Morto l’ultimo figlio di Michele, addio ad Antonio Condurro il decano dei pizzaioli napoletani
Antonio Condurro, l’ultimo dei tredici figli di Michele, fondatore della pizzeria più famosa del mondo, è morto stanotte dopo una vita dedicata alla pizza. Se ne va l’ultimo testimone di una generazione di ferro, che aveva fatto le pizze durante i combattimenti tra napoletani e tedeschi nel settembre 1943 tenuta sempre aperta la pizzeria a via Sersale durante la crisi del colera, i giorni del terremoto del 1980.
Classe 1932, Antonio ha contribuito a tenere alta la tradizione di famiglia insieme al fratello Salvatore, il primo dei tredici: proprio così, al primo e all’ultimo dei tredici figli fu lasciata la gestione dell’unica sede di quella che sarebbe diventata la pizzeria più famosa al mondo (per inciso, il locale italiano più famoso al mondo).
La figura di Antonio Condurro è stata centrale nella storia della pizzeria, e dunque della pizza napoletana. Rimasto solo al timone, ha voluto essere fedele alla tradizione impostando il lavoro sulle due vere pizze, la marinara e la margherita e restando fedele ai suoi fornitori facendo pizze sino a poco prima della chiusura imposta dal Covid, quando in Campania, unica regione al mondo, fu vietato anche l’asporto.
Con l’inizio della Pandemia praticamente non è più andato nella pizzeria, continuando ad interessarsi comunque dell’andamento. Nel 2017 fu premiato dalla nostra Guida Mangia&Bevi del Mattino perchè la figlia Daniela e il nipote Alessandro, che curano in prima linea il fortunato progetto di Michele in The World, prima catena artigianale per 50 Top Pizza, vollero che fosse lui a ritirare il premio assegnato alla Pizzeria.
La pizza a ruota di carro dei Condurro
Lo stile della pizza Da Michele a cui ha tenuto fede Antonio tutta la vita è il cosiddetto a ruota di carro, ossia con la pizza che trasborda dal piatto. Nasce dai tempi della fame, come ben sanno gli psicologi nutrizionisti, perchè avevi già l’idea di mangiare tanto, così come oggi si usa il trucco inverso, piccoli contenitori pieni di cibo. Per ottenere questo risultato e non far rompere la pizza si è raffinata l’arte dello stendere il panetto fino alle sue possibilità, rendendo la pizza un disco sottile, quasi come un pane arabo, che si fondeva nel forno ad alta temperatura con il pomodoro e la mozzarella. C’era la’bitudine di rafforzare le farine con la manitoba americana, sino alla rivoluzione realizzata dal Mulino Caputo che ha facilitato la lavorazione grazie ad una farina studiata apposta per la pizza e che è alla base del miglioramento del prodotto iniziato a partire dagli anni ’80.
Antonio era affezionato a questo stile, aveva anche respinto con decisione l’idea di sostituire l’olio di semi con l’olio d’oliva restando fedele a un modello di straordinario successo, esploso in tutto il mondo poi anche grazie al film con Julia Roberts
Non è retorica affermare che con lui se ne va un riferimento importante della pizza napoletana, ormai la vecchia, granitica, straordinaria generazione informa le pizze per gli angeli e per il Padreterno, goloso di quetsa creazione dei napoletani che aiuta ad affrontare le vita e regala sempre il sorriso a tavola.
Alla figlia Daniela e a tutta la famiglia Condurro le nostre condoglianze.
Un commento
I commenti sono chiusi.
La mia età mi ha consentito,in tempi lontani di consumare una pizza quando ancora Don Antonio “esercitava” dietro al bancone.La pizzeria non aveva conosciuto il successo mediatico degli ultimi ,ed era frequentata da gente del quartiere,da molti acquirenti venuti dalla Provincia per fare acquisti nei negozi del RETTIFILO,studenti fuorisede e così via……Le mie sentite condoglianze alla famiglia.