Pacentro, la Taverna de Li Caldora. Solidi sapori di Abruzzo low cost: chiocciola Slow Food
Piazza Umberto I, 13
Tel. 0864.41139
www.tavernacaldora.it
Chiudo domenica sera e lunedì
Sempre aperto, ferie variabili
Ci sono luoghi della cucina nati come servizio all’avventore che, rimasti fedeli a se stessi, finiscono per diventare vere e prorie biblioteche gastronomiche di territorio, doprattutto dopo che si sono spenti i fornelli delle case.
La Taverna di Teresa e Carmine Cercone è uno di questi, lo scopriamo durante uno dei nostri innumerevoli viaggi di trasferimento Tirreno-Adriatico e viceversa grazie a Roberto de Viti e ci trascorriamo una bella sosta.
Pacentro, qui si vantano le ascendenze di una parte della famiglia della cantante Madonna, non è lontano da Sulmona. E’ quello che il Financial Times definirebbe un “sonnolento paese italiano”, molto utile dunque per viverci bene e a lungo.
La cultura dell’ospitalità ha qui radici antiche, arredamento borghese meridionale nel cuore del paese il cui borgo medioevale è rimasto integro e ben conservato, cura dei particolari, una fontana autentica in sala esterna da cui si gode un bel panorama verde. Palazzo Pitassi, costruito nel ‘500, vale da solo la visita.
Carmine è la terza generazione al lavoro. L’attività di ristorazione fu iniziata dal nonno che gestiva un dopolavoro con cucina, il padre Giulio si trasferì nella sede attuale. I Caldora hanno comunque una storia molto più lunga, si tratta infatti di una delle famiglie nobiliari più importanti: al culmine della loro potenza Caldora possedevano il ducato di Bari, il marchesato di Vasto, 16 contee tra cui Pacentro e 38 baronie in Abruzzo, Molise e Puglia.
Le osterie e le locande di paese sono anche questo: possibilità di saggiare grandi prodotti di territorio. Come il prosciutto abruzzese, l’olio, il pane, l’acqua pura.
Poi un po’ di fritto per sollevare il fegato dalle traversie del cibo di città. Buono e saporito.
Non può mancare il baccalà, l’unico modo per cui nel corso dei secoli la maggior parte degli italiani hanno mangiato pesce, da Nord a Sud. Senza frigoriferi era difficlle averlo a tavola se non si abitava sulla spiaggia.
Accompagnamo il nostro pranzo chiocciolato con un’azienda abruzzese che amiamo molto, Valle Reale a Popoli di Leonardo Pizzolo. Premiato il Vigna di Capestrano con la bottiglia da Slow Wine, qui ci godiamo il suo Montepulciano base lavorato solo in acciaio. Fresco e ciliegioso, non ci fa rimpiangere il Piedirosso: lavora bene sul cibo, è discreto e laborioso nel palato.
Due must della Taverna: i ravioli che richiamano mangiatori da tutto l’Abruzzo e, ovviamente, l’agnello che da queste parti sostituisce l’osta nella Comunione. Amen
Decisive le patate quando si gira in montagna. Prima per la sopravvivenza, adesso per il gusto.
Ovviamente sapete che siamo ghiotti di interiora di agnello e di capretto. Nel mio Cilento si chiamano ‘mbruglitieddi, in giro per la Campania mugliatielli, nel Sannio abbuoti, in Lucania gnummariddi. Lungo le antiche vie della transumanza è un piatto immancabile, qui si chiama marro e lo accompagnamo con gli ultimi fagiolini estivi.
Il dessert è affidato alla ricotta di pescora e al dolce della casa. Difficile scegliere.
Noi abbiamo fatto un percorso essenziale, ma qui ci sono tanti altri piatti, come il bollito di baccalà con salsa verde e aglio di Sulmona, l’agnello cacio e uova, i maccheroni alla chitarra, l’agnello alle erbe della Maiella e tanti altri piatti che vi invitano a venire.
Pagherete sui 35 euro, vini esclusi.