La Francescana a Modena: i nuovi piatti di Massimo Bottura e i bicchieri di Beppe Palmieri
Si torna all’Osteria Francescana con una idea ben precisa in testa: basta con la cucina della nonna. Sa troppo di restaurazione osserva il buon Leo Ciomei. Se siamo qui non è certo per mangiare tortellini e neanche il menu classico che ha fatto la storia di questa cucina, a cominciare dal piatto delle consistenze del parmigiano che dieci anni fa rivoluzionò l’idea di formaggio a tavola.
Così quando il maestro di sala Beppe Pamieri (ma io terrone lo chiamo Peppe) ci chiede come ci dobbiamo muovere la risposta è unanime: tutto quello che c’è di nuovo. Ci aspettavamo grandi cose nel nuovo locale rinnovato dopo la conquista della terza stella, ma abbiamo fatto un viaggio dal quale sarà molto difficile tornare. E, a proposito: c’è chi investe un milione e passa di euro per conquistare la terza stella e chi lo fa dopo. Nel primo caso lo sforzo è encomiabile, nel secondo sei Massimo. Bisogna dare a tutti noi l’idea di ripartenza, ci spiega Massimo.
La ripartenza dalla terza stella, primo assoluto sull’Espresso con un punteggio pensato per lui vuol dire che sta in un altro campionato di cui pochi hanno percezione in Italia. Un campionato internazionale dove conta la tradizione, pesano le materie prime, ma sopratutto il ripensamento dei prodotti e della materia alla luce della fusion gastronomica che rende tutto possibile, al tempo stesso omologabile se pensato dalla grande industria e dalle multinazionali del cibo, straordinario quando questa possibilità viene esercitata da una grande artigiano del cibo.
Il menu si chiama Vieni in Italia con me e richiede uno sforzo concettuale che siscioglie nel palato dove riconosci tutto, esaltato da tecniche perfette, abbinamenti e cominazioni vincenti e dai matrimoni con il beverage pensati da Peppe in modo tale che il bere faccia rimbalzare i sapori dei piatti. Non so se Massimo pensa e poi Peppe studia, o se tutto nasce insieme, sta di fatto che questo sodalizio in cui l’uno è l’alter ego dell’altro è quanto di meglio si possa avere oggi in Italia.
In Italia dove ci sono grandi cuochi con sommelier ingessati e grandi sommelier con cuochi poco ambiziosi. Alla Francescana le bevande sono come il padre che accompagna la sposa all’altare: ho fatto tutto per te ma adesso sei tu la protagonista. Il piatto non è mai sovrastato, ma completato dal bicchiere.
Pensi alla Sicilia come un posto caldo e invece viene scelta per la freschezza, uno starter intenso e pulito, essenziale che ben predispone il palato con il gioco dei macaron.
Ancora Sud, tra Sicilia e Napoli, dove prevale il multitask palatale, l’irruenza di certi sapori, la loro varietà, l’acidità tipica della Campania in un piatto che mi fa godere finalmente il baccalà nonostante sia un cibo che non amo particolarmente. L’insieme è perfetto.
Qui la tecnica fumé a cui tanti ricorrono è talmente esasperata da essere perfetta e fa da contraltare al gusto del pesce. Ma quanti ne mangerei? Una spasata sana
Il Nord ammorbidisce il gusto, ma non si rinuncia all’acidità per tenere bene il biatto.
L’anguilla è un po’ come la Gioconda al Louvre, impossibile passarci senza vederla. Per questo Masismo la inserisce nel menu.
Dopo il viaggio si gioca un po’. Qua c’è agnello, mica ostrica. Cosa credete?
Pensa verde: già, forse la proposta che mi è piaciuta di più. Si sente molto l’influenza nordica, incredibile la capacità di mettere insieme gli elementi di un piatto vegano di qualità eccelsa, intenso, lungo, appagante, moderno, pulito e salutare.
Ancora un grande piatto, ancora una materia prima che non amo, le lumache. Qui c’è la freschezza e l’uso bilanciato dell’aceto che lo rendono un piatto molto buono. Nella mia personale classifica, al top insieme al precedente e al dolce finale.
Andiamo su due classici di ispirazione ducassiana, giusto per fare rifornimento dopo questo lungo volo. Perfetti, ovviamente.
Poi si decolla nuovamente con il predessert: il mille foglie fatto di foglie vere, sugar gree.
Dopo i sapori del sottobosco autunnali la freschezza intensa dell’estate.
Infine un dolce celebrale, dove ogni cucchiaio è diverso dall’altro. La caccia alla lepre. Tecnica, testa, sapore. Top top top.
Ed ecco, infine, gli abbinamenti scelti da Peppe.
Foto di Albert Sapere
In conclusione una esperienza appagante, anche per chi ha grande esperienza di ristoranti. Impossibile dire quali siano i futuri obiettivi di Massimo e Peppe.
Spero per me e per tutti noi che comunque restino in Italia:-)
6 Commenti
I commenti sono chiusi.
posso chiedere la birra a cosa fosse abbianta???;)
Giuseppe l’ha proposto con l’anguilla
I love this :-)
Ottima recensione
bella zingarata
e carina la metafora della sposa all’altare
Come si dice in gergo …. Per noi del settore un esperienza che almeno una volta nella vita bisogna fare …. Grande Massimo