N’ata Luna, il gusto della semplicità, a Grottaminarda
di Tonia Credendino
Quando provo un nuovo ristorante cerco un’esperienza totale, stimolante e seducente che coinvolga tutti i sensi, unicità è la mia parola d’ordine nella vita e si traduce anche nella ricerca del cibo ma soprattutto nell’atmosfera ricreata di un luogo attraverso il design, lo stile, i colori e i materiali.
Per quanto il bistrot è uno dei trend gastronomici più diffusi in Italia ho sempre difficoltà a trovarne uno che rispecchi quel concetto di stagionalità al contenimento degli sprechi, dove coesistono qualità e informalità e dove è permesso anche sostare per un drink o un caffè.
Finalmente, complice Google Maps e l’itinerario per rientrare da una notte a Manfredonia, ho deciso di visitare un nuovo bistrot che avevo nel mirino da un po’ di tempo e che ha soddisfatto le mie aspettative.
Un locale interessante: via di mezzo fra bistrot e caffetteria, un ristorante informale e allegro, dallo stile industrial che mi appassiona da sempre. N’ata Luna è design e ricerca, bellezza dei piatti e dell’atmosfera, un bistrot moderno dai sapori antichi.
Siamo a Grottaminarda, contrada Ruvitiello, sulle vie che collegano la Campania alla Puglia, questa città avellinese è posizionata in una area strategica ed è stata terra di passaggio sulla rotta tirreno-adriatico fin dall’antichità, rappresentando un fondamentale snodo commerciale.
La visione imprenditoriale di N’ata Luna – che sta ad esprimere una nuova nata, una novità – è ampia.
Cuore del progetto sono Antonella Tocco e Vincenzo Panico che sono riusciti a creare un microcosmo riservato e accogliente. N’ata Luna, è un bistrot gastronomico, racchiuso da sobrie pareti verdeggianti, che conferiscono un’allure intima ed elegante, è impreziosito da lampade importanti, che infondono con il loro tocco raffinato un’atmosfera soffusa. I tavoli sono in legno e ferro e l’ambiente riesce a fondere alla perfezione l’anima industriale con quella vintage.
Cuore pulsante del ristorante è la cucina a vista, “per un’esperienza senza filtri” mi dice Panico, sicuro che la trasparenza tra clienti e brigata di cucina crea valore e armonia.
Alla regia incontriamo Vincenzo Vazza talentuoso chef originario di Bonito, trentatré anni appena ma legatissimo alla sua terra. La sua cucina è un viaggio sensoriale che abbraccia la storia, la cultura e l’anima del territorio, è un invito a esplorare, assaggiare e scoprire le meraviglie dell’Irpinia, e la capacità di plasmare gli ingredienti senza tradirne l’autenticità.
Caccia e pesca sono le sue passioni più grandi, Vazza mi confida che spesso dopo lavoro ama rifugiarsi nel bosco del quale conosce tutti i segreti: “La materia prima per me è espressione di un territorio e ne segue cambiamenti ed evoluzioni.”
La filosofia culinaria di Nat’a Luna celebra l’essenza stessa dell’Irpinia, un luogo di bellezza straordinaria e ricchezza culinaria, e leggendo il menù ci si immerge nel variegato mondo dei prodotti locali e dei produttori che lì coltivano con passione e dedizione, una cucina che premia la tradizione e la semplicità, il rispetto per la tradizione unito all’amore per l’innovazione.
Ci sono due menù degustazione, Transumanza, un percorso gustativo di undici portate, che porta a tavola il movimento ciclico di uomini e animali attraverso territori, alla ricerca di pascoli e prodotti stagionali. E il menù Inverno, otto portate che celebrano la stagione caratterizzata dalle conservazioni dei mesi precedenti e dai pochi frutti che la natura ci offre. Cinque proposte di antipasti, cinque primi (più un fuori menù), cinque secondi e i dessert, spicca anche la presenza tra le altre cose del tartufo e dei porcini.
Intanto ci servono i loro pani: cracker artigianale realizzato dallo chef con semi di sesamo e sale maldon, tarallo napoletano realizzato come da tradizione con sugna, pepe e mandorle, grissini tirati a mano e una pagnotella di pane casereccio cotta nel forno a legna.
In attesa degli antipasti arriva il loro entreé di benvenuto: cannolino croccante ripieno di ricotta di Carmasciano mantecata al Pulieio irpino, la pizza chiena, in versione amuse-bouche, una tartelletta realizzata dallo chef con scarola riccia, goccia di pecorino e polvere di acciughe, la più amata con il suo sapore intenso, la pallotta cacio e ova con mostarda di pera e germogli colorati e l’arancino di montagna, con il suo ripieno di funghi porcini e tartufo.
Trota di fiume iridea salmonata affumicata alla mela verde, yogurt acido, menta, salsa scarola, uova di trota, piatto che celebra la passione di Vazza per la pesca d’acqua dolce, che ammetto di aver apprezzato tantissimo per essere la mia prima volta con un pesce da fiume e che rivaluterò nella mia alimentazione quotidiana per i suoi principi nutritivi.
Uovo al Tartufo di Bagnoli nido di pasta kataifi, vellutata di porro e patate e tartufo nero di bagnoli con spuma di caciocavallo, una delle unioni più celebri e apprezzate nella gastronomia italiana, il tuorlo cremoso e morbido, in particolare, si sposa perfettamente con la texture del tartufo.
Puliero, un taglierino fatto in casa, burro, limone, pulieio irpino, polvere di acciughe. Il Pulièio in italiano Puleggio (Mentha pulegium) è un’erba che cresce spontanea molto aromatica e profumata, corrisponde ad una varietà della menta selvatica conosciuta fin dal tempo degli antichi romani che la utilizzavano contro i disturbi respiratori, un omaggio alla tradizione irpina che normalmente e per tradizione lo troviamo nel ragù per aromatizzare in modo mirabile il sugo, qui invece viene proposto dallo chef Vincenzo Vazza in bianco, abbinato al burro artigianale aromatizzato al limone, in modo da esaltarne il sapore aromatico, una vera e propria poesia del territorio.
Quarantino di Volturara, una pasta mista e fagioli quarantini di volturara, bronoise di sedano gesualdino, tarallo n’sogna e pepe, clorofilla di prezzemolo, con doppio presidio.
Detto anche quarantino per la durata del suo ciclo di maturazione il fagiolo di Volturara Irpina è piccolo, irregolare e ha una buccia sottile di color bianco cenere, cresce nei terreni dell’altopiano irpino, ai piedi del monte Terminio.
Il sedano di Gesualdo chiamato “accio” in dialetto è una varietà locale che si coltiva nei pressi dell’omonimo paesino irpino, sulla dorsale tra la valle dell’Ufita e del Calore, a rischio estinzione a causa della sua sostituzione con varietà moderne più produttive, e per via dell’abbandono dei terreni orticoli.
Tra i secondi ho amato la tenerezza e la succulenza del Vitello e Castagne, uno stracotto di vitello all’aglianico, con castagne di Montella glassate, base di sedano rapa e cicorietta di campo e del Pertecaregna un cuore di baccalà in olio cottura, peperoni Cruschi, polvere di prezzemolo, pil-pil baccalà, olio di Cruschi.
Un menù ricco di proposte, che spaziano dal mare alla terra, e che cambiano a seconda della stagionalità dei prodotti e della disponibilità dei produttori locali: tutto, infatti, dagli ortaggi al pesce e dalla carne alla pasta, è selezionato scrupolosamente, una cucina e un servizio genuini, attenti, generosi e coerenti.
Anche il dolce merita il mio plauso, “Come una mela annurca” o anche oserei dire come nelle favole, un tributo al frutto di stagione simbolo della Campania, la mela annurca, ma in una veste moderna con una mezza sfera di cioccolato bianco, glassata alla mela annurca, che racchiude pezzetti di mela, una delicata nota di vaniglia e cannella, gel al mandarino e pasta frolla sbriciolata.
N’ata Luna si conferma alla grande uno dei locali da visitare, il mio itinerario alla ricerca di indirizzi da non perdere continua, alla prossima tappa.
Contrada Ruvitiello, 83035 Grottaminarda AV