Noci (Ba), Cantine Barsento con vineria e ristorante
di Teresa Mincione
Siamo a Noci, tra le dolci colline della Murgia sud orientale nel cuore della Puglia. Il cartello che accoglie chi entra in paese recita “città enogastronomica”, la stessa che fa da sfondo a un’azienda fiore all’occhiello del settore vitivinicolo pugliese: la BARSENTO. Di proprietà della famiglia Colucci sin dagli anni settanta
sorta per realizzare il sogno di Gilda e Pietro Colucci. Nel 2000 il testimone è passato ai figli Rocco e Francesco. Consapevoli dell’enorme bagaglio di tradizione e passione, hanno perseverato nell’impegno e nel rinnovamento tanto dell’azienda quanto e della cantina, vera chicca in roccia calcarea.
Domenica. Il cielo è nuvoloso, non promette nulla di buono. L’aria è pungente. All’arrivo c’è Rocco Colucci che con cortesia e gentilezza fa gli onori di casa.
Si scende di un piano ed ecco la sala ristorante-pizzeria-vineria. Posti?170! Uno spazio per viaggiare tra sapere e sapori di Puglia, un locus ove unire il buon bere e il buon mangiare. Nato nel 2002 dalla conversione di parte dei vecchi spazi produttivi. Un’azienda nell’azienda.
La curiosità è donna. Un marchio, quattro angoli, quattro raffigurazioni diverse. Perché?
Sorpreso dal mio interesse e dalla susseguente domanda, Rocco C. rivela che in barba alle tante trovate pubblicitarie quello è il frutto di una trovata bizzarra: la riproduzione di un calco di rame fatto per un tavolino
di famiglia composto di quattro pezzi. Ecco spiegati i quattro angoli. Il padre Pietro per creare questo tavolino chiese alla moglie e ai due figli di realizzare un disegno. Anch’egli ne fece uno. Non trovando nulla che soddisfacesse i gusti per il marchio, Rocco pensò al calco del tavolino e … marchio fu!Si scende ancora di un piano e si arriva finalmente in cantina. Un “percorso al contrario” lo definisce. Non dall’uva alla cantina ma dalla cantina all’uva. La prima sensazione è di essere in uno spazio enorme. Una sola parola: Suggestiva! Racconta che ciò che avevamo sotto gli occhi era anche il frutto di una ristrutturazione che ha permesso l’immissione d’impianti di nuova tecnologia. Calette e cunicoli scanalati nella roccia calcarea fino a 13 metri di profondità, che in realtà in passato non erano che vecchie vasche di decantazione dei vini e in seguito utilizzate come vani per la conservazione delle bottiglie. Più i passi s’infilano l’uno dopo l’altro, più ci si accorge che lo sguardo si perde dinanzi a pile di bottiglie ordinate con dovizia certosina. Quasi si arriva a coprire interamente le pareti. Nessun odore di cantina! Spostandoci tra i corridoi, dinanzi agli occhi varie file di botti grandi che assolvono la sola funzione di contenitori. Il motivo?La filosofia dei vini Barsento: ”Il tonneau serve solo da contenitore. Il bravo produttore deve essere tale senza l’ausilio della barrique. Il legno è una droga. Il vino deve fare acciaio, o almeno non solo acciaio”.
La visita continua tra i vari angoli, ciascuno con un particolare o riferimento da non trascurare.Si ascolta a questo punto con sempre maggior attenzione giacché si avverte che quelle non sono solo parole ma vita di chi le sta offrendo. Si arriva al pezzo forte: la saletta archivio sotterranea -“saletta della verità”la chiama- dov’è conservato un lotto minimo di ciascun’annata.
Qui si eseguono le analisi chimico-fisiche ed è qui che ci sono le bottiglie più vecchie. Una bellissima emozione!La temperatura è di 15° tutto l’anno con il 65% di umidità. Il magazzino? E’ la stessa cantina! L’acquirente in questo modo è garantito che sino al momento che precede l’acquisto, il vino è stato conservato nel migliore dei modi mantenendo la qualità e la resa del vino inalterata.
E’ tempo di ritornare ai piani alti, lì il mosto ci attende!
Si conclude cosi il viaggio fatto al contrario nell’illustrazione dei passaggi base delle uve, dell’esclusività della vendemmia fatta a mano, dei macchinari e della pigiatrice con cui, spiega, i rossi vengono solo delicatamente e sofficemente spremuti per poi alla fine del processo, essere destinate al Paturno, al Casaboli O Malicchia.
Tempus fugit e allora … ai bicchieri per la degustazione!
Sul tavolo taglieri di prodotti di alta qualità. Salumi artigianali, formaggi freschi e stagionati come il caciocavallo affinato in grotta. Rocco C. seduto a capotavola lascia parlare ciò che scorre nei bicchieri. Una convivialità eccezionale. Un uomo con grande lungimiranza e visione d’insieme, ma soprattutto una persona con un fortissimo legame al territorio … il suo territorio che fa dei suoi vini quelli d’una vita. Valorizzare i vitigni autoctoni è una vocazione di famiglia. Il vino è qualcosa di sacro, che passaggio dopo passaggio attraverso una lenta e delicata evoluzione riesce a mandare un messaggio di territorialità e qualità. Questo ciò che traspare dalle sue parole.
Un’occasione davvero preziosa per un confronto con chi quel vino l’ha visto nascere. La degustazione si trasforma così ora dopo ora in un pranzo caratterizzato dalla qualità dei vini e dalla fantasia degli assaggi dello chef Sergio Dongiovanni. I vitigni predominanti sono essenzialmente autoctoni: Primitivo, Malvasia Nera, Malvasia Bianca. Un ventaglio di prodotti IGT di grande qualità che spaziano dai rossi come il Paturno (80% Primitivo e 20% di Montepulciano), il Casaboli (100% Primitivo) e il Malicchia Mapicchia (100% Primitivo), passando per il rosato (con un’anima da rosso) Magilda (100% Malvasia Nera) al bianco Epillio (100%Malvasia Bianca). Interessante la degustazione dei quattro vini, dove si spazia dal bianco ai rossi:
Malvasia bianca in purezza per firmare l’EPILLIO. Si presenta con un bel colore giallo paglierino. All’olfatto si caratterizza per la preponderanza di note fruttate e floreali e una leggera nota esotica si delinea gradevole. Fresco. Perfetto con un piatto di pesce.
Malvasia Nera per il MAGILDA. Il” rosato di tradizione”lo chiamano. E’ vinificata in bianco portata a fermentazione a temperatura controllata. Ha una particolarità: il colore più carico è dato anche dai fattori pedoclimatici e dalle sostanze di cui è ricco il terreno. Non un rosa chiaretto ma un bel rubino. Oserei dire un rosato dall’anima di un rosso. E’fruttato ma la fragolina di bosco la fa da padrona. Buona sapidità.
Il Primitivo in CASABOLI esprime tutta la sua personalità autoctona tanto all’olfatto quanto al gusto. Color rosso rubino, impenetrabile. Abbastanza consistente. L’impatto olfattivo è elegante con note fruttate e piacevoli sentori di mora, prugna e amarena. Non mancano i chiodi di garofano, pepe e liquirizia. Ammaliante e intenso. Un naso interessante ma tutto da scoprire nel tempo!
Ancora Primitivo in purezza per il MALICCHIA MAPICCHIA che rapisce immediatamente per il suo carattere da latin lover. Classificato come rosso dolce si presenta particolare al naso con chiari sentori di fragole, ciliegie, prugne. Al gusto non tradisce l’olfatto giacché tutto torna al palato. Caldo e con una buona consistenza. Una poesia, stampata anche nella simpatica pergamena che lo avvolge, lo descrive e lo decanta.”. Rosso rubino forte e un profondo naso leggero si primicola.. Malicchia un poco…è viola s’aggrotta fa spessace aggiunge liscio il carico del gusto saccarace… Convien che tu lo segua Mapicchia chi vien dietro ante bisogna alzare al nettare rubare il fiato e il lungo spino del fragor …che fa bambino!
Ormai la mattinata ha ceduto il passo alla serata. Un gioco simpatico che chiude l’incontro: un commento per ogni vino. Epillio un conte distinto,uno che non partecipa alle feste di tutti. Magilda una donna bellissima che una volta conosciuta non se ne può fare a meno. Malicchia Ma
picchia un latin lover. Casaboli:un uomo di cultura d’instancabile compagnia.
Azienda Vinicola – Ristorante Vineria C.da San Giacomo 70015 – NOCI (BA) – ITALIA. Amministrazione commerciale:tel. +39 080 4979657 – fax +39 080 4976126 . Enologo: Leonardo Palumbo Info: [email protected] . www.cantinebarsento.it