Montevetrano 1997 Colli di Salerno igt
MONTEVETRANO
Uva: cabernet sauvignon, merlot e aglianico
Fascia di prezzo: su Ebay offerto a 160 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Complice la prima domenica invernale, ci siamo rifugiati con alcuni cari amici, sentinella di territorio naturalmente Francesco Aiello, a Sorrento per essere coccolati da Aldo Doria, patròn dell’Antica Trattoria, mentre fuori pioveva a dirotto. Oltre a Francesco e la moglie, anche Paolo De Cristofaro del Gambero e la fidanzata, un mio collega del Mattino e due produttori meravigliosi. Qui, in una saletta calda e accogliente, abbiamo fatto lezioni didattiche sull’olio d’oliva, le carni di dentice e di merluzzo, verificato la cucina pimpante ed estrosa, ben delineata nei sapori grazie a cotture leggere, poco sale e pochissimi grassi, sempre e comunque olio. Un pranzo iniziato alle 14 e terminato intorno alle 18, liturgie di altri tempi, perché qui, nella Terra delle Sirene, è uno dei pochi posti al mondo dove il presente resta sospeso senza scorrere. Così mentre l’Italia seguiva con passione la Ferrari, noi ci siamo invece dedicati anche ad una Magnum di Montevetrano 1997 portata per l’occasione perché speravamo in un agnello laticauda con i suoi fegatini da abbinare. Previsione avverata? No, solo un gioco per rivelare il punto massimo di abbinamento realizzato con il rosso. Due le osservazioni preliminari da fare: anzitutto la Magnum è finita tutta, conquistando così anche palati allenati, gli amici sodali di questa domenica meravigliosa e che solo in Campania è possibile vivere con questa immediatezza e semplicità: una telefonata, 30 minuti di auto e voilà, Sorrento, grande cucina e vini speciali. La bottiglia finita, lo ricordo a me stesso, nonostante fosse stata preceduta dalla massima espressione possibile del Pallagrello bianco in questo momento, ossia Fontanavigna e Sèrole di Terra del Principe. Buon segno, come del resto il colore, sicuramente più rubino che granato, vivo, senza alcun indicazione visiva e olfattiva del minimo cedimento. Dunque parliamo di un rosso da bere e ancora assolutamente integro a dieci anni dalla vendemmia. Il naso, intenso e persistente, complesso come sempre avviene nei grandi vini, ci parla ancora di frutta rossa da cui poi si svicola verso fragrante tabacco appena tostato, spezie dolci, note balsamiche rinfrescanti, cioccolato. In bocca il Montevetrano 1997 innesta la sesta marcia: l’ingresso è dolce, avvolgente, vellutato, la morbidezza cremosa non è banalità, bensì il carrello che trasporta il vino lungo tutto il palato, quasi immediatamente occupato ma mai infastidito da tannini assolutamente risolti e in armonia con le altre componenti, così pure l’alcol e la freschezza integra, presente in modo autorevole, premonitrice di una vita davvero ancora lunga per questo incrocio bordolese in salsa vesuviana che resta uno dei grandi classici capaci di superare le mode, le tendenze, le paturnie del mondo della degustazione. Il finale è lungo, intenso, stavolta il cabernet non stanca come di solito avviene, bensì si integra alla perfezione con le altre uve, in particolare con il merlot perchè l’aglianico è sostanzialmente una testimonianza di appartenza territoriale campana con il suo 10 per cento e svolge il suo compito soprattutto, appunto, nel finale. Un grande vino di una grande azienda, capace di spianare la strada ai successi del vino campano iniziati soprattutto dopo la metà degli anni ’90, dopo che proprio il Montevetrano aveva dimostrato che era possibile fare rossi da sballo di stile internazionale anche nel Mezzogiorno. Non sarà del resto un caso che tutte le guide hanno sempre e ininterrottamente riconosciuto il massimo punteggio sin dalla prima annata commercializzata, la 1993, ad eccezione del 1994. Anche ieri, nella dolce tavola chiusa da sfogliatelle e babà sorrentini, il consenso è stato unanime sulla perfezione di questo vino che comunque esprime il meglio sempre dopo quattro, cinque anni, dalla vendemmia. E mi viene, così, da chiudere osservando come il genio vede quello che tutti gli altri guardano mentre lo stolto non guarda quello che tutti hanno ormai visto.
Di seguito il bel commento di Paolo.
IL MONTEVETRANO ’97
di Paolo De Cristofaro*
Che cosa si può dire che non sia già stato detto sul Montevetrano? Simbolo del rinascimento enologico del sud. Già scritto. Lucida follia di una donna speciale. Risaputo. Quintessenza dell’eleganza in chiave mediterranea. Niente di nuovo. Eppure la storia del Montevetrano appare sempre di più un’infinita epopea che si arricchisce di nuovi capitoli, una sorta di romanzo d’appendice di cui però non vuoi scorgere la fine. Come un film visto e rivisto decine di volte ma sempre capace di aggiungere alla memoria un nuovo dettaglio, un nuovo particolare. Quel particolare, si fa per dire, lo ha suggerito una magnum dell’annata ’97, proveniente dalla cantina di Luciano e prosciugata in un lampo all’Antica Trattoria di Sorrento, per me una sorprendente scoperta di grande sostanza, tra un dentice e un merluzzo da standing ovation. Magnum è anche il mio grazie a big Luciano che certe bottiglie le apre senza pensarci troppo riservandogli il posto che meritano. La tavola. E mentre tornavo a casa pensavo ad una parola che mi aiuta oggi a capire un altro aspetto della creatura di Silvia Imparato e Riccardo Cotarella. Democratico. Non quell’aggettivo da spendere in un bel proclama pubblico o accanto ad una nuova vecchia sigla alla ricerca di voti, bensì quel profondo rispetto di sé e delle proprie idee che si apre all’altro senza bisogno di urlare. Il Montevetrano è democratico perché mette sempre d’accordo tutte le guide. Il Montevetrano è democratico perché chiunque può dire di non amarlo senza sollevare guerre sante e trincee stilistiche. Il Montevetrano è democratico perché hanno ragione gli uni e gli altri, perché come il Sassicaia da giovane può sembrare un vino solo buono e un po’ freddo, perché ai più pazienti non nega mai un emozione. Il Montevetrano è democratico perché trasuda storia e carisma ma non si sottrae alla prova della tavola. Il Montevetrano è democratico perché è Saint Julien e San Cipriano, perché parla tutte le lingue del vino ma scalda il cuore a chi è cresciuto tra questi boschi e questi monti. Il Montevetrano è democratico perché quando lo assaggi alla cieca tra supercampani da 40 e più di estratto, sembra un piccolo principe di classe e naturalezza. Il Montevetrano è democratico perché non è solo un vino da degustazione. Il Montevetrano è democratico perché non hai bisogno della classica ma inesistente selvaggina o di supercaciocavalli piccanti per godertelo. Il Montevetrano è democratico perché il ’97 è un vino fantastico, che se riesci a tenerlo un po’ nel bicchiere libera un ventaglio infinito di sensazioni. E meno male che queste sono bottiglie che non invecchiano… Il Montevetrano è democratico perché accompagna una domenica d’altri tempi senza fermare la conversazione, senza obbligarti a trovare carta e penna per scrivere fieno, incenso, cacao, balsamico, sapido, lunghissimo. Perché si confonde con le guance rubine e soddisfatte dei commensali. Perché lascia ad ognuno la sua emozione ma le sintetizza nella forma stupenda della bottiglia vuota. Democratico, appunto.
*Degustatore e giornalista del Gambero Rosso
Sede a San Cipriano Picentino, Via Montevetrano, Località Nido. Tel. 089 882285, fax 089 882010. Sito www.montevetrano.com. Enologo: Riccardo Cotarella. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni:cabernet sauvignon, merlot, aglianico.