Nanni Arbellini e Pizzium, quando i sogni americani si realizzano anche in Italia
Già quando apri la seconda pizzeria non sei più un pizzaiolo. L’errore? Pensare di continuare ad esserlo
Lo dice con una punta di orgoglio, Nanni Arbellini dopo l’annuncio ufficiale della vendita delle quote di Pizzium a Stefano Saturnino: “Vengo da una famiglia normale, anzi, umile per i parametri odierni: mio padre vigile urbano ad Acerra, mia madre casalinga. Oggi mi giro indietro non mi sembra vero quello che sono riuscito a realizzate a 36. Sono il solo privato singolo del mondo Exit in Italia. Mondo Exit: si quelli che credono fermamente nel detto napoletano “Chi n’accatta e nun venne, nun saglie e nun scenne”. Sono quelli che hanno dato valore a una start Up moltiplicandola e vendendo. Un fenomeno poco italiano, sono poco più di 15 in Italia su 300mila attività ristorative e tutti, tranne il nostro Nanni, sono fondi specializzati.
La poesia del pizzaiolo che impasta a mano è una di quelle favolette a cui ci piace credere, perchè in Italia non siamo figli psicologici dell’Impero Romano come predicava Mussolini mandando i nostri soldati a morire con le scarpe di cartone nel gelo russo. Siamo i figli dei comuni, amiamo il picccolo contro il grande, Barilla per vendere i biscotti deve raccontare il Mulino Bianco, Coca Cola fare reclame dicendo che è un prodotto campano e via dicendo. Siamo figli dei comuni, il nemico è il nostro vicino, non ci piacciono le cose grandi, non amiamo strutturare le imprese in società come dimostrano gli studi sul capitalismo italiano, crescito grazie a tante idee brillanti ma anche a tante supposte statali. Siamo figli dei comuni, tranne che a Milano!
“Dopo aver fatto l’alberghiero a Cicciano sono partito lasciando Acerra, la mia terra, per lavorare. Ho fatto di tutto, sono stato a Ibiza, poi il rappresentante. Infine a Milano incontrai con Stefano grazie a Ilaria Poddu decidemmo di aprire una pizzeria. All’inizio non pensavo che in sette anni saremmo arrivati a 60 locali con 800 dipendenti, era un mondo che respiravo da piccolo perchè nella pizzeria Primavera al mio paese mi guadagnavo qualcosa incartando le pizze, come tanti ragazzi della mia età. Avevo la manualità, le nozioni apprese a scuola e poi, come tutti noi campani, la pizza è qualcosa che fa parte di noi, come il Vesuvio. I nostri primi ricordi sono legati al profumo della pizza. Ma questa esperienz ami ha profondamente trasformato”.
Da pizzaiolo a imprenditore?
“Voglio estremizzare il discorso. Nel momento in cui hai la tua pizzeria o lavori ad un solo forno per qualcuno sei un pizzaiolo, un artigiano della pizza. Ma già quando passi alla seconda, dico la seconda, pizzeria, non sei più un artigiano. C’è chi lo capisce e continua a raccontare la favoletta ma i èiù, permettimi, credo che non lo capiscano”
In che senso?
“L’artigiano vive per il prodotto. L’imprenditore vive per il valore del prodotto. Faccio un esempio banale: l’artigiano ti dirà che per la sua pizza ci voglio 130 grammi di fior dilatte, l’imprenditore si chiede se la qualità resti buona con 125 grammi. Moltiplica per diecimila, ventimila, trentamila pizze al mese e avrai un margine che ti può cambiare la vita. Io ho ringraziato Stefano, ma non l’ho fatto per cortesia o per mettere una frasetta ipocrita in un comunicati a lieto fine. Stefano mi ha cambiato la vita, è un imprenditore con studi alle spalle, intelligfenza, creatività e intuito, sono convinto che le cose più grandi le deve ancora fare”.
Allora perchè sei sceso dal treno a soli 36 anni?
“Ognuno di noi ha delle aspettative, delle linee rosse. La mia vita è radicalmente cambiata al di là di ogni aspettativa ma avevo anche bisogno di rallentare, tornare ad essere concentrato sulle cose che mi piacciono. Adesso con i miei tre locali e 50 dipendenti mi sembra di essere in vacanza e voglio godermi questo momento. Non voglio atteggiarmi, ma posso fare questo esempio: Nathan Myhrvold ha venduto le sue quote a Bill Gates e si è messo a fare quello che gli piace, fare libri di alta qualità e ricerca sul food. Io, nel mio piccolo, e ovviamente con molto meno soldi, voglio fare cose nuove che mi piacciono. Naturalmente i successi di Pizzium saranno anche i miei, se tutto va male potrò dir eun giorno che sono stato fra i fondatori”.
Napoli vince in creatività, ma, come mi disse una volta Franco Manna presidente di Rossopomodoro, ad un certo punto quando si tratta di strutturarsi in una società bisogna stare a Milano o all’estero. Perchè?
“Il Presidente, io lo chiamo ancora così perchè per me è un esempio da cui si può solo imparare, ha ragione. Diciamoci la verità: a Napoli non mancano le idee, anzi, basti vedere come ci siamo avvantaggiati con l’uso della rete e quante opportutnità si sono create. La stessa pizza è figlia del web e dei social, diciamoci la verità. Ma non ha una mentalità imprenditoriale, non si distingue bene fra possesso e gestione. Mi rendo conto che è un discorso generalistico e dunque di per se stesso ha le sue eccezioni,, ma una cosa è sicura: se hani un programma di sviluppo e di moltiplicazione del valore di una idea, anche del food in cui noi siamo fortissimi, Milano ha una vocazione che Napoli deve ancora guadagnare. Spesso siamo ancora a discutere chi fa la pizza migliore e tanti pizzaioli passano il tempo sui social a fare polemiche. Assurdo. Le idee non mancano, ci sono grandi protagonisti, per esempio Michele In The World è sicuramente qualcosa di straordinario, Rossopomodoro ha fatto scuola. Ma la maggior parte passa a raddoppiare e triplicare le pizzerie senza darsi un obiettivo. Quando si fa qualcosa del genere bisogna chiedersi: dove voglio arrivare. Non lo sanno gli imprenditori e non lo sanno i pizzaioli. Stefano lo sapeva. E sa dove vuole arrivare”.
Il rischio di questi fondi non è il calo della qualità per fare margine o la perdita di identità?
“C’è questo rischio. Ma sono anche una opportunità. Come tutte le cose, dipende da come si approcciano”.
E adesso cosa farai?
“Al momento il mio interesse sono gli spaghetti alla Nerano che vi hi fatto provare a voi di 50 Top Pizza a Milano questa estate! Scherzo. Il food è pieno di opportunità, ma coglierle bisogna lavorare duro come abbianmo fatto noi giorno dopo giorno, anno dopo anno. Qualcosa farò…in fondo ho solo 36 anni!”