Paca: giovani, bravi e arditi. Una cena di spessore a Prato
di Marco Bellentani
Niccolò Palumbo (chef formatosi da Bracali e Barasategui) e Lorenzo Cotucci (maitre) sono due giovani che dopo alcune esperienze di livello hanno deciso di aprire, solo con le proprie forze, il Paca, raffinato ristorante dagli interni minimal, a pochi passi dal centro di Prato. Dopo l’apertura del 2019, hanno affrontato il meteorite Covid e sono riusciti a riproporsi con grande energia grazie ad una dimensione non comune in un ristorante gourmet: la famiglia. Affiancati dalle compagne, in sala e cucina, sono riusciti a coniugare le affinità elettive con una professionalità elevata.
Va, infatti, subito detto che il servizio è attento, colto ma mai noioso. Lorenzo si dimostra come un giovane maitre con le carte in tavola per far parlar di se vista anche l’azzeccatissimo abbinamento vini che ci ha proposto. Prato è una città difficile, ma probabilmente la tipologia di locale proposta da Paca, un po’ mancava. Ricerca, materie prime ottime, curiosità nello sperimentare. Parole che molto spesso fanno rima con moda. Questo da Paca non succede, grazie a Palumbo, che sviluppa la sua visione della cucina italiana contemporanea, aggiungendo elementi fusion nipponici e non, ma con un senso logico, un obiettivo. Mescolare il vecchio a un presunto nuovo. Meglio dire a qualcosa di personale. I rimandi in menu non sono quindi semplici attracchi modaioli, ma, spesso, vere e proprie provocazioni riuscite.
Lo si vede dalla Ricciola (sashimi), polvere di erbe e maionese (dove il fondo carnale fa il suo gioco), piatto semplicemente (tre ingredienti) esaltante. L’assoluto highlight del ristorante. Ancora, ottima qualità nella Seppia (freschissima) rapa rossa, latticello e bottarga di Orbetello, dove acido e basico si sposano tra una lunga e persistente finezza. Il tris di antipasti si conclude con la Trota Salmonata, ottimamente lavorata da Palumbo con ‘nduja, nasturzio e uova di aringa.
Nonostante il livello, compito di Lorenzo e Co. è quello di essere accessibili, con prezzi non folli e menu degustazione ampliabili in verticale da 6-8-12 portate (in medio stat virtus).
Acidissimo lo yuzu nel risotto, che parte con vongole e si chiude con la pernice, un terra-mare da calibrare meglio con un interessante sviluppo futuro, mentre splendido il Plin di anguilla alla brace con melone invernale e lievito di birra.
Bravi. Bella croccante la Lingua di Vitello, si…si mastica(!) per poi concludere col piatto più controverso, il Cervo salato in dolce forte, panforte e scorzonera…dove Palumbo potrebbe lasciar più libero l’ortaggio di espandere il suo amaro su tanto ben di dio. Si ardisce, ma anche qui c’è cucina pensante.
Il menu del ristorante Paca di Prato
Detta della straordinaria selezione dei vini, di dolci corretti, leggeri e gustosi, Paca apre con un aperitivo al gin e chiude che una graziosa petite patisserie. I ragazzi lavorano sodo su se stessi, lo si vede.
La cena è a elevato tasso di curiosità, ricerca e volontà di porre una firma ben leggibile. Si sta bene, molto bene, senza noia. La strada è quella giusta, il talento è evidente. Per il cliente non resta che abbandonarsi a Lorenzo, Niccolò and family. Una bella sorpresa in e per Prato.
Paca
Via Frà Bartolomeo, 13, 59100 Prato (PO)
0574 182 0222
Prezzi: a la carte 65, degustazioni a 55-65-95 vini esclusi