Osteria Gucci a Firenze, la recensione che spiega perché Bottura spinge sempre al Massimo
di Annatina Franzese
Gucci Osteria da Massimo Bottura: a pochi giorni dall’uscita nelle sale cinematografiche di “The House of Gucci”, alla vigilia della conferma della Stella Michelin e immediatamente dopo l’apertura del locale di Tokyo, terzo ristorante del progetto nato in combinato con la maison fiorentina, nella mia due giorni a Firenze, non potevo non fare tappa qui .
Il ristorante, nato dall’estroso incontro tra Alessandro Michele, direttore creativo dell’azienda ed il tristellato Massimo Bottura, sorge nel Gucci Garden all’interno dello storico Palazzo della Mercanzia di Firenze, sede anche dell’area espositiva Gucci Garden Galleria curata dal critico Maria Luisa Frisa.
Gucci Osteria è un locale figo, passatemi il termine, all’interno del quale è possibile vivere e toccare con mano il palese sincretismo tra due forme d’arti: la cucina e la moda.
Il personale, accoglie in maniera impeccabile, mostrando una preparazione rispetto alla carta e, conseguentemente rispetto ai singoli piatti, che nulla lascia al caso.
L’ambiente è “guccissimo”, dai parati arricchiti da tavolette riproducenti le antiche corporazioni fiorentine alle divise del personale di sala, tutto ricorda la casa di moda italiana; la cucina, invece, rimanda perfettamente all’istrione modenese.
A governare i fornelli, sin dalla prima accensione il 9 gennaio 2018, la chef messicana Karime Lopez, che con freschezza disarmante, ti fa viaggiare per il mondo rimanendo in Italia, senza rimpiangere sapori e odori italici.
Cosa si mangia da Gucci Osteria, il menu di Karime Lopez
Dopo l’entree, gli iconici tortellini in crema di Parmigiano Reggiano, valgono da soli il viaggio. Traboccanti di carne, ripropongono il classico ripieno alla bolognese, esplodendo al gusto e non stancandoti mai.
Preciso Vongo -La, il risotto scapece e vongole, che si presenta perfetto per cottura, mantecatura e temperatura. Al palato delicatissimo.
Tra i secondi, ad accendere la curiosità è un panino. “Come sarà l’hamburger preparato all’interno di un ristorante stellato”?, ti chiedi e l’Emilia Burger ti risponde. Il panino, nato qualche anno fa dalla collaborazione con la catena americana Shake Shack per la maratona di New York, ha al gusto un sapore perfetto. La polpetta è composta da carne di chianina e cotechino, su cui vengono adagiati uno strato di parmigiano reggiano, salsa verde realizzata con prezzemolo, acciughe e capperi e maionese corretta con glassa di aceto balsamico.
A concludere, un omaggio a Murano, che è stato davvero un peccato mangiare tanto sembrava riprodurre le tecniche artigianali dei maestri vetrai di Murano.
Menzione speciale per i sottili e croccanti grissini e per il pane.
Pranzo completo vino ed acqua inclusi euro 150.
Gucci Osteria da Massimo Bottura a Firenze
Piazza della Signoria n.10
Tel 05575927038
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena
REPORT DEL 31 MAGGIO 2019
Osteria Gucci a Firenze
Piazza della Signoria, 10
Telefono: 055 7592 7038
Sempre aperto a pranzo o a cena
Tema di quelli che periodicamente attraversano il web com le pertubazioni atlantiche l’Europa. Può uno chef non esserci ma esserci? La risposta, a parte qualche talebano, non può che essere si.
Infatti, il vero tema non è questo, ma come può uno chef esserci senza esserci.
In molti casi si tratta del proprio ristorante, e qui, su piatti studiati e pensati e provati con il sous chef, è davvero difficile notare l’assenza perché lo chef non è come il pizzaiolo che ha una propria mano per definire l’imperfezione della pizza e che dunque si nota quando non c’è. Certo le assenza a lungo andre alla fine si notano, ma se sono sporadiche no.
C’è poi lo chef che fa la consulenza, e dunque è presente con alcune idee guida riconoscibili nei piatti la cui esecuzione viene poi affidata all’excutive. E qui il grado di presenza è direttamente proporzionato alla dimensione della sua assenza, ossia alla forza dei suoi principi guida.
C’è lo chef replicante, che per evitare errori riproduce esattamente gli stessi piatti in luoghi diversi, soprattutto se seriali. O quello che veste panni completamente diversi per adattarsi ad una nuova situazione.
Poi c’è Massimo Bottura che vede nel non esserci una possibilità in più, una sfida da affidare ad una persona di fiducia, in questo caso la messicana Karime Lopez per creare una filosofia in perfetta simbiosi con lo spirito del luogo.
All’Osteria Gucci Massimo Bottura non c’è, ma c’è sempre, nei piatti proposti che hanno il cuore italiano e una leggibilità internazionale grazie alla visione globale che il numero uno di 50BestRestaurant ha di quello che succede nel mondo. C’è nella incredibile energia della sala e della cucina, c’è in questa voglia di barocco estetico e di contenuti, c’è nei prodotti, nella freschezza dei piatti, nella capacità di parlare alla testa e alla gola del cliente.
All’Osteria Gucci di Firenze si sta bene. Potete mangiare all’aperto o nella splendida sala interna, adiacente allo shop dove comprare un ricordo dopo aver mangiato e magari visitato il museo. Un progetto che esalta al massimo il Made in Italy del food e della moda a Piazza della Signoria e che adesso verrà replicato anche all’estero.
Affidatevi al percorso degustazione, non spenderete più di 60-70 euro e sarete soddisfatti. Una vera oasi di cultura gastronomica nella giungla ristorativa turistica dove per gli stessi fiorentini è ormai difficile orientarsi in una città la cui vita appare ormai espropriata dagli otto, dieci milioni di selfie che ogni anno vengono fatti nei luoghi iconici dell’immaginario globale cllettivo.
Non è un Bottura minore, un Bottura per chi non può andare alla Francescana, è un Bottura che sta da Gucci, qualcosa di uguale e di diverso. Assente ma presente.
Ma ora ai voti!
Da bere? Ero a pranzo e mi sono dato all’acqua, come sarebbe piaciuto a Gualtiero Marchesi. Ma la lista è ampia e curiosa, e non poteva essere certo cosa diversa.