Obama, un sogno americano realizzato
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Piccolo tributo a una nazione che sa cambiare
Federico Valicenti, patron di Luna Rossa a Terranova sul Pollino
Grande America! Una nazione che realizza il sogno dei suoi grandi Padri. Grande perché in mezzo secolo ha saputo stravolgere se stessa e i suoi modelli di vita. Solo 53 anni fa l’1 dicembre del 1955, a Montgomery, Rosa Parks si rifiutò di obbedire all’ordine del conducente dell’autobus James Blake che le intimava a lasciare il posto a sedere e spostarsi nella parte posteriore del pullman per fare spazio ai bianchi. Rosa era stanca di essere trattata come una cittadina di seconda classe e rimase al suo posto. Per questo fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine. Quella notte, cinquanta leaders della comunità afro-americana si riunirono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all’accaduto. Il giorno successivo incominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery che durò per 381 giorni dove dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non fu rimossa la legge che legalizzava la segregazione. Questi eventi diedero inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese.
Il 28 agosto del 1963 davanti al Lincoln Museum un altro negro urlò al mondo intero il suo sogno, I have a dream, ho un sogno. E’ la frase con cui viene identificato il discorso tenuto da Martin Luther King,” I have dream”, quello di poter sognare che un uomo nero abbracci un uomo bianco e che insieme lavorino per l’America. Sono passati solo 45 anni e il sogno si è avverato. Lo stesso Martin Luther King scrisse sull’ episodio di Rosa Parks descrivendolo come ” l’espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà, rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future”. Il sogno si è avverato solo dopo mezzo secolo. Un uomo di colore, un nero è diventato Presidente degli Stati Uniti .
Ancora una volta l’America ha tracciato un solco/guida su cui l’Europa, ma soprattutto l’Italia, dovrebbe riflettere. Come ci racconta Alice Waters, in America la scuola pubblica è in declino, diventa sempre di più un ghetto per le minoranze ispaniche, nere e per i poveri. E questo gli americani l’hanno capito. In America il cibo che si mangia non è salutistico e i suoi modelli sono il fast food e gli hot dog, dove vige la filosofia del veloce, del facile, dell’ economico. E questo gli americani lo stanno capendo. Il presidente degli Stati Uniti può avere un impatto sul futuro del mondo.
Nei suoi grandi comizi il presidente Obama ha parlato spesso e molto dell’istruzione, della scuola. Cibo e istruzione sono elementi fondamentali per la formazione e la cultura di un popolo. Mangiare non è una cosa privata, che interessa solo se stessi o la propria sfera familiare. E’ un atto pubblico, quasi politico. Anzi è politico. La politica può decidere molto. Occuparsi di istruzione vuol dire fare cultura. La cultura è anche educazione al cibo. Tutto quello che noi mangiamo, che quindi produciamo, coltiviamo, trasformiamo si ripercuote sull’ambiente. Pertanto riguarda tutti, dal più piccolo paesello lucano alla più grande città del mondo. Ed è importante che tutti abbiano conoscenza e coscienza di quello che si mette in bocca. Bisogna educare. E chi educa se non la scuola? La scuola pubblica è un passaggio fondamentale, dove tutti i ceti sono costretti a passare, dove si costruiscono le fondamenta su cui poggeranno i pilastri della sapienza e della civiltà, della nazione. E’ nella scuola che si possono educare i bambini al consumo responsabile, al rispetto dell’ambiente, ad affondare le mani nella terra, tornare alle radici dei nonni, comprendere il valore delle produzioni locali.
Tutto parte da lì. Noi abbiamo solidi radici nella terra. Ma anche da noi sta prendendo piede il concetto di facile, veloce, economico .Bisogna stare attenti a non perdere questi valori, ci vuole poco. La cultura slow deve partire dalle scuole, cercando di far capire e di insegnare che mangiare bene e locale significa anche stare insieme, socializzare, conoscere. E può stravolgere il modo in cui si programma la scuola che si riflette sugli stili di vita, sulla cultura. Da noi non si intravede un Obama all’orizzonte, per questo bisogna educare dal basso, parlare alle nostre piccole comunità e insegnare il valore del cibo che significa valore di identità locale, regionale, nazionale, universale!
Comprendere che il globalismo non è antitesi del localismo, ma conoscenza universale di quest’ultimo.