Montluçon. Restaurant La Cloche Auvergnate


Lo chef Jean Freschon

di Leo Ciomei

Si fa un gran parlare di grandi chef e ristoranti europei, ma poi in quanti ci vanno davvero e ne scrivono ? quelli di Passione Gourmet, il Guardiano del Faro, Vizzari, Bonilli e pochi altri. Vediamo di aggiungere un tassello alle recensioni cosmopolite con questo grande ristorante francese che ho visitato un paio di settimane fa.

Fra i purtroppo pochi ristoranti visitati nella zona centrale della Francia ho scelto di parlare del migliore secondo il mio personale punto di vista ma anche del più sconosciuto, assente nelle maggiori guide d’oltralpe e, nonostante sia passato un anno esatto dall’apertura, mai letto nemmeno fra gli appassionati del web; il nominativo mi è stato gentilmente fornito dall’amico Francis che lavora alla Michelin (pneumatici, eh) di Clermont-Ferrand.

Si tratta de “La Cloche Auvergnate” posto in un’ala di un antico ex-convento del “400 alla periferia di Montluçon nell’Auvergne appunto; i proprietari sono lo chef stesso e la sua gentile e bella moglie: Jean Freschon e Marie Ânesse (credo si scriva così) ambedue sotto i quaranta anni ma con esperienze lui da Gagnaire e Keller e lei come esperta di vini presso il Domain Gauby di Roussillon, produttori fra gli altri del “Le Soula”, un rosso con un ottimo rapporto q/p.

Il nostro albergo è nel centro del paese (Le Grenier à Sel) quindi decidiamo di prenotare direttamente a voce la mattina per la sera stessa. Incamminati verso questo magnifico convento albigese riusciamo ad entrare fin dentro al ristorante senza che nessuno ci noti, scorgiamo dietro una porta una cassa di champagne Selosse a portata di…furto e finalmente veniamo accolti da quello che scopriremo poi essere il titolare e chef: essendo venerdì prenotiamo un tavolo per le 20.30 con un po’ di difficoltà perché il locale risulta quasi pieno e la conformazione dei tavoli e delle poltroncine (in stile art-nouveau, veramente ampie e confortevoli) non consente cambiamenti.

All’orario stabilito ci presentiamo e nel parcheggio notiamo che le auto sono tutte francesi del posto (regione 03), solo due svizzere e una belga accompagneranno la nostra auto.

Probabilmente in estate si mangia benissimo fuori nel giardino che dà sul fiume e sul panorama sottostante ma in questo periodo qui è sempre molto freddo ed infatti dentro in un angolo c’è anche un moderno camino acceso. Veniamo fatti accomodare al tavolo rotondo e decliniamo l’offerta di uno champagne che non riconosco; mentre aspettiamo il menù diamo un’occhiata alla sala molto bella ed in netto contrasto con l’aspetto esterno dell’immobile: sul pavimento decorato sono sparsi vari tavoli e poltrone art-nouveau, molti vasi con fiori freschi (per fortuna non profumati) e quadri di arte moderna sullo stile di Klee, Mirò e Leger, tovaglieria, stoviglie e posate sono di gran marca e denotano un grosso investimento nel locale, stonano un po’ dei tappeti color porpora all’ingresso dei bagni; clientela prevalentemente giovane sui quaranta, coppie o tavoli da quattro, per un totale di circa 50 coperti.

Ci viene portata carta dei vini e menù e decidiamo di scegliere un particolare tipo di menù degustazione (l’unico in verità, altrimenti si va alla carta): ad un prezzo fisso di 240,00 euro possiamo selezionare dalla vasta lista un piatto di entrée, due piatti centrali di pesce e uno di carne e un dessert, alla mia domanda dell’opportunità, non comune in queste zone, di servire carne e pesce mi viene risposto con un sorriso di compiacimento dal compassato maitre che fra le due portate ci verrà servito un sorbetto !!!! roba da anni “80, erano anni che non ne vedevo servire…notando il mio sbigottimento ci fa notare che questo sorbetto è una ricetta che Monsieur Freschon ha avuto personalmente da Thomas Keller dal menù del “Per Se” di New York, io annuisco poco convinto e chiedo di tornare dopo le nostre scelte. Da una nutrita carta dei vini io, che in prevalenza preferisco bollicine, scelgo un Henri Giraud Fût de Chêne 96 al notevole prezzo di 260 euro e che mi accompagnerà fino al sorbetto, mia moglie sceglierà dalla acclusa carta delle acque (bonus) un’ acqua portoghese, la Ŝercotago al modico prezzo di 8 eurini, io opterò per una Chateldon Courtois du Puy de Dome.

Mentre scegliamo le portate ci vengono offerti due appetizer: una petite terrine de foie-gras epicés au poivre long e una salade d’endives aux agrumes, eau de coco à l’huile d’olive : molto buona la terrina, banale l’indivia agli agrumi con un inutile condimento insapore.

Entrées: homard bleu et sa polente cremeuse au thym, truffes noires du Perigord avec fenouil braisé à la vanille: ottimo antipasto, il sapore freschissimo dell’aragosta si sposa benissimo con i tartufi e, strano a dirsi, con il finocchio alla vaniglia, piatto da lode.

Homard bleu et sa polente cremeuse

Gelée de Iranian caviar à la creme de chou-fleur de Ménatine: non l’ho assaggiato, impegnato come ero a gustarmi l’aragosta, ma mia moglie dice che era molto buono specialmente l’abbinamento con il cavolfiore di Ménatine che mi dicono cresca solo in questo periodo.

Gelée de Iranian caviar

Primo piatto di pesce: le turbot en habit de coriandre, aneth, cerfeuil et persil plat, cuit à la vapeur d’algues avec mousseline d’asperges, artichaut à la purée de persil, au curry de moules et amandes de mer: molto buono, come evidenziare un semplice rombo con una cottura molto delicata e con le erbe, ottimi anche gli asparagi e i carciofi di contorno, notevolmente più centrato rispetto al rombo mangiato recentemente da Robuchon a Parigi.

Mia moglie temendo di non arrivare al dessert ha scelto di farsi portare come primo piatto delle ostriche: huîtres de St.Tignasses en beignet posée sur un mousseux de poireau à l’oseille: freschezza inaudita delle ostriche che vengono da un paese del Massif Central e accostamento azzardato ma riuscito con i porri.

Huîtres de St.Tignasses

Secondo piatto di pesce: bar de ligne cuit à la vapeur, tartare d’huître et crème iodée réduite au Fuie Femme et moutarde de Crèmone: niente a che vedere con la nostra spigola, il gusto pieno del pesce abbinato al forte sapore dell’ostrica e alla crema iodata fanno di questo piatto uno dei migliori della serata.

Bar de ligne cuit à la vapeur

Saint-Pierre rôti à l’huile d’olive, sauce choron au safran, tarte fine aux artichauts et tomates confites: un piatto abbastanza semplice ma che ha soddisfatto pienamente.

Arrivati al sorbetto ed essendo prevenuto rimango ancora più colpito dalla delicatezza di questo intermezzo che risulterà essere un sorbet de pastèque de Afrique du Sud avec infusion de thyme e qualcos’altro che non ricordo, che dire? molto buono ma rimango perplesso ugualmente; ah, il pasteque è il nostro cocomero…

Sorbet de pastèque

Piatto di carne: pigeonneau cuit à la broche, noix fraiches aux lardons de Pyrennée et pommes croustillantes: magnifico, uno dei migliori piccioni mai mangiati (e sì che ne assaggiamo di frequente…), un sapore netto con la contrapposizione dell’asprezza delle mele croccanti a sfumare il forte gusto delle noci e dei larderelli.

Pigeonneau cuit à la broche

Côte de boeuf de l’Aubrac poêlée, sauce au pinot noir pommes soufflées, tarte tatin aux rutabagas à la moëlle: l’ho assaggiato appena ed anche questo era un piatto fra il molto buono e l’ottimo.

Complice lo sporzionamento ad altro tavolo ci viene fatto assaggiare pure la loro Blancs de poulard de Bressò avec asperges raspelleè: notevole l’accompagnamento degli asparagi cotti con un nuovo procedimento ma quella del Maestro Vissani è meilleur.

Blancs de poulard de Bressò

Dessert: qui scegliamo ambedue un “grand plateau degustation” con quattro assaggi; il primo è un lungo piatto con sistemati in fila assaggi di cioccolato: plaque fine de chocolat Godiva et pralin Gerbaud, sorbet cacao Bernachon, tasse de chocolat glacé n. 22 Ruetoile, praticamente è una composizione di vari tipi di cioccolato da diversi produttori belgi e francesi, tutto molto buono, soprattutto il misconosciuto Ruetoile; il secondo è crémeux de mascarpone au piment de la Jamaïque, sorbet au fromage blanc, anche questo ottimo, pur non brillando per fantasia; come terzo ci viene portato sablé aux pommes confites, blanc manger au Calvados fumée et glace aux noix: il più anonimo, certamente non all’altezza di tutto il resto, nel gelato si sentono poco le noci e il distillato fumée lì non giova; quarto e ultimo crêpes farcies d’une mousseline de pommes avec ananas rôti à la gousse de vanille: ottimo e, nonostante l’abbondanza degli ingredienti, nessuno prevale sull’altro, peccato che, arrivato in coda alla cena, non sia stato apprezzato come doveva.

Piccola pasticceria in stile Adrià (per i pochi che ci sono stati, io no, ho il libro) con qualche piccolo pasticcino particolare e due fialette di latte aromatizzato e succo di lime.

Chiediamo il conto che ci sarà portato direttamente al tavolo dal titolare che si fermerà a fare due parole: ci dice che siamo i primi italiani a visitare il locale e ci offre due fette di un buonissimo prosciutto di maiale nero di Gascogne che ci affetta a mano personalmente e mangia insieme a noi, ci racconta delle sue esperienze da Gagnaire e Keller e della sua passione per i ristoranti e il pesce italiano, offrendoci anche un bicchiere di una grappa olandese, la Grap Van de Eerste, non male; all’uscita ci farà dono di una bottiglia di vino bianco proveniente dal Kazathistan, a suo dire una sorpresa in termini di q/p (?), sull’etichetta solo scritte in lingua cirillica.

Concludendo un’ottimo ristorante che può accedere nelle guide ad alte vette e ad alti punteggi; probabilmente collocato a Parigi o sulla Costa Azzurra avrebbe già riconoscimenti adeguati.

Costo:

n. 2 menù Grand Degustation euro 480,00

n. 1 bottiglia acqua Ŝercotago euro 8,00

n. 1 bottiglia acqua Chateldon Courtois euro 8,00

n. 1 bottiglia champagne Henri Giraud Fût de Chêne 96 euro 260,00

totale euro 756,00

Restaurant “La Cloche Auvergnate”

Boulevard Rêves Brisés, 13

03200 Montluçon

Tel. +33 70 321655

Fermé lundi et mardi

Fermé annual juillet

P.S. Purtroppo per la scarsa illuminazione le mie foto erano pessime; fortunatamente il gentile patron me ne ha mandata qualcuna dal suo archivio; visto il continuo cambio dei piatti in carta non sono proprio gli stessi che ho mangiato io.

20 Commenti

  1. ammazza che colpo, leo. ma se dovessi dare un voto in ventesimi, quanto sarebbe?

  2. Ma le ostriche che vengono dal Massiccio centrale avevano quattro zampe ed erano bivalve o erano molluschi a pelo lungo?

    1. Beh, Alba come tu ben sai spesso il pesce, i molluschi e i crostacei migliori sono quelli che arrivano all’interno…

  3. Reminescenze gamberesche, se non sbaglio è un ritorno. Nel senso che, se la memoria non mi inganna, il buon Leo, scoprì questo posto già alcuni anni addietro e ne parlò in maniera entusiasta, come ora.

    Leo, ricordo male ?

    Comunque, bella recensione, in stile Guardiano !!

    Ciao

    1. Bella recensione di un posto che non esiste :-) Bravo lo stesso. Stile guardiano ai tempi del nebbiolo di vosne, ma ora vediamo sul blog degli armadilli che ha problemi di attraversamento di frontiera, altro che Francia :)))
      http://armadillobar.blogspot.com/

    2. Fuochino fuochino. Il ristorante che ricordi te era un po’ più in basso ma l’impostazione era simile.

  4. @Alba devi sapere che nel mare di napoli allignano numerose le cozze pelose in dialetto (cozzeche pelose) si mangiano crude e sono squisite

  5. Grande Leo come sei arrivato, da Freschon, io lo conosco sono stato l’estate scorsa, in zona producono ottimo vini bianchi di grande spessore, e mineralità, un mio amico vignaiolo che in quella zona sta facendo cose fantastiche, mi aveva consigliato di andare, è un luogo direi fuori dal tempo, è un vero tempio della gastronomia, devo ritornare per acquistare dei vini e non mancherò. Bravo un vero talent scout della gastronomia avveniristica. ciao Lido

  6. Certo che c’era molto pesce… pure le ostriche dell’Auvergne, di Tignasse (?) in montagna, bella la regione piena di vulcani vulcanici… e poi il pigeonneau (?). Piccioncino o pollastro? Per fortuna che hai chiuso con una Grap… Essì, proprio in via dei Sogni Infranti…Come ti capisco.

  7. Ricordo una sera, scendendo da un paesino auvergnate, il tramonto sul mare di vulcani, i covoni di fieno e la pace assoluta. Nel cuore e nell’amigdala porto il sapore indelebile degli asperges raspellés assaggiati in una Ferme, mi pare, di St.Sebastien. Quei virgulti campestri sono secondi (o terzi) soltanto all’isalade vizzarre, degustata in Alta Savoia, au Lac de Bourget. Grazie Leo per questi ricordi.

    1. la vera salade vizzarre non l’hai ancora assaggiata. la migliore chez enzò, a maillot- sur- cerf. tutto un altro sapore

  8. “banale l’indivia agli agrumi con un inutile condimento insapore.”
    “il più anonimo, certamente non all’altezza di tutto il resto”
    cito, ovvero copio_incollo

    Ampia degustazione di piatti, la maggior parte dei quali di gran livello. Mi chiedo però se per 240 eurozzi a testa non si debba pretendere che due, dei numerosi piatti provati, non debbano comunque esser di livello superiore a quanto riscontrato da Leonardo . . .

  9. freschon ?
    anesse ? nel senso di asina ?
    champagne in fut de chene ?

    congratulazioni per il pesce

    1. Ottimo Suslov (ma del resto con quel nome… l’unico politico russo sopravvissuto a tutti i Capi, da Stalin in poi)

      Non è facile trovare tutti i riferimenti fake ;-)

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