Nordic Food Lab a Copenhagen: piccoli cuochi, non abbiate paura del futuro che viene dal Nord
di Barbara Guerra e Albert Sapere
Riuscire a racchiudere dei concetti complessi in poche battute non è cosa semplice. Una delle persone che conosciamo con un grande dono della sintesi è Paolo Marchi. Useremo allora proprio le parole di Paolo per sintetizzare il concetto del Nordic Food Lab, quelle che ha scelto durante Le Strade della Mozzarella per presentare Roberto Flore: “è la NASA della gastronomia”.
Nato da una intuizione di René Redzepi chef/patron del Noma ma oggi a tutti gli effetti organismo a se stante con tanto di direttore finanziario, da giugno 2014 il nuovo head chef del NFL è Roberto Flore, sardo, simpatico e solare.
Da pochi mesi hanno lasciato la loro sede storica, situata su una barca nei pressi nel NOMA, per passare ad una location più comoda ed efficiente presso L’Università di Food Science di Copenhagen.
I processi della comunicazione sono spesso strani e quasi sempre tendono a semplificare concetti molto articolati, se si parla del Noma o Nordic Food Lab la maggior parte delle persone vi diranno la stessa cosa: “ ah quelli delle formiche”.
Per correttezza storica il primo cuoco che ha detto che le formiche potevano essere servite in un grande ristorante è stato qualche anno fa Alex Atala, in un congresso che si chiama MAD a Copenaghen organizzato dallo stesso Redzepi. Ovviamente erano formiche che si trovano solo nella foresta Amazzonica, con uno spiccato sapore citrico, che oggi serve nel suo ristorante di San Paolo del Brasile il DOM.
Nel NFL ho trovato uno sguardo serio verso il futuro.
Ogni anno si apre un bando internazionale per selezionare i progetti di ricerca, il team del NFL valuta quali possano essere quelli più interessanti e, dopo un’accurata selezione, i prescelti entrano nel programma di ricerca che coprirà i costi della ricerca ed offre loro un supporto economico che consente di coprire in parte i costi legati al vivere a Copenaghen. I ricercatori avranno accesso alle attrezzature del laboratorio, a quelle all’avanguardia dell’università e potranno interagire con gli altri integrando le competenze multiple necessarie a condurre una ricerca.
Un metodo rigoroso e trasparente interdisciplinare che non è aperto solo a cuochi, può capitare di trovare nel team di lavoro filosofi, fisici, chimici.
Lo scopo delle ricerche è assolutamente geniale: studiare delle soluzioni per la ristorazione da mettere a disposizione di tutti. La quasi totalità dei progetti di studio del NFL, infatti, vengono condivisi in open source.
Certamente c’è una bella sezione di ricerca dedicata agli insetti che è molto cara al nostro head chef. Roberto entrò in contatto la prima volta con il NFL proprio con uno studio sul “casu marzu”, il formaggio tipico di alcune zone della Sardegna nel quale le larve della mosca casearia, dopo un processo di trasformazione, rendono il formaggio morbido e dal sapore particolare. La cultura del formaggio con gli insetti non esiste solo in Sardegna ma anche in altre zone d’Italia e d’Europa. In generale l’uso di mangiare gli insetti è molto diffuso nel mondo e non per mancanza di cibo come erroneamente si può essere portati superficialmente a credere ma per il piacere del loro sapore. Noi stessi abbiamo mangiato due tipologie di formiche dal gusto diverso ed intenso. Per approfondire questo punto è stata illuminante una chiacchierata con Afton Halloran, canadese, dottore di ricerca all’università di Copenaghen e co autrice della pubblicazione “Edible Insects: future prospects for food and feed security” edito dalla FAO e testo bibbia per quanto riguarda il mondo e la cultura degli insetti edibili, ad oggi il testo che ha ricevuto il maggior numero di download in tutta storia della FAO
Le tradizioni non sono mai statiche, come tutto nella vita. Quello che oggi è tradizione un giorno è stata innovazione. Quello che era tradizione 500 anni fa probabilmente non esiste più e se esiste non nella stessa sostanza.
L’esempio più lampante nel cibo del Sud del mediterraneo è il pomodoro. La maggior parte di alcune preparazioni in Campania ritenute oggi ultra tradizionali, spaghetto al pomodoro, parmigiana di melanzane, pizza napoletana, non sarebbero quelle che conosciamo e che amiamo oggi se qualcuno non avesse deciso di impiegare il pomodoro per uso alimentare, perché nei primi anni successivi alla sua introduzione in Europa si pensava fosse una pianta ornamentale.
Una dimostrazione di tecnologia è il frigorifero, oggi sembra quasi ridicolo tirarlo in ballo ma, ad esempio, Luigi Cremona ci ha raccontato più di una volta che quando ha cominciato a girare per ristoranti e cucine verso la fine degli anni ’70 pochi ristoranti ne erano in possesso.
Un modello pratico è senza dubbio quello dell’industria automobilistica. Tutti i giocattoli che oggi ci rendono comoda la vita in un viaggio quali il cambio automatico, il controllo della trazione, l’ ABS, sono prima stati studiati come prototipi nel circus della Formula 1 e poi diventati di uso comuni sulle nostre macchine.
Il NFL senza preconcetti, prova a capire quello che nei prossimi anni potrà diventare tradizione perché è stata un’innovazione particolarmente ben riuscita o pensata.
Allora ci è capitato di trovare una ricercatrice che studiava il modo migliore di sgusciare i gamberi, con tante pentole sul fuoco e l’acqua con diverse temperature, come poi trasformare il carapace del gambero per non fare sprechi, realizzando con essi una sorta di pasta di gamberi fermentata come avviene in Asia.
Abbiamo capito un’altra cosa importante, che le preparazioni prendono quel gusto anche in base al procedimento con cui vengono fatte.
Abbiamo poi visto in fermentazione un aceto balsamico fatto con il mosto di mele cotogne e non con quello d’uva. Le cavallette utilizzate un po’ come le alici per preparare una colatura, o le formiche, private dell’acido formico, diventare gin dopo un processo di distillazione.
Al termine della visita siamo stati colti da una duplice sensazione, un misto di orgoglio e invidia.
Trovare un italiano a capo di questo team ci ha reso davvero fieri, invidiosi perché in Italia siamo lontani dal concepire uno spazio in una università con gli stessi fini, la stessa serietà, la stessa trasparenza e la stessa interdisciplinarità.
Ci piace chiudere il post citando Sir Winston Leonard Spencer Churchill: “Di questo sono certo. Se apriamo una lite tra il presente e il passato, rischiamo di perdere il futuro”.