Omaggio a Corrado D’Ambra | Manuela Piancastelli
di Manuela Piancastelli*
Quella foto io la ricordo. Ricordo l’attimo in cui è stata scattata, ricordo il suo giubbino di renna anni ’70, qualcuno lo chiamò e lui si voltò sorridente, col bicchiere in mano. Eravamo al Parker’s, io come giornalista del Mattino, lui come vignaiolo. Ci eravamo conosciuti molti anni prima sulla sua isola e ci eravamo poi ritrovati in quella presentazione di Cantine Aperte, la più grande intuizione del Movimento Turismo del Vino, di cui era stato un padre fondatore. Lui, Corrado d’Ambra, portava un cognome importante nel mondo del vino, Casa d’Ambra è il vino d’Ischia nel mondo, e ne era fiero e orgoglioso nonostante le diaspore dolorose della sua famiglia.
Mentre scrivo ho nelle orecchie la sua voce, pacata, dolce, musicale. Negli occhi il suo sguardo buono, incantato e ironico a un tempo. Che, nel mentre ti guardava, era già oltre perché la sua mente era veloce. Era un visionario, un poeta. Ma anche un uomo pratico, un organizzatore tenace, un uomo capace di appassionare le pietre, tanto era coinvolgente e generoso nella sua fantastica progettualità. Uomo del vino che aveva capito, come scriveva sui suoi tappi e come ripeto citandolo all’infinito, che “il vino è un gioco della vita”. Una vita che gli è sfuggita di mano dieci anni fa – sembra incredibile che sia passato già tanto tempo senza di lui – e che fino alla fine ha cercato di tenersi stretta perché aveva tante cose da fare, da dire, da realizzare. Dopo don Mario, è stato Corrado il volto di Casa d’Ambra che, senza di lui, non avrebbe superato tanti ostacoli, non sarebbe riuscita a cambiare nel modo giusto. Prima di altri, aveva capito il potere del racconto del vino, prima di altri aveva avuto la grande intuizione di aprire le cantine al pubblico, prevedendo con chiarezza che il futuro delle cantine si sarebbe intrecciato con il turismo colto, raffinato, curioso di un mondo troppo a lungo nascosto.
Isolano per nascita, non lo era nell’animo. Nessuno degli stereotipi sugli isolani si adattavano a lui. Ha affrontato momenti difficilissimi: l’uscita dall’azienda di famiglia, che era la casa della sua anima, lo aveva fatto enormemente soffrire. La sua nuova impresa, Giardino Mediterraneo, un antico palmento a Ischia Porto con una vigna arrampicata sulla montagna in cima a un pezzo di cielo dove amava organizzare “conigliate” con gli amici davanti all’infinito, lo aveva fatto di nuovo sognare. Dinanzi al balcone dell’unica stanzetta sulla cantina aveva messo una piccola statua di terracotta: è mio padre che mi guarda e mi protegge, mi disse un giorno. E quando diceva cose così, di quelle che ti fanno sentire triste triste, non smetteva di sorridere ma questa volta, e solo in questi casi, gli occhi non lo accompagnavano.
Quando scrissi per Veronelli il libro su zio Mario raccontando la storia della sua famiglia, una storia di inquiete passioni, dolorosi distacchi e guasconesche riprese, volle che parlassi con tutti e ovunque mi accompagnò non tentando mai di condizionare il mio lavoro, avvolgendomi in una nuvola di simpatia che mi aprì le porte agli archivi e alle memorie private di Casa d’Ambra. Fu una straordinaria esperienza che mi legò a lui in maniera tenace e profonda tanto che, quando scoprì di avere poco tempo, volle lasciarmi a tutti i costi il testimone del Movimento turismo del vino. Era un uomo di pace ma non era pacifico, nel suo sangue scorreva vino ma sapeva che al mondo c’erano cose più importanti, era un architetto ma potevi scoprirlo solo attraverso le sue etichette di Regola Aurea, era un uomo che guardava oltre la siepe eppure quella siepe l’amava. Era un magnifico, generoso visionario e mi piace lasciarlo su quella terrazza una domenica di giugno, nel suo Giardino mediterraneo, mentre ci versa un calice di Biancolella fresca e ci racconta del domani del suo cuore. Grande Corrado.
*Giornalista e produttrice di vino
5 Commenti
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lo ricordo anch’io con grande affetto… bella persona
come faccio a mandarti la foto di una finestra dell’architetto?
Se non sbaglio in questa foto intravedo anche il grandissimo esperto di formaggi ,Roberto Rubino.
Vorrei ricordarlo anche io, come l’ho conosciuto, ironico e con il “pizzo a riso” che contraddistingue le persone argute.
Erano gli anni d’oro, quando il vino ancora era un mezzo per incontrarsi e socializzare su un argomento appassionante, erano gli anni in cui nascevano le grandi iniziative, pensate e realizzate proprio da persone come Corrado, sempre un passo avanti e con lo sguardo che vedeva lontano.
E il ricordo resta allegro e gioioso, perché le occasioni di incontro, in particolare sulla sua isola, quando ancora salivamo ai Frassitelli a mangiare pasta e fagioli e coniglio all’ischitana, quando ci invitava a fare un giro mozzafiato sulla monorotaia, diventavano inevitabilmente delle meravigliose feste tra amici.
Che bello leggere “gli omaggi” fatti al grandissimo Corrado D’Ambra.
Un Uomo a cui Ischia deve molto . Anche il mondo della ristorazione gli deve molto, infatti tantissimi anni fa fece ristorazione di alta qualità all’interno dell’azienda vitivinicola d’Ambra.
Libera e Giovanni Iovine sono approdati ad Ischia grazie a Corrado che presentò loro questo progetto:” la Ristorazione Gourmet in Cantina” che con il tempo hanno adottato in molti in tutta Italia.
Anche il Saturnino è ancora presente grazie a Corrado. Le chiacchierate fino a tarda notte davanti ad un bicchiere di buon vino fumando le sue sigarette a cui toglieva il filtro erano,per me,momenti preziosi,a cui ancora oggi penso con nostalgia. Nel 2002 mi prenota un tavolo per due (e che duo!!!!) Corrado insieme al Sig.Gianni Mura . Con quella serata decise la mia strada lavorativa coronata da quell’articolo su Repubblica che cambiò anche il seguito alla mia cucina.