Parigi, ristorante Le Table de Joel Robuchon
16, avenue Bugeaud
33(0) 56281616
http://www.joel-robuchon.com/
Non parleremo diffusamente di Robuchon perché facciamo parte della categoria di persone, sempre meno numerosa per la verità, che, come si dice a Napoli, si misurano la palla. Cliccando il nome del grande chef trascinatore di stelle su Google troverete di tutto e di più, anche se in italiano sorprendentemente un po’ pochino.
Vi parleremo allora in primo luogo, dopo aver letto dell’Atelier su questo sito a cura del mitico Maffi, dell’accoglienza impeccabile e sorridente coordinata in sala con polso fermo e discreto dall’amico Antoine Hernandez.
E poi dell’uovo di Joel, ma perché in Italia, Lucania a parte, è quasi del tutto uscito dai menu di ristoranti e trattorie eccezion fatta per l’eruzione di uova di quaglia dalla Pergola dell’Hilton seguite da quelle di Parisi?
L’uovo di Joel è avvolto in un nido di patate trasformate in fili sottili, sottilissimi, a vederli sembrano kataifi, e l’aggiunta di caviale. Boccone, bocconi divini.
Il raviolo di Joel è invece perfezione assoluta del rapporto tra la pasta e l’aragosta come farcia, cotto in maniera da renderla morbida e consistente al tempo stesso. Si tratta di un piatto goloso, pensi all’Oriente ma sappiamo essere in carta da almeno vent’anni. Il tartufo e la salsa di foie gras fanno il resto di un piatto indimenticabile.
La quaglia c’è, ripiena di foie gras: un sapore classico, valorizzato dalla riduzione di soia che esalta le sensazione succose della carne altrimenti di suo un po’ scarna dribblando e sgrassando con decisione il risultato finale.
Il purè di patate lo accompagna tartufato ma anche in modo semplice e, so che fa molto molto chic dirlo ma è la purea verità, mi ha ricordato quello che faceva mia madre, buonissimo, per accompagnare il roast beef: una sua accoppiata casalinga vincente che poi raramente ho ritrovato in pubblico.
Il pre dessert la trasformazione del mandarino da sorbetto a frutto in un guscio di meringa. Ancora l’uovo.
Infine il cioccolato puro e purissimo: un calcio di rigore a porta vuota.
E allora, volendo una degustazione da sette portate a 150 euro, alla carta sui 200. Ricarichi dei vini equilibrati e scelta profonda.
Abbiamo bevuto il Gevrey Chambertin 2007 di Claude Dugat, mitico produttore borgognone, degno dei due piatti principali.
La curiosità è dal Vigna Caracci in lista unico bianco italiano
La nota negativa un tavolo di americani che aprono la serata con un Bacardi pieno di ghiaccio: avessero mangiato vivo il gatto di Bigazzi sarebbero stati meno osceni.
Una esperienza obbligata se, appassionati di cibo, siete a Parigi. Non a caso una delle tavole preferite di Enzo Vizzari, massimo esperto francese di cose italiane e/o massimo esperto italiano di cose francesi:-)
A Le Table son tornato bimbo con il purè. Lo so, è molto snob dire una cosa del genere, ma è andata esattamente in questo modo. Che posso farci?
Buon ascolto:-))
http://www.youtube.com/watch?v=bUiEc5VQfgM
12 Commenti
I commenti sono chiusi.
150-200 euro a cranio senza vino??!! ad averceli………
E cche bbuò fà. Tu lloco e nuje stamme ccà a fatecà.
Sciorta: è bbiato chi ll’ave!
Ti saluta il Tanzillo che è qui con me.
Hai ragione Big Luciano.
La memoria gastronomica che ti porti dentro, anche quella di un semplice purè, è ciò che fa diventare fantastica l’esperienza attuale.
Altro che unami e filosofia del glutammato.
Buon rientro.
niente da dire: io avevo tirato i dadi e mi era uscita l’ambroisie, mannaggia.
al pigna e’ andata meglio, anche come spesa. bella recensione, fatta da un professionista non certo da un maffi qualsiasi.
rimarco pero’ due cose che riportano l’ago della bilancia al centro , in un ipotetico e spero simpatico confronto:
a ) il maffi usa le foto della propria compagna, a corollario dei servizi da parigi. il pigna, braccino corto, no! anzi ci propina la sua di foto, col direttore del locale. sai che robbba:-))
b) il pezzo del GUARDIANO DEL FARO ci era stato suggerito, come vagante allegoria, per un’altra recensione.
quindi il pigna sarebbe passabile perfino di appropriazione indebita di copi-raiter di altrui idea.
non mi resta che scusarmi qui con l’autore del suggerimento, irreperibile oggi forse anche lui a causa di grane “processuali” :-)))))))
Beh amico
so che in giro ci sono recensioni senza foto, fatte ma non pubblicate. Forse per non disturbare il manovratore scortese.
Insomma, ognuno pubblica ciò che può:-))
a chi ti riferisci, Comandante?
Non fare domande scortesi, altrimenti Alfonso s’incazza!:-)))))
A proposito di basso livello, quelli dell’Ambroisie potrebbero farsi prestare i bicchieri da Joel. Almeno quando passi tu.
IL PURE’, UN’ALTRA RARITA’ NEI RISTORANTI. ODDIO E’ STATO UN PO’ ABUSATO, MA ADESSO E’ PROPRIO SPARITO.
Non credo che tornare bimbi a tavola sia disdicevole, sia detto da uno che non esita a fare scarpetta e leccarsi le dita, se necessario. Semmai è snob considerare la tradizione come un qualcosa di immutabile, ferma nel tempo, quasi una illusione che il tempo stesso non passi, che non ci siano cambiamenti. Invece i cambiamenti sono necessari, senza rinnegare la memoria di bimbo.
Ecco quel che mi interessa è come la grande ristorazione francese sembri non avere alcun bisogno di dimostrare la propria contemporaneità o il proprio legame con la tradizione: non interessa, forse perché più consapevoli, più sicuri, senza necessità di surfare sull’onda per dimostrare di esistere.
Leggendo le vostre recensioni non ho capito se è un limite o una qualità: a tutti i livelli di ristorazione si avverte onestà e preparazione, si apprezza la difesa della complessità senza mai consentire che essa degeneri in complicatezza gratuita, e tantomeno in retorico semplicismo, non sarebbe francese ;-)
Impressioni ?
Non sono un esperto di cucina francese: la mia impressione è che sia al tempo stesso autoreferente però molto legata al prodotto. Vive una centralità apparentemente eterna, non discutibile, che vive nella realtà quotidiana.
Del resto il fatto che siano loro a giudicare il resto del mondo con la Michelin e non viceversa lo testimonia anche sul piano della critica.
La spinta al rinnovamento, che si vede e come, riguarda le nuove necessità di alleggerimento e di salubrità della materia prima, temi ben diffusi ormai nell’ampia cerchia degli appassionati.
A Le Table non ho trovato stanchezza, ma plastica classicità
per me la cucina francese ha ancora qualcosa in piu’ rispetto a tutte le altre .
condivido la risposte di pignataro. guarda caso la visita sua a la table e la mia all’atelier sono state entrambe estremamente soddisfacenti. un robuchon superclassico ed un rebuchon con colpi meravigliosi di contemporaneita’. stupisce che in italia non abbia ancora deciso di provarci. paura del nostro provincialismo?
Si, pensa a Iannone che va nel suo ristorante con i capitoni nella vasca di plastica Moplen o alla lettera del ristoratore anonimo
Decisamente l’Italia è, come ha detto Adrìa, “un paese complicato”
Appunto, complicato, per niente complesso.