La testa del germano reale nel piatto del Noma spiegata da chi la cucina: Riccardo Canella
Con un po’ di ritardo Facebook mi mette sotto il naso il post di Riccardo Canella che mi colpisce per il tono denso e pacato. Spinge a riflettere dopo il vespaio suscitato dal piatto del Noma di Copenhagen. Il distacco tra la nostra vita quotidiana e la produzione del cibo ha prodotto nuove sensibilità: il cadavere di un immigrato in mare non ci impressiona quanto la testa di un uccello in un piatto. Non siamo diventato più buoni, abbiamo solo meno rapporto con la natura nella sua reale espressione di vita e di morte.
In effetti tutto dipenda da come si è abituati da piccoli. A me la testa di capretto non fa alcun effetto, mentre non mi piace mangiare con una testa di pesce nel piatto. Poi naturalmente se si è vegetariani o vegani questo senso di ripulsa aumenta ancora di più.
Ecco allora la spiegazione de sous chef italiano al Noma.
di Riccardo Canella
Vorrei far chiarezza sulla foto in questione
Innanzitutto so che per chi non conosce la nostra filosofia, questo piatto può sembrare estremo! Lo è… e sicuramente può turbare persone che per svariati motivi seguono una dieta vegetariana o vegana, in realtà potrebbe turbare anche molti onnivori… è proprio questo il punto…
Il modo in cui Renè approccia alla cucina è estremamente materico, e vuole mettere la natura nel piatto, da un vegetale, a un frutto del mare, e in questo caso anche un germano reale selvatico.
Il piatto in questione fa parte del menù della selvaggina e foresta 2019, terminata a dicembre.
Durante la suddetta stagione della selvaggina, tutte le anatre che arrivano al ristorante vengono cacciate in Scandinavia (durante la stagione di caccia che va dal 1 settembre a fine dicembre), spiumate da noi e poi fatte frollare per almeno una settimana…
Tutte le teste vengono fatte bollire e poi sanificate con etanolo (anche la piuma) e ricoperto di cera d’api all’interno appunto per eliminare qualsiasi tipo di carica batterica.
Il cervello è fritto in una tempura leggera e poi marinato con ginepro e timo artico, mentre nel becco “mozzato” racchiude una tartare del cuore dell’anatra stessa, leggermente affumicati conditi con un’emulsione di burro nocciola… buonissimo, perché l’estetica è la creatività non devono mettere da parte il gusto.
Il motivo per cui è stato fatto questo piatto è semplice, quando si mangia carne (ne usiamo gran poca al Noma!) c’è sempre una morte di mezzo, che tu sia tenuto a vederla o meno, per celebrare questa morte, abbiamo deciso di pagare rispetto all’animale usando tutto, dalla testa alle zampe proprio per non sprecare niente, per quanto splatter questo possa risultare agli occhi di molti, vi assicuro che quel Germano reale è meno macchiato di sangue del petto di pollo incelofanato dentro le scatoline di plastica che comprate al supermercato, per non parlare degli ortaggi sotto prezzo e fuori stagione che comprate sempre nel supermercato sotto casa…
Rispetto molto lo chef che ha fatto quel post, penso che sia una persona di gran cultura e gentilezza, cose rare di questi tempi, spero riuscirà a venire quest’estate per provare il menù vegetariano e poter vedere come lavoriamo…
Non mi sento di dover dire tutto questo per difesa nei confronti del Ristorante dove lavoro, non penso ce ne sia bisogno, solo un po’ di cultura e conoscenza per coloro che non sanno ma hanno un’opinione su tutto.
CHI E’ RICCARDO CANELLA IN QUESTO PEZZO DI ALESSANDRA MONETI DEL’ANSA
Un commento
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Posso capire che si mangino degli animali per necessità alimentari, ma non condivido che non si abbia rispetto almeno per la bellezza, solo perchè questo menu venga consumato da chi lo può pagare profumatamente. Gli scandinavi hanno sicuramente molte virtù perchè sono sempre stati temprati alla vita dura, ma non si può dire che non abbiano anche difetti, sono discendenti dei Vichinghi, (non travisate e non prendetelo per razzismo) dirò ad esempio che lo splendido panorama di Reine nelle Lofoten è deturpato da un grosso cilindro di gas? carburante? di colore ARANCIONE proprio nel bel mezzo del panorama.