Niko Romito alle Strade della Mozzarella: la semplicità e la sottrazione
a cura di Giulia Cannada Bartoli
Una delle caratteristiche della ristorazione italiana, prima considerata un limite, la tradizione familiare, in questi anni più recenti si è dimostrata il nostro vero grande modello, quello del successo italiano nel mondo.
Niko è partito da un punto in apparenza svantaggioso: un piccolo paese di 700 abitanti, Rivisondoli con il ristorante di famiglia che Romito voleva dapprima chiudere e invece ha trasformato lo svantaggio apparente in opportunità rimanendo fermo sulla propria identità culinaria esaltando con la tecnica i prodotti del suo territorio. Da poco più di un anno Niko, giovane stellato, ha aperto in un posto incantevole il Reale Casadonna, si tratta di un antico convento anche con camere per l’ospitalità.
In contemporanea, con la collaborazione di tutta la famiglia Romito ha aperto la Scuola di Alta Formazione che ha l’ambizione di raccontare la cucina italiana vista attraverso prodotti, produttori ed il loro lavoro che si nasconde dietro le eccellenze della nostra gastronomia. La struttura è assolutamente contemporanea poiché offre quello per cui il pubblico oggi si emoziona: l’orto, la terra, i prodotti recuperati da piccoli artigiani contadini. Si tratta di sei ettari di terreno con valenza sia didattica che produttiva. C’è un antico frutteto, siamo ad 850 mt sul livello del mare, dove si stanno recuperando antiche varietà di frutta di montagna, che stavano scomparendo perche non redditizie. Ancora l’orto per il fabbisogno del ristorante, la produzione di un miele d’altura e un ettaro di vigneto sperimentale dove, insieme ad Attilio Scienza dell’Università di Milano si è impiantato per la prima volta a livello nazionale, il vitigno autoctono Pecorino ad un altezza di 850 mt.
Il piatto di Romito è apparentemente di semplicità disarmante: un tortello di ricotta di bufala, acqua di bufala, capperi e pepe: “non ho voluto toccare la mozzarella che è un prodotto con una storia di 500 anni;ho ragionato sul sapore della mozzarella e l’ho ritrovato in quello del liquido di governo con il punto giusto di salatura; l’ho utilzzato per cuocere il tortello e poiché la persistenza del liquido di bufala non è lunga abbastanza ho dovuto lavorare sulla sua struttura, addensandola con amido di riso; ne è derivato un brodo leggermente denso e poiché ‘mancava qualcosa’ ho aggiunto una nota vegetale con i capperi, ma ho dovuto allentarne la struttura nella masticazione; li ho dissalati e centrifugati a regime molto basso, espellendo solo la parte solida, ottenendo così un’essenza in assenza di struttura solida. La nota aromatica l’ho trovata con il pepe nero,ma anche in questo caso, non volevo presentare i grani, ho messo il pepe in infusione ottenendo così un’acqua di pepe. Ho realizzato dei bottoni ripieni di ricotta naturale non salata, in padella ho aggiunto l’acqua di governo per cuocere i tortelli e durante la cottura, unisco l’acqua di bufala gelificata , gocce di acqua di cappero e gocce di acqua di pepe. Ripassando i ravioli in quest’acqua, la sua struttura provoca una ‘laccatura’ del tortello, quasi come una salsa trasparente che sa di pepe e capperi. La struttura grassa e cremosa della ricotta si contrappone con quella acida e con le note aromatiche. Questo piatto, senza aggiunta di grassi, rappresenta la mia cucina fatta di grandi materie prime e di tecnica di equlibri fondata sulla sottrazione.
Questa cucina sta diventando un punto d’arrivo in Italia: è una tendenza del voler riaggiornare la cucina classica italiana tradizionale, alleggerendola dei grassi e del di più.
Pare essere questa la nuova via della cucina italiana e Niko Romito ne è certamente un pioniere.