Non faccio il rosato e sapete perché? La 2013 non è un grande annata
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Manuela Piancastelli
Ho letto e sentito da più parti, relativamente alla vendemmia 2013, che si sarebbe trattata di una grande annata. Da quando sono uscita dal mondo della comunicazione “attiva” (come sapete sono stata per oltre vent’anni giornalista del Mattino) e sono entrata in quella della produzione (Terre del principe) mi rendo sempre più conto che talvolta lo scollamento fra il racconto giornalistico e la realtà è molto più profondo di quanto appaia.
Già il fatto che si parli di un andamento dell’annata a tre-quattro mesi di distanza dalla vendemmia, quando può succedere di tutto, da una siccità a una grandinata, è poco serio. E che si parli con tanto anticipo di un andamento generale, valido per tutt’Italia o anche solo per tutta la Campania, è altrettanto poco attendibile.
A volte nello stesso territorio, nella stessa vigna, ci sono differenze di maturazione tra un filare e l’altro. Se l’andamento del terreno è in pendenza, le uve della parte superiore maturano meglio di quelle a valle dove magari può esserci un ristagno d’acqua o di umidità, ci possono essere filari che, meglio di altri, sono battuti da un vento che viene sempre dalla stessa direzione e che quindi sono più sani.
Sono solo esempi, naturalmente, che potremmo moltiplicare. E poi la Campania è un microcosmo, dalle isole alle colline, dal mare alla montagna, come si può paragonare la Costiera all’Irpinia o al Casertano? Sono realtà pedoclimatiche totalmente diverse fra di loro e quindi come si possono unificare quando si parla genericamente di un’annata?
Dico questo per spiegare che l’annata 2013, contrariamente da quanto si è detto, non è stata una buona annata. Almeno non per noi, qui nel Casertano, sulle colline di Castel Campagnano. E’ piovuto pressocchè senza sosta fino a maggio, le temperature sono state fredde fino a quel periodo (ricordo a mare l’acqua gelida di giugno) e l’estate è stata molto mite, senza picchi di calore.
A settembre, poi, è ricominciato a piovere con temperature medio-alte e quindi è iniziata la lotta contro le malattie che si sviluppano con l’umidità e il caldo. E poiché in quel periodo non si possono più fare trattamenti, dopo aver già fatto il diradamento ai primi di agosto, abbiamo ripreso a buttare giù grappoli, sfogliare, per fare asciugare quel che rimaneva.
E se siamo riusciti a portare a casa con maggior tranquillità il Pallagrello bianco a metà settembre (quest’anno non ci sono stati gli anticipi a cui ci eravamo abituati) per il Casavecchia e soprattutto per il Pallagrello Nero sono stati dolori.
Abbiamo lasciato quasi la metà delle uve sulla pianta perché è stato difficile trovare grappoli perfettamente maturi (per la difficoltà di maturazione si è verificato il fenomeno dell’acinellatura, ossia chicchi piccoli e verdi incapsulati fra quelli più grandi e maturi) e integri (Peppe che sovrintende a queste operazioni non farebbe mai entrare un’uva anche solo “toccata”) e abbiamo successivamente scelto a uno a uno i chicchi sul tavolo selezionatore.
Risultato: quasi il 40 per cento in meno di uve rosse. E, come sapete, il rosato si fa da uve rosse. Ricordo Peppe che mi guarda e chiede timidamente, conoscendo la mia passione per il rosato: “Che facciamo? Sacrifichiamo 3000 bottiglie di Castello delle Femmine o 3000 bottiglie di Roseto del Volturno? Scegli tu!”.
Bella responsabilità. Far vincere il cuore o la mente? Per una volta ha vinto la ragione e ho scelto di sacrificare il vino meno richiesto tra i due anche se da me il più amato.
Ecco perché questa vendemmia 2013 si chiude con un piccolo “lutto”, ossia senza il Roseto del Volturno. Aspetto con ansia la vendemmia 2014 per rifarmi: se si riproponessero le stesse condizioni e dovessi fare una scelta analoga, questa volta vincerà il cuore.
Già un anno è troppo senza il mio rosato!!!
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Saggia, realistica e coerente, ancorchè dolorosa, decisione di un perfetto binomio di persone serie, affidabili, e competenti.
Sarà per la prossima volta… Ad majora!
Cara la nostra Manuela, quanta passione e quanta verità nel Vostro lavoro! Un bacio e un abbraccio Antonio e Francesco