Pagnotta ottospicchi, la ricetta di Paolo Gramaglia per “LSDM Caputo Chef Project”
Con questa ricetta Paolo Gramaglia, chef del Ristorante President di Pompei, partecipa alla prima edizione del Premio “LSDM Caputo Chef Project“, la nuova iniziativa siglataLSDM e Mulino Caputo in collaborazione con Luciano Pignataro WineBlog eMySocialRecipe.
Ingredienti per 8-10 persone
500 g di farina 00 Caputo
200 ml di acqua
50 ml di vino bianco
13 g di lievito
20 g di sale
60 g di miele
50 ml di olio extravergine di oliva
100 gr di buccette di arance candite a cubetti
50 gr buccette candite di agrumi misti tagliati a cubetti
50 gr di uva passa
Procedimento
Sciogliere il lievito in un recipiente con 100 g di acqua tiepida, aggiungere l’olio e il miele ed impastare con la farina, lavorando per 8 minuti. Incorporare la rimanente acqua, il vino ed il sale e mescolare energicamente per 15 minuti, creando una palla di impasto che dovrà lievitare per raggiungere poco più del doppio del volume.
Stendere il composto, dandogli una forma circolare e inserire i 2/3 delle arance candite, dei canditi misti e tutta l’uva passa.
Chiudere l’impasto formando una pagnotta sferica ed inciderlo sulla parte superiore per creare un taglio a otto spicchi; spennellare la superficie con del miele e aggiungere la restante parte di canditi.
Lasciar lievitare fino a quando non avrà raddoppiato di volume, poi infornare a 190 °C per 30 minuti.
Si tenga presente che la pagnotta dovrà essere lavorata rigorosamente a mano, poiché ai tempi dell’antica Pompei, ovviamente, non esisteva alcun macchinario da impasto che non fosse altro che la forza fisica.
Inoltre, sempre nel rispetto della fedeltà storica della riproduzione del pane artalaganus, lo stesso non dovrà avere una mollica molto areata, poiché, i forni dell’antica Pompei non avevano certamente i moderni sistemi di areazione e conservazione del calore.
Storia del PANE ARTALAGANUS, il pane delle feste patrizie
La storia della panificazione pompeiana affonda le sue radici nella cultura greca, diffusa e radicata secoli prima di quella romana in tutta l’area dell’Italia Meridionale, attraverso la creazione di importanti colonie come Partenope (Napoli), Poseidonia (Paestum), Rhegion (Reggio Calabria), Syracusai (Siracusa), e dalla quale i romani attinsero quasi tutti i loro modelli di sviluppo e civiltà.
Nell’alimentazione pompeiana il pane era da considerarsi al primo posto. A Pompei vi erano ben trentacinque panifici con forni a legna, i pistrina, macine di pietra lavica e banchi per la vendita.
Esistevano numerosi tipi e formati di pane, a seconda dei differenti usi, impasti e metodi di cottura.
Tra i pani pompeiani il più pregiato era sicuramente l’ARTALAGANUS, considerato il pane delle feste patrizie e di tutte le occasioni importanti, un pane bianco prodotto con farine superiori e destinato ai consumatori benestanti, impastato con vino, canditi, erbe aromatiche, uva passa, miele.
Veniva servito all’inizio del pasto per far comprendere ai commensali che la famiglia patrizia che ospitava era molto benestante (tra i ricchi, infatti, non tutti potevano permettersi di portare sulle loro tavole un pane così pregiato e costoso).
Aveva la forma di una pagnotta circolare, sulla quale erano già tracciate le linee per dividerla in otto parti.
I pompeiani non utilizzavano il coltello per tagliare il pane e, con la forma ad otto spicchi, uscita dal forno, la pagnotta poteva essere divisa tra i commensali. A testimonianza del valore anche simbolico che i romani pompeiani davano al pane, vi era la circostanza che a dividere il pane fosse il pater familias , che decideva se e quanto darne ai partecipanti al pasto in base all’importanza ed al ruolo sociale che i commensali avevano.