Pescatori e ristoratori calabresi si arrendono al coronavirus


Aragoste calabresi della secca di Amendolara

Aragoste calabresi della secca di Amendolara

di Fabiola Pulieri

Sono ormai settimane, dall’inizio di questa pandemia, che si susseguono richieste di aiuto da parte di pizzaioli, ristoratori, imprenditori del settore legato al cibo e al vino e sono molteplici le idee proposte da tutti per sostenere il mercato, a cominciare dal delivery di generi alimentari e piatti pronti che ha coinvolto anche il comparto agroalimentare. Ma in tutto ciò una categoria che sta veramente soffrendo e non ha ancora avuto voce è quella dei pescatori che stanno gridando dalle barche ormeggiate, a una sorda platea, tutta la loro paura. A richiamare l’attenzione sull’argomento sono proprio i ristoratori, amici di questa categoria che fino a dieci giorni fa riforniva i locali in tutta la penisola, come racconta Valerio Laino giovane ristoratore/imprenditore calabrese che già da due settimane ha abbassato la serranda del suo ristorante a Roma ed è tornato in Calabria per seguire una piccola azienda agricola e una che produce pasta fresca.

Valerio Laino

Valerio Laino

Valerio, poco più che trentenne, a Roma ha aperto il suo “Peperoncino d’Oro” in zona Monti una decina di anni fa e ha fatto sacrifici, ha sempre pagato il personale e l’affitto e soprattutto si è costruito una clientela con fatica in una città con un’ampia scelta nell’ambito della ristorazione e una vasta concorrenza. Il suo punto forte? La materia prima, tutta o quasi proveniente dalla sua terra natia: la Calabria. Ortaggi, pasta fresca, farina, olio e soprattutto pesce. Valerio, sin da ragazzo, ha sempre frequentato il molo di Trebisacce, comune dell’alto Jonio cosentino, località nota per le pescherie e per il pescato, estate e inverno, garantito da tanti pescherecci che ogni notte vanno in mare e tornano la mattina carichi e ricchi di ogni ben di Dio. Valerio quando ha aperto il suo ristorante lo ha fatto sapendo di avere proprio i pescatori come punto di riferimento, oggi purtroppo il coronavirus ha fermato tutto e tutti: lui e anche i suoi amici! Il giovane chef inizialmente, quando era ancora a Roma, pur di mantenere in piedi l’attività è andato a Fiumicino ed ha cercato di acquistare lì il pesce necessario a realizzare piatti pronti per il delivery e per due giorni c’è anche riuscito, il primo giorno racconta di essere tornato a Roma con il furgone pieno di prodotti ittici acquistati per soli 30 euro, ma poi la richiesta di piatti preparati con il pesce fresco è drasticamente calata, è aumentata la diffidenza di molti clienti e alla fine ha desistito anche lui.

Molo di Fiumicino semi vuoto

Molo di Fiumicino semi vuoto

Ha abbassato la serranda ed è tornato in Calabria, dove ha iniziato a proporre la pasta fresca ai rivenditori abituali che però nell’arco di pochi giorni hanno chiesto di poter fare il reso e così oggi Valerio ha quasi fermato anche la produzione di pasta fresca oltre ad aver perso le vendite di confetture e prodotti agricoli sott’olio che da anni spediva in Lombardia e in tutto il nord Italia. Ora ha molto tempo a disposizione per parlare con i pescatori di Trebisacce, i suoi amici di sempre, quelli che abitualmente sentiva perché gli procuravano il pescato per il suo ristorante a Roma, quelli che la mattina alle 5 lo aspettavano per caricargli nel furgoncino frigo le cassette che lui stesso, dopo aver viaggiato una notte intera, si riportava nella Capitale e preparava a pranzo e cena ai suoi clienti affezionati.

Molo di Trebisacce vuoto

Molo di Trebisacce vuoto

La telefonata di oggi l’ha fatta ai proprietari delle due pescherie Corvino a Trebisacce che gli hanno comunicato la chiusura definitiva perché le barche sono tutte ferme e le seppie pescate ieri sono state inevitabilmente congelate in quanto invendute. Stesso iter l’ha vissuto Michele Rizzo, chef e patron del ristorante “Agorà” a Rende che ha chiuso per il decreto del Governo ma anche perché, negli ultimi giorni, già non riusciva più ad approvvigionarsi della materia prima che contraddistingue il suo locale: il pesce fresco.

Michele Rizzo

Michele Rizzo

Michele ha sette dipendenti nel suo ristorante e negli ultimi anni ha avuto tante soddisfazioni, ricevuto riconoscimenti e menzioni in tutte le guide principali del settore. Nel 2019 in particolare il ristorante Agorà ha investito molto sulla carta dei vini e sulle bollicine ed ha implementato la sua cantina. “Oggi” – afferma lo chef Rizzo – “non ho difficoltà a ripartire da zero, sono abituato a fare sacrifici, ma so già che non potrò tornare a fare i piatti che facevo prima, perché non so se potrò permettermi di acquistare le materie prime che usavo e che hanno un costo che forse non potrò più permettermi di sostenere”. La cucina dell’Agorà aveva in carta piatti di pesce crudo e si basava sulla freschezza e la stagionalità del pesce, materia prima di cui la Calabria è ricca e che nell’alto Jonio ha due poli importanti di approvvigionamento: Schiavonea-Corigliano e Trebisacce-Amendolara. Anche Michele Rizzo continua a sentire i suoi fornitori e pochi giorni fa ha parlato con Gaetano, il ‘re della pesca’ di Amendolara, che gli ha detto di aver chiuso il suo banco al mercato del pesce perché non va più nessuno a comprare, non ci sono clienti. Gaetano e la sua famiglia sono famosi in tutto il nord della Calabria per la qualità del loro pescato, perché in estate trovano le aragoste e in inverno le famose seppie, che dimorano sulle pietre e sono prive di sabbia. I suoi pescherecci negli ultimi giorni sono usciti per poi fermarsi in porto e lasciare il passo alle barche più piccole che a loro volta dopo pochi giorni si sono dovute definitivamente fermare. L’unico che ancora esce in mare aperto è il cugino di Gaetano che vive a Corigliano e va a pesca di gamberi viola, i pregiatissimi crostacei spesso introvabili che abbatte direttamente sulla barca, dei quali probabilmente ora sta facendo scorta per i momenti in cui il mercato glieli chiederà nuovamente. La preoccupazione dello chef Rizzo è nelle ingenti perdite che il coronavirus gli ha creato anche con l’annullamento di feste di laurea, matrimoni e cerimonie che in primavera e in estate animano il suo locale, ma la positività nell’affrontare l’emergenza sta tutta nella sua visione futura della cucina italiana che secondo lui si concentrerà sulla valorizzazione del prodotto locale grazie ad uno o due ingredienti al massimo. “In Calabria abbiamo talmente tante materie prime di qualità che è già difficile conoscerle tutte e poterle cucinare al meglio, quindi di certo non ci mancheranno gli ingredienti” afferma Rizzo “quello che farà la differenza nella cucina del dopo coronavirus sarà il rispetto della materia prima, nel nostro caso del pesce, dal punto di vista organolettico ma anche nutrizionale perché la cucina come l’abbiamo intesa fino a ieri non esisterà più, saremo tutti proiettati verso una cucina semplice, di ritorno alle origini e soprattutto attenta alla salute”.

Un commento

  1. saluto i mie amici ristoratori e colleghi chef siamo tutti nella stessa barca, anche nel io locale si lavora moto i pesce fresco proveniente da Trebisacce e Schiavonea si lavora oto col pescato del giorno…..grazie saluti
    Chef Carlo Pellicano

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