Osteria Tandem a Napoli nel centro storico, il regno del ragù
Si chiama Tandem, ha aperto 5 anni fa grazie ad una squadra giovane e affiatata per fare quasi solo ragù. Ragù come si deve. Lunga, lunghissima cottura, ricco di carne, sontuoso.
Ragù di qua e ragù di là: con gli ziti, con i rigatoni, persino con gli spaghetti. Oppure con manfredi e ricotta, con gnocchi e provola, o, ancora, solo col pane buono buono per la scarpetta. In questi anni hanno aperto altri tre locali: asporto, cucina da trattoria (con anche la Genovese!) e nel maggio 2018 a Calata Trinità Maggiore, a due passi da Piazza del Gesù, dove c’è pure la Genovese di polpo.
Una sala arredata in maniera semplice, qualche tavolino anche fuori, servizio giovane e veloce (ma senza andar di fretta, eh). La genovese di carne (anche in versione “scarpetta”, nella scodella di ceramica, col pane ‘cafone’) è come deve essere: bruna e cremosa. Quella di polpo non è male, ma noi votiamo senza dubbio per la classica: il polpo infatti qui soffre un po’ e tende a seccarsi, inoltre preferiamo sempre la pasta secca a quella fresca quando si tratta di ragù e genovese. Ma ovviamente, davvero, si tratta solo di gusto personale.
La notizia buona è dunque quella di un nuovo avanposto della tradizione napoletana a 2 passi 2 da Spaccanapoli.
Per 10 euro, un piatto che riconcilia con la cucina di una volta, che riconcilia con Napule.
Evviva Tandem, allora. 4 volte evviva!
Qui di seguito la scheda di Tommaso Esposito che per primo ne ha parlato su questo sito:
TANDEM RAGU’
Via Paladino 51
Tel. 081.19002468
Aperto sempre
Chiuso mai
www.tandem.napoli.it
di Tommaso Esposito
Sai pà, ieri sera ho scovato nu masto Rraù?
E dove?
Via Paladino.
Il Nilo vegliardo sta lì che guarda.
Una ragazza dà la voce porgendo réclame.
Tandem, ‘o Rraù? sta qui.
Sette tavoli e quindici sedie di dentro.
Tre più otto di fuori.
Tovaglie di carta, bicchieri uno a otto.
Vecchio stile cantiniero.
In compenso c’è la carta.
Chiara. Inequivocabile.
Qui si mangia soltanto Rraù.
Da solo nella ciotola per la scarpetta.
Oppure sui maccheroni.
E c’è pure il catalogo delle trafile.
Ziti, che poi son mezzani, manfredi, rigatoni e spaghetti.
Mancano le candele e i perciatielli, ma ci sono gli gnocchi, o cazzamarri come li chiama il Cetrulo.
Si ordina.
Cala la pasta e il tempo scorre canonico.
Giusto giusto per parlare del vino.
Trionfano i Campi Flegrei e Grotta del Sole.
Arrivano i piatti.
Perfetto: colore, profumo, sapore.
Nulla da dire. Nemmeno sul cacio.
Così pure dei manfredi con la ricotta che tanto piacevano a mammà mia.
Alla scarpetta, poi, non si resiste.
Il pane si inzuppa e la carne si mangia tenera e buona com’è.
Achille Munari è il cuoco.
Ventisette anni in gran parte vissuti da umbro.
Sta tra i fornelli per gioco.
Nonni napoletani.
Questo è il segreto del suo Rraù.
Manuela Mirabile lo sapeva.
È lei che gli ha chiesto di mettersi ‘o mantesino e di aprire ‘a puteca.
L’ anno non è passato ancora.
E già son trentacinque i kili di Rraù che ogni giorno pippejano .
Ve lo consiglio.
Veramente è nu masto Rraù.
9 Commenti
I commenti sono chiusi.
Bellissima idea, la tradizione napoletana che non muore!
Che meraviglia la ciotola per la scarpetta, ricordo che da piccola mia mamma prima di mangiare mi autorizzava a fare la scarpetta mettendomi un mestolo di ragu in un piatto con qualche pezzetto di pane, perchè a casa mia la domenica si mangiava tardi e i bambini non ce la facevano ad aspettare.
Ci andrò presto
Invitante e stuzzicante, simpatica l’idea della scarpetta!
Sì ma almeno vorremmo sapere che Pasta – e soprattutto che Pomodoro – usano, se il Ragù è canonico – cioè manzo e maiale – o solo maiale, etc.
Cristiano caro, a mio parere non esiste un ragù canonico, ma tanti Rraù a seconda delle tradizioni locali se non addirittura familiari. Se cerchi su questo sito ne troverai di tutte le misure e abitudini.
‘O Rraù di mia nonna, ad esempio, era fatto solo con la braciola di annecchia farcita di prezzemolo, aglio più il contenuto della cartella p’o ‘mbuttone che si comprava in drogheria. Essa era ( come le spezie della ricetta del Cavalcanti) costituita da uva sultanina, che nel periodo natalizio veniva sostituita dall’uva passita di Pantelleria dai chicchi più grandi e con i semini all’interno, cedro, pinoli, cannella, pepe. Sempre mia nonna quando si faceva il ragù con più carni, comprese quelle di maiale in forma di salsiccia e di tracchie e fino a circa dodici specie diverse, lo chiamava non più Rraù, ma ‘O Tiano.
Poi circa Tandem da Achille il cuoco sono riuscito appena appena a sapere che le marche usate per la pasta sono Coop. Pastai Gragnanesi e per gli spaghetti De Cecco.
Rovistando come vedi nella scarpetta di sicuro ho individuato pezzi di carne vaccina ( muscolo di natica e sovracoperta di costato) e cervelatine di maiale.
Per il resto vallo a provare e poi ne parliamo.
Non mancherò. Poi magari in loco cercherò di capire anche che Pomodoro usano, che è importante…
Sulla Pasta c’è di meglio in giro (Gentile, Pastificio dei Campi) ma per mantenere basso il costo vanno anche bene quelle due che attualmente usano.
Sulla ricetta tradizionale recepisco le tue osservazioni, anche se sai meglio di me che esistono vere e proprie scuole di pensiero in merito. Ma, come sempre, la prova è nel piatto…!
Ah, le mie nonne Mariuccella e Giovannina erano l’una classe 1895 e l’altra 1901.
l’acquolina in bocca…
Commovente…mò parto e arrivo
e qui a bologna pretendono che il vero ragù sia quello loro !!!!!!
ma facitece o’ piacere …….