Incontri con gli Autoctoni – Il Pecorino Abruzzese in sette etichette da bere a canna
di Andrea De Palma e Silvano Alicino
Una serata da tempo pensata, voluta e finalmente realizzata presso la locanda di Beatrice a Corato (Ba) assieme agli amici della FIS delegazione Terre di Federico. Un ringraziamento sincero a tutti i produttori che hanno creduto in questa serata inviando le loro chicche enoiche.
Non posso nasconderlo… amo l’Abruzzo e i suoi vini, indipendentemente che seguo questa regione da anni. Il Pecorino è un vitigno che amo particolarmente, visto che le sue caratteristiche olfattive ricche di sfaccettature floreali e fruttate intriganti, e un gusto ricco di acidità e tanta mineralità, soddisfano pienamente il io gusto.
E poi, è un vitigno poco addomesticabile, ogni produttore sta tentando con molta difficoltà di inquadrarlo e renderlo più fruibile; ma ogni tentativo è stato vano e, alla fine vince sempre lui, sfoggiando le sue caratteristiche ovunque è prodotto; infatti, le migliori versioni sono di coloro che lo lasciano esprimere al meglio con tutte le sue contraddizioni, in ogni territorio d’Abruzzo.
Caratteristica comune anche al Montepulciano e al Trebbiano, dovuta principalmente al territorio abruzzese, ai suoi svariati microclimi e, in particolar modo ai suoi produttori che hanno intrapreso la strada della valorizzazione degli autoctoni.
Un trentina di persone per sette Pecorini; appassionati e esperti, giovani e giovanissimi, donne e uomini, formavano un platea incuriosita e attenta. Unico rancore le tante persone rimaste fuori dal gruppo, ma non mancheremo di ripetere l’iniziativa.
L’esposizione fluida e compita, ha dato la possibilità di mettere in risalto le notevoli differenze delle varie zone, ma io sottolineo “Cru”, partendo dalle altezze (850 s.l.m.) del Pecorino Casadonna a Castel di Sangro, dove i profumi penetranti e taglienti hanno fatto da viatico a sorsate salate, minerali e taglienti di acidità.
Un vino che ha introdotto, la vicinissima Valle di Ofena, culla e laboratorio sperimentale del Pecorino abruzzese, con due vini dalle caratteristiche molto simili, come il Frontone “sfrontato” e superbo di Cataldi Madonna, dal tratto olfattivo pieno, autoritario e un palato che può affrontare anche uno stufato di agnello. Giocato su note più giovani e fresche è stato il Particella 417 di Gentile, che riprende le caratteristiche di chilo produce: il giovanissimo Riccardo.
Poi passiamo alla coppia più sorridente dell’Abruzzo, Fausto Albanese e la moglie Adriana Galasso, che vinificano in un altro “Cru” a Loreto Aprutino; il loro vino dà immediatamente l’idea di come il vitigno sa adattarsi e dare sempre il meglio, se lavorato bene in ogni zona; dai profumi e dal gusto si legge subito eleganza e sobrietà sempre sospinta dal fondo di notevole acidità e sapidià.
Come anche la gentilissima Chiara Ciavolich, sempre a Loreto, ci consegna due annate strepitose, una 2013 e una suadente e longeva 2011, dandomi la possibilità di mettere in evidenza la capacità evolutiva del Pecorino, soprattutto in queste zone. A concludere i lavori il poliedrico e estroverso Plenus di Massimiliano d’Addario, dell’azienda Marina Palusci sempre a Pianella, a due passi da Loreto Aprutino; vino a prima vista difficile, ma poi apprezzati da tutti, visto le caratteristiche molto artigianali che lo rendono indimenticabile e mi danno la possibilità di parlare di molto altro.
Ottimo ma sottomesso, l’abbinamento con il Cavatellino con cozze su crema di fave, perché il Pecorino vuole molto di più… un vino che io lo preferisco dall’aperitivo fino a secondi di carni. Non l’ho ancora provato sugli arrosticini, ma colmerò al più presto questa lacuna…
Per un approfondimento della serata vi allego le note di Silvano Alicino delegato FIS Terre di Federico
La sperimentazione, la voglia di esplorare nuove frontiere di conoscenza, il perseguimento della qualità assoluta, in vigna e in cantina. Questo il fil rouge che ha legato tra loro le sei creazioni firmate da altrettanti produttori delle terre abruzzesi, grandissimi interpreti dell’autenticità territoriale e dell’autoctonia del Pecorino, vitigno cosiddetto “minore”. E il virgolettato è d’obbligo, poichè l’esperienza culturale e sensoriale vissuta venerdì 25 novembre 2016 presso La Locanda di Beatrice di Corato, nell’evento organizzato dalla Delegazione Terre di Federico della Fondazione Italiana Sommelier | Puglia in collaborazione con Andrea De Palma, che ha condotto con la sua maestria il percorso di degustazione, ha saputo regalare ai numerosi enoappassionati intervenuti autentici momenti di gioia.
Tutta l’Italia enogastronomica costituisce un prezioso patrimonio di tradizioni e di eccellenze e il preciso intento culturale della serata, che ha inaugurato un ciclo di incontri dedicato ai vitigni autoctoni, è stato quello di focalizzarsi sulla comunicazione di tali ricchezze. A volte sconosciute, altre volte semplicemente ignorate, altre ancora collocate sul banale piano della semplicità. Come per il Pecorino, nome che ai più potrebbe evocare istintivamente ambiti caseari, e ai frequentatori del mondo enoico potrebbe suggerire semplicità sensoriale e poco altro.
E si è scelto, dando inizio a questo ciclo di incontri, di partire proprio dal profondo coraggio mostrato da questo manipolo di eroi – Feudo Antico, Gentile, Cataldi Madonna, Torre dei Beati, Ciavolich, Marina Palusci – nel credere nelle grandissime potenzialità di tale vitigno, interpretando il suo prodotto nelle varie declinazioni che il prezioso territorio d’Abruzzo e il genio umano consentono.
Sicchè tale ricchezza di potenzialità e di stili diversi si è potuta apprezzare pienamente esplorando produzioni di alta quota, vera e propria viticoltura eroica, per poi transitare attraverso il famoso altopiano del Forno d’Abruzzo, giungendo infine ad ammirare il mare Adriatico. E considerando anche le variegate e differenti scelte adottate caso per caso e consistenti in selezioni massali, fermentazioni spontanee, soste sui lieviti, criomacerazioni, fermentazioni in legno o in acciaio, chiusure delle bottiglie che hanno connotato le diverse produzioni degustate, ecco che quel vitigno cosiddetto “minore” si è tramutato come d’incanto in un campione di razza purissima, degno di competere a pieno titolo con più noti blasoni, in accordo con una realtà che è risultata essere più fantastica della fantasia.
E a corollario di tutto quanto espresso sin’ora, ma in fondo potrebbe anche esserne una premessa a ben vedere, valga la considerazione che le scelte profondamente identitarie adottate e comunicate dai produttori nelle loro etichette, quali ad esempio il ricorso a precisi e contraddistintivi toponimi, a raffigurazioni di celeberrime e antiche sculture, il riferimento a preziosi dipinti circondano la sostanza e la struttura dei vini di un importante alone culturale che a sua volta è piena espressione delle filosofie aziendali.
Ma scopriamo ora i nostri protagonisti, tutti ottenuti da uve pecorino in purezza varietale.
CASADONNA – TERRE AQUILANE IGP 2014 – FEUDO ANTICO
L’affinamento di 6 mesi sui lieviti, senza travasi, negli stessi fusti ove avviene una fermentazione spontanea, ed il successivo imbottigliamento senza filtrazione del prodotto ottenuto da uve allevate a 850 metri di quota in località Casadonna nel Comune di Castel di Sangro, il terreno limoso – argilloso, la notevole quantità di estratto (30 g/lt), preannuncia un vino intensamente caratterizzato da profumi agrumati e di frutti esotici, e da evidenti note di pietra focaia e zenzero. Al palato è ricco di sentori di erbe officinali ed è quasi salato nella sua complessità composta anche da una notevolissima freschezza.
PARTICELLA 417 – TERRE AQUILANE IGT 2015 – GENTILE
Ci si sposta nel Comune di Ofena, nel cuore del Forno d’Abruzzo, un piccolo altopiano a quota 400 metri a forma di anfiteatro naturale immerso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga che gode del raffrescamento estivo dell’aria che spira dalla montagna circostante. Veste paglierino intenso, quasi oro, effettua macerazione a freddo delle bucce, fermentazione spontanea in acciaio, sui lieviti per alcuni mesi e anch’esso non filtrato. La mineralità in questo caso è leggermente inferiore rispetto al precedente e il naso è decisamente più floreale e di mango disidratato. Si poggia su uno sfondo di erbe e di limone fresco. Al gusto dona un corpo e una persistenza maggiori e una complessiva cremosità.
FRONTONE – TERRE AQUILANE IGT 2013 – CATALDI MADONNA
Si resta nel territorio di Ofena per apprezzare una interpretazione del pecorino che prevede la criomacerazione di tutte le uve, la permanenza a lungo sui lieviti in acciaio, un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia dai 7 ai 10 mesi. Il giallo è decisamente dorato e si avverte, netta, la mineralità accompagnata da fiori di ginestra e giglio bianco, frutta e spezia leggera con note di liquirizia. Intenso al naso ed esplosivo al gusto. Sapido, agrumato, dal finale lunghissimo.
BIANCHI GRILLI – ABRUZZO DOC 2013 – TORRE DEI BEATI
Si vira adesso nel territorio di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, ad una quota di circa 300 metri, e si registra un preciso cambiamento di terroir e di stile interpretativo: uso del legno per la fermentazione e successiva maturazione sui lieviti per 9 mesi, seguiti da 12 mesi di sosta in bottiglia. Dorato, minerale e speziato, con note molto evidenti di frutto della passione. L’intensa freschezza è come domata dal guscio di morbidezza donato dalla sosta in legno, per un finale lungo e delicatamente e piacevolmente amarognolo.
ARIES – COLLINE PESCARESI IGT 2013 – CIAVOLICH
Da Pianella, in provincia di Pescara. E un’interpretazione ancora differente delle uve, che prevedono una fermentazione in parte in acciaio e in parte in tonneaux, con successiva sosta sui lieviti fino a febbraio e successivo assemblaggio delle masse prima del riposo per qualche mese ulteriore in bottiglia. Giallo paglierino brillante, emana note boisé, di cardamomo, di leggerissimo caramello. Bastoncino d’incenso, vaniglia, frutta gialla completano il quadro olfattivo. Al palato è fresco e rotondo, con sentori di frutta secca e una bella persistenza.
PLENUS – COLLINE PESCARESI IGT 2013 – MARINA PALUSCI
Sempre nel territorio di Pianella, ci si trova però di fronte ad una creatura non convenzionale, da agricoltura integrata, amabilmente fuori degli schemi. Fermentazione spontanea in acciaio e sosta sui lieviti. Non filtrato, non stabilizzato e senza aggiunta di solfiti, ottenuto con una tecnica che prevede una pre-vendemmia notturna utilizzata per formare il “piede di fermentazione”. Le uve, provenienti da una selezione massale, vengono raccolte e pressate a mano su una gabbia di acciaio per preservare al meglio i lieviti presenti sulle bucce. Una volta formato questo mosto la fermentazione spontanea parte dopo circa 8 giorni e viene vendemmiata la restante parte di uva. Al mosto che ne deriva viene aggiunto il piede innescando la fermentazione naturale, che dura circa 18 giorni ed avviene a temperatura controllata. Viene qui utilizzata una chiusura a vite, che trattiene i profumi nella bottiglia senza farli evolvere. Il risultato è sorprendentemente pulito e connotato da evidenze di frutta esotica, agrume macerato, note iodate, di smastro, idrocarburiche, di pepe bianco. Chiude, intenso, con note salmastre e richiami di ostrica e alga marina.
Terminata la sorprendente carrellata emotiva, il viaggio sensoriale è poi proseguito con il servizio di due creazioni dello Chef Donato Di Pierro de La Locanda di Beatrice:
1) cavatello fatto a mano con cozze di Castro, cicorie selvatiche della Murgia su crema di fave tostate e grattuggiata di peperoncino essiccato
2) cremoso di castagne del Pollino con cioccolato fondente su crema di loti con biscotto artigianale e gelato alla vaniglia con foglia di menta
Poco prima della portata di cavatelli è stata servita anche l’annata 2011 dell’Aries di Ciavolich che, con le sue caratteristiche di maggiore evoluzione e morbidezza, ha consentito un più ampio ventaglio di possibilità di abbinamento con il primo piatto, su cui tutti i presenti si sono cimentati con interesse.
Ecco che quel fil rouge tratteggiato in premessa di articolo va a completarsi, integrandosi, con le seguenti caratteristiche: basse rese per ettaro, sapidità, freschezza, ampio e diversificato ventaglio di profumi. Insomma, una corona di vere e proprie perle enoiche.
Chapeau, pecorino d’Abruzzo!