Moio, il Primitivo dei tempi moderni


30 giugno 2001

Il vino deve essere certamente buono, ma per innamorarsene deve essere soprattutto unico e immediatamente riconoscibile appena si versa nel bicchiere. Purtroppo andiamo verso un mondo in cui tutti i prodotti sono ugualmente buoni, per questo motivo va apprezzato chi tira dritto per la sua strada senza preoccuparsi oltre il dovuto delle mode del mercato. Michele Moio, figlio e padre di Luigi, ha iniziato ad etichettare il suo Falerno negli anni ’50 ed è sempre stato fedele a se stesso vivendo in prima persona tutti i paradossi dell’evoluzione del gusto. Prima il suo prodotto era criticato perché troppo alcolico, forte, potente, capace di resistere al tempo, adesso proprio per questi motivi i suoi dieci ettari alla falde del Massico, in una delle zone più calde della Campania dove il Primitivo fu importato da Gioia del Colle nell’800 dal barone Falco, producono un vino assolutamente trendy. Nel bicchiere l’anima del territorio compreso tra il Volturno e il Massico, dove le viti sono lasciate sole a combattere la siccità. Nelle sue tre versioni, Falerno Rosso, Gaurano e Moio 57 (in onore di una grande annata di vino e di uomini) l’azienda, collocata in una delle poche corti rurali ancora esistenti nel cuore di Mondragone (a viale Margherita, 6. Telefono 0823 978017), resta ostinatamente fedele a se stessa su un principio: il Falerno va fatto con il Primitivo, così chiamato perché è tra i primi ad essere vendemmiato. È questa la versione moderna del vino tanto famoso che ubriacava l’antica Roma. Certo, l’evoluzione dei tempi ha provocato l’arrivo delle barriques che oggi affiancano le grandi botti di rovere, ma il rosso di Michele resta un must per gli appassionati, l’omaggio ad uno dei grandi pionieri (come Leonardo Mustilli, Antonio Mastroberardino, Mario D’Ambra) che hanno fatto rinascere il vino in Campania dopo una notte durata oltre sessant’anni.