Ortomondo – Housing sociale a Capaccio
di Carmen Autuori
Il karkadè e le melanzane, l’ocra e i pomodori, la zucca senegalese che prepotente spunta dalla distesa di fiori di zucca e zucchine nostrane, e poi il banano che in un anno, miracolosamente, ha già dato i suoi primi frutti, tutto in un meraviglioso disordine che mescola ortaggi e fili d’erba lasciati lì a proteggere e, una volta secchi, a diventare nutrimento per le piante, secondo un concetto di agricoltura che và al di là del biologico stesso per abbracciare quello del naturale (vero). No, non sono cose dell’altro mondo, ma la normalità qui ad Ortomondo.
Siamo a Capaccio, ai piedi del monte Calpazio, meglio conosciuto come Madonna del Granato, uno dei luoghi di culto che testimonia il passaggio dai riti pagani a quelli cristiani.
Qui Hera ha consegnato nelle mani della madre di Cristo la melagrana che è simbolo non solo di fecondità e di abbondanza ma anche di unità fra popoli di culture e fedi diverse.
Sarà un caso o la volontà degli dei dell’accoglienza, ma proprio in questo luogo ha preso forma il progetto Housing Sociale Ortomondo, ideato e realizzato da Legambiente Paestum.
A parlarcene è Pasquale Longo, veterano del circolo pestano, ideatore di questa bella realtà e anima infaticabile di tutta la non facile gestione.
“Il progetto nasce nei Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria) – ci spiega Pasquale -, perché nel 2016 sono arrivati a Capaccio ben 500 migranti richiedenti asilo. I centri erano stracolmi e noi di Legambiente che da sempre sosteniamo l’importanza dell’ ecologia umana, ovvero coltivare umanità, ci siamo attivati oltre che con i corsi di alfabetizzazione anche con il coinvolgimento dei migranti nelle attività dell’orto sociale Ortomondo curato dai richiedenti asilo.
E già all’epoca notammo un grande interesse dei ragazzi che per la maggior parte provenivano da famiglie di agricoltori.
Una volta chiusi i centri di accoglienza, si poneva un grande problema di emergenza abitativa, soprattutto per quelli che erano diventati autonomi avendo ottenuto il permesso di soggiorno. Così nel 2021 abbiamo pensato di creare una housing sociale rilevando questa struttura, che in precedenza era un Cas ospitante circa ottanta migranti, facendoci garanti nei confronti della proprietà. L’abbiamo sistemata ed arredata ed oggi ospitiamo diciotto giovani provenienti dal Senegal, dal Mali, dalla Ghinea, dal Benin, dal Togo e da altri paesi africani che contribuiscono al fitto con una somma di danaro davvero modesta”.
Ricordiamo che il Social Housing consiste nell’offerta di alloggi a prezzi contenuti destinata ai cittadini con reddito medio basso che non riescono a soddisfare il loro bisogno abitativo con l’obiettivo di garantire anche l’inclusione sociale.
.La struttura, che consta di otto unità abitative indipendenti, è circondata da un ettaro di terreno, parte destinato all’apicoltura, parte all’orto e da quest’anno anche alla coltivazione del grano. Il tutto è gestito dagli ospiti stessi che, una volta tornati dal lavoro, si dedicano ognuno per le proprie competenze, alle varie incombenze. A coordinare il tutto è Djibril, senegalese, arrivato in Italia con il noto viaggio infernale che passa per la Libia. “Questo è il nostro orto.
Coltiviamo le melanzane, i pomodori, le angurie bianche, le zucchine però anche le zucche senegalesi – tiene a precisare Djibril mentre ci mostra orgoglioso questo piccolo pezzo di terra che gli ricorda la sua Africa – .
Poi abbiamo piantato il karkadè, noi lo usiamo molto in cucina non solo come bevanda ma ci facciamo anche una minestra. Ecco le piante di ocra che oltre ad essere buonissime da mangiare in insalata, sono una vera medicina per i problemi dell’apparato digerente e per il diabete. L’anno prossimo avremo anche limoni, albicocche, pere e altra frutta, e c’è pure il fico bianco del Cilento, così possiamo vendere altri prodotti oltre al miele e agli ortaggi”.
I prodotti dell’orto, infatti, oltre a soddisfare le esigenze della comunità, vengono acquistati da una rete solidale promossa da Legambiente, ed i proventi aiutano il sostentamento degli ospiti che, pur lavorando tutti in aziende per la maggior parte agricole e zootecniche, arrotondano le paghe che non sono certo alte: nella migliore delle ipotesi parliamo di 35-40 euro per circa 10 ore di lavoro al giorno.
Poi c’è Kantra, anche lui senegalese che pur lavorando in un’azienda agricola, ha un sogno nel cassetto: vuole fare il sarto come suo padre. E’ il più giovane di tutti ed anche il più timido, ma si è perfettamente integrato nella comunità di Ortomondo grazie soprattutto al grande spirito di accoglienza di Pasquale Longo che, non dimentichiamolo, ha il difficile compito di smussare tutte le sbavature che sono naturali quando si parla di convivenza di persone che provengono da realtà diverse.
“Pasquale è numero uno – afferma chiaro e forte Sana, occhi di velluto e fisico possente – . Per me è come un padre”. Qui, scherzosamente, lo chiamano il re, forse per il carattere esuberante e fortemente indipendente. E’ un gran lavoratore e lo dimostrano le sue mani che portano i segni dell’ascia. Fa il taglialegna in un’azienda a Prignano Cilento, che raggiunge alle prime luci dell’alba in bicicletta, ma la sua passione è il miele. Sta cercando d’imparare da una volontaria tutti i segreti dell’apicoltura ed è il vero animatore delle occasioni conviviali che vengono organizzate ad Ortomondo sia dai volontari che dagli ospiti stessi che, ci riferiscono, amano mangiare insieme almeno una volta a settimana, in genere la domenica.
Ci ha molto colpito la serenità di questi giovani e la ragione è da ricercarsi nel fatto che Ortomondo,oltre ad incentivare lo scambio culturale attraverso le buone pratiche agricole, ha posto in essere un vero e proprio ‘metodo’ utile a far ritrovare l’entusiasmo e la gioia di vivere a chi proviene da percorsi drammatici e molto spesso traumatici.
“Ortomondo è una piccola sperimentazione che può diventare un modello per tutta la Piana del Sele – spiega Mariateresa Imparato presidente di Legambiente Campania -. Un modello che le istituzioni dovrebbero approfondire, sostenere e moltiplicare per combattere illegalità e garantire diritti. Noi, qui, innanzitutto coltiviamo umanità”.
Mentre il sole tramonta in questo angolo di mondo dove si semina il futuro, gli ospiti si preparano per la cena, tranne Sana che inforca la bicicletta e decide di accompagnarci per un pezzo di strada. Non ci meravigliamo: lui è un re, sensibile attento ed ospitale.