Peppe Guida su Netflix per Chef Table: il Papa della pasta racconta una storia vera, non inventata


Chef peppe Guida

Peppe Guida nel docufilm di Netflix

Noodles e Spaghetti è la nuova serie di Chef Table che vede protagonisti quattro cuochi: Evan Funke a Los Angeles che racconta la sua passione per la pasta fresca imparata a Bologna, Guirong Wei a Londra che ha arricchito la cucina Xian con la cultura del grano, la cambogiana  Nite Yon  e Peppe Guida definito dalla giornalista americana Faith Willinger “Il papa della Pasta”.
Una occasione per entrare bene nella cultura dell’entroterra della Penisola Sorrentina attraverso la storia di Peppe che, insieme alla moglie Nella, ha realizzato due sogni: riuscire ad avere la stella al proprio ristorante che inizialmente aveva aperto come pizzeria e poi aprire a Montechiaro.
Gli americani sono imbattibili nel creare storie emozionali, a costo di inventarle, e ci sono riusciti alla grande con un bel montaggio, a volte però un po’ lento, in cui lo chef stellato di Vico Equense non ha dovuto far altro che raccontarsi e raccontare la storia d’amore con la moglie Lella, scomparsa prematuramente a soli 52 anni nel marzo 2019. Questo docufilm, che dura meno di un’ora decisamente godibile, ha due grandi protagonisti sullo sfondo: il Vesuvio e il mare, ossia i due elementi che hanno sempre fatto di questo territorio uno dei più fertili e popolati del mondo fin dall’antichità creando un paesaggio unico in cui acqua, terra, fuoco si fondono in continuazione e si scambiamo i ruoli.
Ecco perchè qui siamo alle origini di gran parte della cucina italiana, certamente alle origini del piatto che rappresenta l’Italia all’estero nel bene e nel male: gli spaghetti al pomodoro di cui parla Ippolito Cavalcani sin dal 1837 nel suo Trattato.
La cucina italiana parte dalla campagna, dalla fame della vita contadina ma anche dalla voglia di godere il cibo e la capacità di farlo con poco. Non a caso scorrono i piatti più semplici di Peppe, dall’iconico spaghetto al limone alla Devozione, dagli spaghetti al sapore di mare con le pietre di scoglio all’aria fritta. Invenzioni e ricette che hanno almeno duecento anni e che si tramandano da generazione in generazione, garantite dalla mamma di Peppe, una figura italiana iconica nell’immaginario americano.
Nel docufilm Peppe riesce a trasmettere i valori che fanno grande la cucina italiana: la famiglia riunita a tavola, la semplicità e la qualità assoluta dei prodotti, l’anarchia di esecuzione delle ricette affidate all’inventiva: tutte doti che si contrappongono all’archetipo francese della codificazione delle ricette, della capacità di far emergere la tecnica rispetto ai prodotti e in ambienti professionali e non familiari. Ed è proprio questo che piace ai turisti e al pubblico americano altrimenti una trattoria come Ballato non potrebbe mai essere una meta preferita di vip come Taylor Swith nel cuore cementificato di Manhattan. E li, a parte la cotoletta alla mlanese, si incontrano proprio gli stessi piatti che potresti mangiare a Montechiaro. Autenticità e personalizzazione, proprio quello che negli ultimi anni molti ristoranti fine dining hanno perso quasi del tutto purtroppo.

Giuseppe Di Martino

Come ben spiegato, lo spaghetto al pomodoro che fa arricciare il naso a tanti cuochetti di batteria è quella semplicità che viene da una complessità enorme. Anzi da tre complessitò. La cultura del grano, che segna il nostro paese sin dai tempi dei Romani, quella del pomodoro venuta dalle Americhe e infine quella dell’olio d’oliva che risale agli antichi greci. Tre percorsi straordinari di sapere alimentare che sono alla base della dieta mediterranea che Ancel Keys ha codificato (non inventato). E i semplici spaghetti al limone ci parlano della cultura degli agrumi portata dagli arabi. Perchè l’Italia è questo, almeno sino ad oggi: includere tutto, trasformarlo e farlo diventare italiano.
Giuseppe Di Martino, uno dei pochi imprenditori meridionali ad avere davvero visione, ossia comprendere che il territorio è un asset fondamentale del proprio business di cui andare orgogliosi, riesce bene a sintetizzare nel video questi concetti.
Per chi come noi conosce Peppe da tempo immemore, non può non fare i complimenti alla produzione per aver saputo ricreare l’atmosfera che si respira a Villa Rosa nella frazione di Montechiaro, qui dove il tempo sembra essersi fermato per sempre. Nel video Lella è un personaggio che tiene in piedi la storia come ha tenuto in piedi l’avventura professionale di Peppe. L’evocazione di chi non c’è più è uno dei tratti caratteristici che distinguiono gli uomini dagli animali e nulal come la cucina in Italia ha questo potere. Chi non ricorda il piatto preferito che ci ha cucinato o che piaceva ad un caro che abbiamo perso?

Peppe Guida e Lella appena sposati

Peppe e Lella co Francesco appena nato

Voglio però precisare che dalla visione del docufilm non ne esce un messaggio retrò, nostalgico. Anzi emerge con chiarezza che il successo dello chef nssce dalla voglia di migliorarsi oltre che dalla naturale ambizione che ciascuno di noi ha quando si impegna fare qualcosa. L’alleggerimento delle ricette tradizionali, inventare spaghetti con il limone e il provolone del Monaco significa tenere i piedi nella tradizione con una visione moderna ma al tempo stesso leggibile a tutti avanguardia non è quella che fa leccare i piatti ai clienti, ma è un movimento fatto di persone che anticipano il percorso della grande massa, non si distanziano, non si disuniscono per usare un termine alla Sorrentino. Se non piaci a chi ti conosce bene come puoi pensare di essere apprezzato da chi non ha mai avuto rapporti con te. Oggi c’è un italiano che non mangerebbe lo spaghettino al limone, visione mdoerna e sgrassata di un piatto di pasta?
Proiezione nel futuro anche coime capacità di reagire alle crisi. La scomparsa di Lella e il Lockdown sono stati una spinta a reagire, a raccontarsi sul web, il che per un boomer come Peppe (e come me) è stata una vera e propria rivoluzione culturale. Forse questa è la parte più entusiasmante de filmato, la capacità di reagire e di tenere vivo il ricordo di chi è scomparso proprpio portandone avanti il lavoro in forma moderna e aggornata. E in questo Rossella, la figlia di Peppe, ha lo stesso talento innato della mamma. Come Francesco, mutone, quello del padre.
Se appare strano e saccente parlare di sushi senza entrare in Giappone, o di pizza ignorando Napoli, sarebbe stato strano non parlare di pasta secca senza partire da quei territorio dove la cultura della essicazione della pasta è stata una religione da almeno duecento anni.

Peppe Guida con l’inseparabile Timothy, un cane decisamente fortunato a pranzo

Alcune ricette di Peppe Guida che ci hanno accompagnato in questi anni

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