Napoli, low cost al Vomero: Osteria Donna Teresa dal 1913


da sx Teresa, Luigi e Anna Sorvino, gli eredi di Donna Teresa

Donna Teresa, tutto parte da lei ai primi del ‘900

Teresa, nata nel 1884, intraprende ai primi del ‘900 una piccola attività: “marenne” con il cucinato, ovvero pane con le polpette, piuttosto che salsicce e verdure, che vendeva a 20 lire, per poi passare a pochi piatti caldi. Con il guadagno è riuscita a mantenere 11 figli. Il locale, che non ha mai cambiato sede, né tantomeno si è ingrandito, si trova all’angolo tra Via Kerbaker e Via Scarlatti, a pochi passi dalla funicolare per piazza Amedeo. Nove tavoli, con tovaglia incerata in plastica, servizio semplice e veloce, bicchieri in vetro, quelli delle vecchie osterie, e udite udite: vino, olio, e ortaggi di produzione dello stesso Luigi Sorvino, il figlio di Teresa che con la moglie Anna e la figlia Teresa portano avanti da soli la tradizione di famiglia dal 1976, anno della scomparsa di Donna Teresa che è stata in trattoria sino agli ultimi giorni. La nonna era affiancata in cucina da altre due figure storiche della famiglia, “zia Sisina (diminutivo di Anastasia) e zia Nunzia, dalle quali la Teresa di oggi, giovane e appassionata donna poco più che trentenne, laureata in lettere, ha ereditato la passione per la cucina, tanto che nel 2000 decide di mollare tutto e sposare in pieno l’attività di famiglia. Oggi in cucina ci sono lei e mamma Anna, la moglie di Luigi. La particolarità di questo luogo sono i ricordi condivisi, ci sono tanti vomeresi seduti ai tavoli, gente che viene qui da anni, coppie di anziani che non hanno voglia di cucinare ( fare la spesa costerebbe di più che mangiare primo secondo contorno e vino da Teresa), turisti diretti a San Martino, pochi giovani, ne chiedo ragione a Teresa mi risponde: “Mc Donald ha distrutto tutto, questi ragazzi non hanno più idea di cosa voglia dire mangiare bene”.

la saletta di Donna Teresa all’ora di pranzo

Questa è la mia terza tappa in città dopo la Trattoria Moccia e Nennella, posti unici e da difendere a tutti costi. Qui ho trovato una cosa in più che mi ha profondamente colpita: Luigi Sorvino, nel 1980 ha acquistato a Fasani di Sessa Aurunca, una frazione della storica cittadina, in pieno Alto Casertano, alcuni ettari di terra coltivati a vite ed ortaggi per l’autoconsumo della trattoria. L’olio d’oliva utilizzato in cucina, l’aglianico e la falanghina sono prodotti esclusivamente da Luigi. Ho assaggiato i tre prodotti prima di pranzo: l’olio è un delicato fruttato leggero, con qualche nota aromatica, aglianico e falanghina vinificati artigianalmente sono assolutamente tipici e puliti, più di qualche bottiglia in commercio su scaffali di supermercati o discount. Le verdure, dai pomodori per le conserve, a quelli freschi per le insalate, ai mitici carciofi ( questa è zona di produzione), zucchine, carote, melanzane, patate, mele annurche, scarola, borragine e tanto altro arrivano dalla fatica e dalla passione di papà Luigi.

l’aglianico di Luigi Sorvino da Fasani di Sessa Aurunca nel cuore di Terra di Lavoro

Menzione speciale per il pane, arriva dal comune di Casavatore, lo stesso fornitore da 40, anni, cuoce il pane a fascine. Un alimento dal sapore unico: sapido, croccante e morbido allo stesso tempo, profumatissimo, un grosso pericolo per la dieta, si accompagna alla grande con i sughi di Anna e Teresa.

il fantastico pane cotto a fascine

I primi piatti tutti tradizionali sono un’infinità, la scelta varia, tre o quattro al giorno. Si può spaziare dal semplice pomodoro fresco, pasta al forno, crostata di fettuccine, tutte le minestre fatte a mestiere con i legumi, lagane e ceci,  fagioli e scarole, pasta e cavoli, pasta e zucca, pasta e patate con la provola, orecchiette con i broccoli, i mitici gnocchi di patate il giovedì, il sartù di riso rosso, ziti lisci al ragù o, alla genovese che Anna e Teresa preparano con le cipolle rosse, la corazza, ( che corrisponde alle spuntature a Roma e al costato bianco a Milano), la cd. “carne ‘e chianchiere. (O Chianchiere è il Beccaio. Il venditore di carni fresche macellate in negozi attrezzati con un bancone alto e spazioso (‘a Chianca), con a lato un grosso ceppo di legno, poggiante su tre piedi anch’essi di legno (Descheraio), dove si tagliava i pezzi più grossi in fettine o ritagli più piccoli, come lo spezzatino e dove si spezzavano le ossa dell’animale, utilizzando una serie di coltelli e coltellacci. Era un mestiere qualificato e consisteva nel saper sfasciare l’animale macellato in pezzi privi di grasso e di cotica e farne bella mostra appesi a dei ganci o su grossi piatti d’acciaio), la pettola di spalla e il gamboncello di prosciutto. Il ragù è quello napoletano tradizionale con “tracchiolelle” di maiale, salsiccia, cotica e polpette. Ancora “‘ a menesta maritata”, super tradizionale piatto natalizio partenopeo che richiede uno degli ingredienti che il grande Eduardo considerava fondamentali in cucina, la “santa pacienza” per pulire tutte le verdure: borragine, cicoria, scarola, scarolella, broccoli, verza e poi il muso del maiale, il pezzo di prosciutto, la carne di vitello il tutto condito con olio extra vergine e abbondante pecorino romano grattugiato.

Anna alle prese con fagioli e scarole

ziti lisci con ragù, melanzane e provola

La scelta della carne per i secondi spetta a Luigi che gira tutta la città finche non trova quello che gli piace: le polpette di Teresa, prima fritte e poi al sugo sono tra le specialità ricercate da tutti i clienti, così come il tradizionale polpettone al forno con sugo e farcito con uva passa, pinoli e formaggio pecorino, impossibile resistere alla classica “scarpetta”. Ancora le polpette di melanzane, preparate come le classiche polpette, dove la polpa delle melanzane sostituisce la carne. Deliziosa la cotoletta indorata e fritta di provola e gli altri secondi che oggi non si preparano quasi più nelle case napoletane moderne come i fegatini di maiale avvolti nella rete con la foglia d’alloro e saltati in padella con la cipolla, irresistibile la frittata di cipolle, il coniglio alla cacciatora. Menzione a parte per la zuppa di soffritto, preparata interamente da Anna e da Teresa con la testa del maiale, e la salsa dolce – piccante, servita da sola o come condimento sugli spaghetti. Poche le concessioni al pesce, stocco e baccalà, fragranti alici fritte quando si trovano fresche, polipetti in cassuola.

le cotolette di provola

le mitiche polpette al sugo, un must per i vomeresi, “scarpetta” obbligatoria:)

Sulla scelta dei contorni c’è letteralmente da impazzire per chi, come noi napoletani, adora le verdure cucinate in ogni modo: parmigiana di melanzane, zucchine alla scapece, friarielli in padella, patate al forno, peperoni in padella, carciofi alla giudea, carote in insalata, broccoli saltati, spinaci e tutto quanto arriva di fresco dall’orto di Luigi.

altro mito, la frittata di cipolle, piatto per niente semplice da preparare

le verdure miste

Anche i dolci sono fatti da Anna e Teresa: pastiera napoletana con tutti i crismi, torta caprese e babà. La frutta di stagione, mele annurche, uva e meloni gialli arrivano dalla campagna, infatti, Luigi mi porta in tavola due deliziosi grappoletti d’uva, una la riconosco, è l’uva fragola, l’altra è rossa, acino allungato, dolcissima. Chiedo a Luigi, questa è la “ zizza ‘e vacca” mi risponde orgoglioso.

l’uva a “zizza e monaca” e l’uva fragola

la pastiera di Anna e Teresa

Questa cucina di casa allargata è un posto magico, piccolo, appena 9 tavoli, sembra davvero di essere a casa propria, si entra, si saluta passando per la cucina, niente menù scritto, Teresa con il più dolce dei sorrisi esordisce” che ci mangiamo oggi?” e comincia a snocciolare i piatti del giorno. Un’ atmosfera così unica credo sia capace di restituire a noi napoletani la forza per combattere ancora per il “cambiamento della nostra città, cercando di tirarci dietro le generazioni rapite da Mc Donald e dalla globalizzazione. Il clima è rilassato, piacione, ci si allontana dalle preoccupazioni quotidiane, è un momento di riposo fisico e mentale. Un piccolo viaggio in funicolare su verso la Napoli collinare, la tranquilla sosta da Anna, Luigi e Teresa, vi costeranno: 12 euro per il pranzo con primo, secondo, contorno, vino e acqua, un paio di euro per i trasporti e 80 centesimi per il mitico caffè Passalacqua, bollente, in vetro e rigorosamente zuccherato, del Bar Mexico in Via Scarlatti, gestito da oltre sessant’anni dalla famiglia Passalacqua.

storico caffè Passalacqua, per amaro , una poesia:)

il piccolo ingresso di Donna Teresa

Questa è la Napoli che adoro.

Giulia Cannada Bartoli

11 Commenti

  1. Ormai questi articoli sono diventati una appuntamento imperdibile. Accettiamo con gioia queste fantastiche “dritte” ma quello che soprattutto colpisce è l’amore di chi scrive per la sua terra, per i suoi prodotti e per la sua gente. io non sono Vomerese ma frequento il quartiere fin dalla sua nascita, eppure non avevo mai notato questo posto, ci sarò passato mille volte e non me ne sono mai accorto. Ora grazie a Giulia ci andrò, compreso il caffè Passalacqua e, perchè no, un meraviglioso gelato dal mitico Otranto.
    Grazie Giulia!

  2. A Giulia gli ho già fatto i complimenti in privato, colgo l’occasione per farli anche a Luciano, perchè ritengo questa sia una delle più belle e appassionanti rubriche del WineBlog. Portare fuori, al di là del prezzo del mennù, anch’esso importante, storie così belle lontane anni luce dalle patinate storie di tanti chef pluricelebrati, credo sia un bel recupero di memoria di inestimabile valore, soprattutto in un periodo molto triste della nostra storia, dove si tende in ogni campo a cancellare ogni riferimento storico e tradizionale..
    Infine in queste storie percepisco un senso di pulizia, di bellezza e di naturalezza che forse in altri settori del napoletano, mi reisce difficile percepire, insomma per farla breve, scavando in questo ventre, non mollle, esistono ancora tante belle pagine da poter raccontare di questa nostra bella terra.
    BRAVI GIU’ E BIG LUCIANO

  3. Ottimo Giulia! Ma dimmi un po’, che fine hanno fatto tutte quelle tradizioni napoletane del ” cibo da strada” e cioè ” ‘ a tazz’ ‘e broro ‘e purpo” , ” ‘o broro ‘e trippa “, ” ‘e cannulicch’ co’ limon’ ” ecc. ecc. ?

  4. Per mia colpa, non avevo ancora trovato il tempo per leggere questo bellissimo post. Devo ringraziarti Giulia, per avermi trasmesso queste enormi emozioni e facendomi rivivere ‘o tiempe a ‘na vota. Abbracci.

  5. ringrazio il titolare del sito per aver ripubblicato questo mio articolo uscito nel 2010. troverete la versione arricchita insieme con il racconto di altre 49 osterie nel mio libro Guida alle Trattorie di Napoli , storie, luoghi e ricette della tradizione.Edizioni dell’Ippogrifo.

I commenti sono chiusi.