dall’altro mondo con spaghetti di riso sapidi per contrasto sugli scampetti appoggiati crudi. Questa è la fusione che ci piace: comprensibile e percepibile da un palato occidentale.

RISO NERO: definizione semplice per una esecuzione finalmente di livello a queste latitudini. La maledizione del fiume, come la chiamo io sotto il Po niente risotti, viene finalmente qui smentita da una esecuzione notevole. Morbidezza di gusto nella sapidità, perfetta croccantezza del chicco finalmente non violentato da una cottura da omicidio e definitivamente bello il passaggio ghiacciato della tagliatella di seppia : BRAVO’  allo chef.

Ora si va con i piatti dell’ultima visita, la scorsa settimana:

La cappasanta

Deliziose le CAPPESANTE E BROCCOLI IN DUE MODI, perfetto connubio fra la dolcezza iodata della san giacomo e le sensazioni minerali dell’ortaggio.

La trota

Con mano leggera l’ affumicatura della TROTA, SALSA DI FINOCCHIO E SPINACI, di cui si avverte la golosità sapida del pesce temperata in dolcezza dall’ortaggio in salsa.

Lingua con canocchie

Violento, estemporaneo e alla fine scentrato l’accostamento fra LINGUA, CANOCCHIE E CAVOLFIORI. A parte la concettualità estrema il piatto necessitava di un utilizzo più cauto del crostaceo. Anche la lingua, asciutta per non dire stopposa ha fatto la sua parte, purtroppo. Pollice verso, l’unico.

Lo spaghetto con ostrica e castagne

La  fotografia non può essere  divulgativa a causa dei colori smorti dei componenti utilizzati, ma vi assicuro che  lo SPAGHETTOSTRICA E CASTAGNE è costruzione ardita, golosa e ruffiana ma da far saltare il banco.

Il risotto

AHHH, il risotto.  Massimo Neri non mi delude mai. Non che, sempre toscano rimane, i suoi assurgano a finale del campionato del mondo. Però sono notevoli, anche concettualmente e nei giochi estetici. Lo chef ama l’arte e quale miglior tavolozza se non un risotto nel piatto?

E’ quindi inevitabilmente bellissimo l’ ACTION-RISOTTO, GAMBERI E PEPERONE ARANCIONE.  Aerografia al nero, cottura perfetta, morbidezza estrema. Forse un filo di grinta in più nel peperone sarebbe necessaria, se vogliamo cavillare.

Buoni ma un mezzo livello sotto gli gnocchi con baccalà e crema di carote. Il pesciazzo, delicatizzato, richiede una nota più forte, almeno acidula se non speziata. Quisquilie, forse.

Tempura di alici e verdure

Di buona scuola e fattura la FRITTURA DI ALICI E VERDURE

Coscia d'anatra speziata

Notevole di qualità e perfetta di cottura la COSCIA D’ANATRA SPEZIATA, proposta con indivia belga e una contrastante confettura d’arancia. Finalmente sapori veri dopo le infinite sequenze di cotture a basse temperature che tutto uniformano e spesso appiattiscono.

Jessica Adami

Per il lato dolci, qui ragguardevoli non poco, lascio la parola alla compagna di pasto, Jessica Adami, alla quale stiamo cercando di ricostruire una sensibilità gustativa accettabile, avendola strappata, spero in tempo, alle grinfie della cucina in precipitosa discesa di una famosa enoteca pietrasantina. Interessata con discrezione e passo lento al pasto, mi prende letteralmente in contropiede al momento dei dessert, dove perde ogni ritegno letteralmente tuffandosi sulle due proposte e non permettendomi quasi nemmeno un assaggio. Le descrizioni sono un po’ naif, è vero, ma la signora è giovine. Si farà e poi la volevo presentare perché sono in serbo sorprese. In cucina ci sa fare…….

Quasi una sacher

QUASI UNA SACHER

“Dolce destrutturato. Una spugna di delicato cioccolato appoggiata su confettura di albicocca  affiancata da una mousse di gelato alla panna. Equilibrio perfetto, di non eccessiva dolcezza, al contrario della ricetta originale, sempre un poco stucchevole.

Perde però il confronto con l’altro, PANE, CREMA E UVA, golosissimo insieme di sensazioni caldo-freddo. Il tutto raccolto con l’aiuto di  un pan briosche fantastico”.

Che bere? Il compromesso perfetto: una boccia di champagne, possibilmente rosè…

VOTO : 15,5/20

Pistoia
Via De’ Buti, 11

www.aoristo.it
Aperto a pranzo e cena. Chiuso domenica e lunedì. Ferie due settimane in agosto.

25 Commenti

  1. 1) Raramente ho visto in rete foto di piatti altrettanto brutte

    2) Quando il Maffi è in buona e dolce compagnia oltre a non riuscire a fare foto decenti mi diventa anche maggiormente concreto e sintetico : bel pezzo, diretto, conciso, concreto.

    Ciao

    .

  2. Jessica, sulla sensibilità gustativa gastronomica, nulla quaestio, sei in buone mani, anche se un filino troppo tendenti all’evanescente nella propria concezione filologica… Su quella …eno, un po’ meno …visto anche l’abbinamento cibo-vino qui propinato!!! ;-))

    P.S. Attenzione, Jessica, non farti abbindolare con qualche ” patac (si, si proprio patac) philippe” che ormai non batte più il tempo giusto… ;-)))))))))))))))))))))

  3. Credo che ci sia un articolo della Costituzione, o almeno un comma, un quinquies che sancisce che non è possibile scrivere “iodato” senza incorrere nei rigori della legge.
    Ora certo il dettato della Carta e poi lo copincollo.

    Per il resto, confido che Lido possa fare qualcosa per te.

    1. Bisognerebbe interpellare l’esperto in sapori iodati, Dott. Guardiano del Faro, perchè ha diverse idee interessanti sulle accezioni della parola “iodato” nonchè della parola “salmastro/a”.

  4. Quando si fanno mille mila chilometri per andare al Mandarin Oriental di Hong Kong, all’epoca miglior ristorante cinese della Cina, per assaggiare, prenotandolo il giorno precedente, il “pollo del mendicante”. O quando si passa una brutta nottata dopo il primo “uovo dei centanni” assaggiato. O quando ancora, sempre a Hong Kong, si fanno due cene nella stessa sera per provare un ristorante tradizionale cinese ma senza rinunciare a un paio di piatti allo Spoon di Alain Ducasse. Quando la passione per le culture gastronomiche del mondo è questa, la cucina fusion assume significati e valori di grande rispetto. af

  5. Posso esprimere commozione per lo slancio filantropico dimostrato coralmente dai tre Maffi?

  6. Ai tempi del Liceo aver a che fare con l’aoristo greco erano brutte gatte da pelare. Un tempo verbale che tendenzialmente si pone puntualmente nel passato, ma che in diverse forme scavalla tranquillamente il senso del tempo collocandosi agilmente tra passato, presente e futuro. Considerare la tradizione, i prodotti locali e catapultarli nel futuro della commistione sia gastronomica che artistico-pittorica mi sembra, nelle intenzioni, cosa intrigante. Accentare la “o” finale sembra richiamare la sicurezza, al di là della grammatica, di uno che aspetta a gambe ben piazzate a compasso tra passato e futuro. Impressioni eh…
    Vedi dove ti porta lo sfrucugliamento mentale: poi magari significa “al ristorante” in dialetto dell’appennino tosco emiliano a cavallo dell’Abetone ;-)

    1. il gioco c’è…nel tempo tra passato e futuro e nel toscoemilianismo…grazie, centrata l’idea

  7. Tu sei il cliente ideale Fabrizio, e quelle conocchie cavalcano la lingua nella stessa similitudine geografica che hai dato tu ma, seppure è vero che bisogna provare prima di parlare, io credo che non glielo abbia detto ancora nessuno che quelle conocchie stanno meglio se poggiate su una fetta di pane sia artisticamente che gastronomicamente.

  8. Si si si Stefano devo assolutamente intervenire. Ma il Maffi è uomo che recupera e se recupera, vedrai le prossime foto.
    Un bravo allo chef veramente ottimi piatti, li immaginamo ma va bene ugualmente. Ciao Lido

      1. Additare una signorina come quella “con le bocce” non è molto elgante…..sei pregata di non usare un linguaggio da osteria !
        :-)))

        Ciao

        1. Dovrei capire dalla tua risposta che si tratta di due bottiglie di acqua dato che non hai riconosciuto il liquido potabile che in esse è contenuto.

  9. Piano piano, pacatamente , serenamente, come piace a noi, marzulliamente ed anche qualunquamente, mi permetto di fare notare ai lettori l’occhio smarrito, quasi “appitonato” di Jessica Adami.

  10. Ma quale proditoriamente, ormai si è capito che Maffi sa usare il grandangolo meglio in piedi che da seduto.

  11. Confessatamente, qualunquemente, ed anche affettuosamente e colpevolmente dichiaro che iinvolontariamente ho associato lo sguardo di Jessica, che spero non abbia ad adirarsi per le nostre battutacce, a quello di Kaa nel ” Il libro della giungla”.
    Ricambiatamente ricambio i saluti di carissimamente caro Lello.

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