Misticanza di erbette selvatiche, Na ‘nzalatella ‘mmescatella
di Tommaso Esposito
Con gli occhi che miravano verso Nord e scrutavano il cielo appena chiazzato da piccole nuvole ha esclamato:
Ora o mai più per quest’anno.
Così Giovanni, che è medico come me, ma soprattutto amico mio mi ha preannunciato l’altro giorno che sarebbe andato per sciummo e per lagno a cercare ‘o bàcchibùcco.
Dalle parti di Caiazzo, ora che qui le sorgenti son rinsecchite.
Erba d’acqua, rara a trovarsi, amarognola e profumata del suo profumo.
Un mix di sapori tra la cicoria, la fava e la rucola selvatica.
E’ una delle oltre dodici erbe che costituiscono ‘a ‘nzalatella mmescatella.
Popolare misticanza primaverile che un tempo si comprava nei mercati delle foglie e che ora riesco a gustare grazie al dono che semel in anno Giovanni mi rende.
Questo era il grido poetico dei venditori:
‘Nzalatella nuvella e fenucchie tiénnere, spullecarielle
e carcioffole!
Mo so’ arrivato da ‘o Pascone: chi s’accatta ‘sta ‘nzalatella?
Tengo ‘a peperina, ‘arucola, ‘o purchiacchiello e ‘o
cerefuoglio! ‘Nzalata nuvella ‘mmescata!
‘Na ‘nzalata ‘e rafanielle, magnatavella!
Oppure:
Vulimm’ ì’ e ghiammo là
Sott’ ‘e ttenne a pazzià’.
Ce facimmo ‘na ‘nzalatella
Cerefuoglie e lattuchella.
E ancora in lode degli orti salernitani:
Vurria sapere a do’ state lu vierno.
Ch’avite li culure de la state
Jo stongo a chelli pparte de Salìerno,
A do’ se coglie la fresca ‘nzalata.
Vi faccio l’elenco e vi dico che chi avrà la fortuna di metterle insieme godrà di un piacere insolito e raro che soltanto gli adepti della tavola di Pulcinella conoscono:
Erbe d’acqua selvatiche
1) schiavone. La più profumata e saporita. E’ il segreto della ‘nzalatella
2) sciurillo ‘e lagno
3) bàcchibùcco
Si trovano nelle cunette, nei fossi e nei lagni a fine inverno inizio primavera.
Il periodo migliore è tra febbraio e marzo.
Quest’anno son state più tardive chissà perché.
Ad aprile spicheranno.
Nei corsi d’acqua si trova ancora in abbondanza lo schiavone e ‘o sciurillo.
Erbe di terra selvatiche
4) cicoria selvatica, cecoria servateca . Si trova nei terreni incolti da molto tempo come i sentieri dell’acquedotto del Serino o lungo i viottoli di campagna. Deve essere tagliata col coltello alla base, giacché potrà ricrescere
5) rucola selvatica. Tesoro fra i terreni incolti.
6) cardone. Pure esso tra i terreni incolti, ama diversificarsi in più varietà fra cui la più buona non a caso detta ‘o cardillo.
7) cicurino. Quello bianco, che poi è verde scuro, e quello rosso
8) porchiacca e porchiacchella dalle più piccole e tenere foglie. Nessun allusione oscena. Non illudetevi. E’ soltanto una cafona trascrizione onomatopeica del nome scientifico Portulaca oleracea. Ben nota.
Ortaggi – erbe coltivati
9) scarola riccia e liscia
10)foglie di fava cu ‘e cimmule, le cimette
11) lattuga
E’ possibile aggiungere anche lattuga incappucciata, radicchio, spinaci. E naturalmente finocchio nella sua varietà selvatica carosella che sa più di anice, ravanello e cipolle novelle.
Si condisce con un salmoriglio di sale, olio e aceto di vino bianco come dice il proverbio:
Evra cuoglie cuoglie, miettece ‘o sale, acìte e pure ll’uoglie!
Ah, c’è un’altra erba selvatica detta ‘o scaccialepre mi dice zì Totonno Martinelli.
Cresceva sui muri di campagna tirati su con il tufo e la pietra di Pantano, il calcare lacustre.
Non ce n’è più traccia.
Aveva virtù particolari, p’ e frettille comm’ a’ liepre!
Ma non si dice!
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Sono nato nella zona dei regi lagni e queste erbette erano conosciute ,mia madre mi mandava alla ricerca di erba selvatica che nasceva tra gli spazzi del tufo .I miei ricordi percepiscono ancora il profumo e la delicatezza della mmescarella.Auguri Antonio
Grazie per questa bella e completa spiegazione
Sto completando un trattatello sulle origini antichissime delle abitudini alimentari mediterranee e mi ero messa a cercare proprio le commìnnessioni tra la mesticanza del lazie e della bassa toscana, la mesclun provenzale e le altre insalatine selvatiche miste dello stesso tipo che si ritrovano sulle coste del Mediterraneo, appunto quasi esclusivamente, da quel che mi pare in luoghi anticamente colonizzati dai Greci. Alcune delle erbe che nomini, sono ancora raccolte e vendute addirittura nei mercati dei villaggi Greci della zona verso l’Epiro. Però là preferiscono coglierle quando sono più cresciute e le fanno lessare mangiandole “a minestra” come si usa anche in Calabria.