Pier delle Vigne 1991, la prima volta di Botromagno
C’è poco da fare, il tempo è l’ingrediente più affascinante di un vino. Naturalmente non tutte le etichette vecchie sono buone,ma quelle che riescono a superare tutti i problemi acquistano immediatamente un vantaggio emotivo che solo un vero appassionato può apprezzare. Forse proprio la capacità di bere il tempo distingue alla fine un bevitore sapiente da uno goloso. Stappare il Pier delle Vigne 1991 di Botromagno, stiamo parlando della prima annata pensata da Severino Garofano per la famiglia D’Agostino, è stata davvero una bella emozione.
Chiuso in bottiglia per tutto questo tempo, non è un luogo comune dire che il rosso ottenuto da un blend di Aglianico, Montepulciano e Nero di Troia ha dovuto respirare molto ossigeno prima di esprimersi al meglio. Infatti il giorno dopo la caraffa aperta ci ha restituito un vino vivo e vegeto, dotato di una buona spalla acida, capace anche di sostenere con il piglio giusto gli abbinamenti della tavola di Natale, capretto con patate al forno per capirci.
Parliamo di un’altra epoca, in cui prevalevano i blend e il ragionamento fu quello di considerare il territorio onirico di Gravino, non lontano da Altamura e Matera, quasi un punto di incontro tra l’Aglianico del Vulture, il Montepulciano dell’Abruzzo e il Nero di Troia della Puglia. Un gioco come se ne facevano tanti, poi modificato eliminando proprio l’uva pugliese nelle annate successive. A cosa servono queste stappate? A confermare un potenziale ancora totalmente inespresso dalla maggioranza dei rossi del Sud dove sono veramente poche le aziende che riescono a stoccare il tempo resistendo alle pressioni commerciali. Ma quando questo avviene, allora davvero non ce n’è per nessuno. La bevuta del 1991 ribadisce il Pier delle Vigne è un rosso che va dimenticato per qualche anno prima di essere bevuto. Quanto dimenticato? Beh, visto il risultato, fate voi.
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