15 anni di Piedirosso del Vesuvio alle Cantine Sorrentino di Boscotrecase
di Marina Alaimo
Sono in via Frùscio i bellissimi vigneti della cantina Sorrentino, a Boscotrecase, infatti qui spira sempre il vento che permette di passeggiare tranquillamente tra i filari anche quando il sole picchia. Questa giornata di accoglienza e condivisione è stata voluta per comunicare il grande valore racchiuso tra i 30 ettari dell’azienda, percepibile in maniera piena solo se ci si viene di persona. C’è ancora tanta pigrizia verso il Vesuvio che tutto sommato è alle porte di Napoli, servito molto bene dall’autostrada Salerno – Reggio Calabria e, convinti i visitatori ad arrivarci, rimangono puntualmente senza parole. Proprio come in questo tiepido pomeriggio di aprile: durante la passeggiata lungo i vigneti c’è un gran silenzio tra gli ospiti, non perché non abbiano nulla da dire, ma la loro attenzione è totalmente rapita dalla bellezza del luogo. Per chi ci viene spesso è un effetto atteso e scontato.
C’è Benny a fare da guida, ormai ha acquisito una piena competenza e conoscenza della storicità dei vitigni, del loro comportamento in viticoltura e delle tecniche da adottare per valorizzarli al meglio. La storia straordinaria di questi luoghi sta nel fatto che hanno preservato moltissime tracce millenarie della viticoltura, così esordisce l’ampelografa Antonella Monaco in questo incontro di approfondimento sui vini del Vesuvio. Ce lo ricorda l’affresco pompeiano di Dioniso vestito di acini d’uva con alle spalle Vesevo ricoperto di viti legati ai pali di sostegno, così come l’immenso cellario della villa romana di Somma Vesuviana dove, attraverso i numerosi dolia della capacità tra i 1.000 e i 1.400 litri, si è stimato che fosse concepito per produrre 80 – 100 mila litri di vino all’anno.
E di siti destinati alla produzione di vino in epoca romana, ma anche nelle successive, ve ne erano tantissimi. Per quanto riguarda il piedirosso, è questo un termine piuttosto generico che riunisce vitigni dal raspo di colore rossastro, accorpando quindi numerose varietà. Vincenzo Semmola nel 1847 fu incaricato dal Reale Istituto di Incoraggiamento di fare uno studio approfondito sulla vitivinicoltura del Vesuvio e descrisse 112 varietà tra le quali la palommina dal grappolo minuto e compatto con acini dal diametro di mezza oncia, meno di un centimetro, ma il piedirosso che noi conosciamo oggi non rientra in questa descrizione. Giuseppe Froio nel 1876 nel testo “L’avvenire dei vini d’Italia” riteneva che questo vino invecchiando assomigliasse molto al Beaujolais , e su questo ci troviamo. Quindi nell’arco dei secoli, anzi dei millenni, in seguito alla ciclicità delle eruzioni, molte cose cambiavano nel reimpianto delle viti.
Oggi il piedirosso nel vesuviano è il vitigno a bacca rossa più diffuso e grazie alla presa di coscienza di alcune aziende, come appunto quella dei Sorrentino, si sta valorizzando molto vinificato in purezza con tecniche adeguate ai suoi capricci manifestati sia in vigna che in vinificazione. E’ poco produttivo, motivo per cui in altre zone della Campania è scomparso, mentre nelle aree vulcaniche, dove la fillossera non ha fatto danno, ha continuato a sopravvivere. Oggi quelle piante a piede franco rappresentano una risorsa immensa, sia per la storicità dei luoghi che per l’identità dei vini prodotti. Sempre Antonella ci spiega che la bassa produttività è dovuta al ritardo della perdita del cappuccio del fiore, sul quale invece in passato i contadini agivano manualmente per eliminarlo e quindi favorire l’impollinazione. Attualmente si interviene con tecniche di potatura mirate e Carmine Valentino, enologo aziendale, ha scelto il cordone speronato per aumentare la fruttificazione e favorire la maturazione dell’uva e quella fenolica. Anche la scelta di raggiungere una piena maturazione è importanteal fine di ridurre i sentori verdi nel vino.
Mentre in cantina si è capito che il piedirosso teme le riduzioni e quindi evita tale condizione per permettergli di esprimersi in maniera autentica e pulita. Sta di fatto che questi vini sono unici per la posizione geografica dei vigneti che si sviluppano lungo la schiena del Vesuvio, su suolo vulcanico molto sciolto e drenante, ad una altitudine che va dai 300 ai 550 metri, e la piena apertura verso le coste del golfo di Napoli e della penisola sorrentina favorisce una ventilazione costante. Durante la verticale condotta da Nicoletta Gargiulo, presidente AIS Campania, è soprattutto il territorio ad emergere nelle diverse annate, poi il cambiamento di stile e l’andamento climatico hanno declinato le differenze. L’assaggio 2015 è dell’etichetta 7 Moggi, dove il piedirosso in purezza è vinificato solo in acciaio e questo gli consente di manifestare profumi intensi e croccanti di fiori e frutti, è viola e ciliegia, ma anche lampone e more, sottile il tocco minerale, all’assaggio risulta estremamente piacevole e saporito, snello e scattante per la freschezza vivace e lungo sui toni sapidi. Frupa 2013 è prodotto sempre con piedirosso in purezza, ma fa un leggero passaggio in legno, mantiene i sentori freschi e croccanti del vitigno, in apertura è minerale, poi tanto frutto di ciliegia, geranio e accenti speziati un po’ dolci, si ritrova la piena bevibilità di questo vino vesuviano, succoso e agile, con tannini eleganti che lo rendono dinamico insieme alla freschezza cristallina. Elegante Frupa 2011, un gran bel vino che ha trovato il suo giusto tempo per esprimersi in tale misura, al naso richiama la grafite, poi ciliegia e geranio, ha carattere il sorso mantenendo il passo sinuoso e agile, leggero e pronto allo scatto. Il millesimo 2007 è un Lacryma Christi da piedirosso, lo stile è diverso, meno preciso, ma racconta con puntualità il territorio, appena balsamico e fruttato nei toni dell’amarena, è terroso e, aspettando con pazienza i suoi tempi molto slow, si rivela interessante, preserva la sua energia all’assaggio con acidità integra chiudendo su toni appena amari. Il Lacryma Christi 2000 è una sfida con il tempo.
Qualcuno ancora sostiene che il piedrisosso sia vino da bere entro i 4 – 5 anni. Non avrà la longevità dell’aglianico, ma vinificato nella giusta maniera può tranquillamente almeno raddoppiare questi tempi – il limite è in chi non ne ha avuto fiducia e pazienza da investire. Sa di visciole e liquirizia, non dice molto di più, sorprende poi il sorso, vivo, pulsante, fresco oltre le aspettative. Conclude Luciano Pignataro che ha moderato questo incontro istruttivo e incoraggiante, lanciando un invito ed un monito allo stesso tempo ai ristoratori, gli ambasciatori dei vini e dei prodotti, ad offrire maggiori possibilità alle etichette del proprio territorio, dedicando loro una posizione di privilegio, specie quando si esprimono in maniera così interessante, favorendo un sistema di rete pienamente collaborativo , l’unica via possibile per sostenere la crescita, sfruttare al meglio e con intelligenza le grandi risorse che abbiamo a disposizione.
L’Azienda Agricola Sorrentino ha sede in via Casciello 5 Boscotrecase NA
www.sorrentinovini.com